15 gennaio 2017
PERSONAGGIO SUBLACENSE: PER IL SUO TEMPO, PARLAVA TROPPO BENE IN ITALIANO !
Subiaco – anni ‘50.
Era un cittadino rispettabilissimo. Visse in un Rione tradizionale, al disotto della Rocca.
Si parlava molto di lui, con qualche ironia, solo perché “osava” parlare bene in italiano, in un ambiente dominato da irriducibili “dialettofoni”. Questi ultimi non volevano cambiare; nonostante la scuola, che, bene a male, tutti avevano frequentato.
Lo chiameremo Umbertino D. (nome convenzionale). Effettivamente faceva un certo effetto vederlo leggere il giornale seduto davanti alla sua casa (quando pochissimi lo leggevano o, peggio, sapevano o potevano leggerlo). Poi commentava qualche notizia ad alta voce con gli avventori anziani della vicina osteria. E più i suoi interlocutori si esprimevano in dialetto “pesante”- e con giudizi “duri”-, più lui parlava con stile e rigorosamente “in tricolore!”.
Anche negli altri Rioni di Subiaco tutti conoscevano le sue “uscite” più famose. Eccole: “Ci mancherebbe altro che Umbertino fosse analfabeta!”;”Mi domandi dove sono le forbici da pota? Sono nell’argine maceriale, in una buca assai nota”;
(in bicicletta, sulla canna, mentre il figlio pedalava) “Curva a largo e freni in mano: ricordati che porti tuo padre!”; ( poi, dopo una caduta, per fortuna non rovinosa) “Te l’avevo detto che portavi tuo padre!”. Una volta un contadino portava “ a soma” sul suo asinello un “lupo” da lui ucciso, sperando di ricevere il compenso (!), che allora si dava a chi uccideva un lupo e poteva dimostrarlo. Umbertino lo apostrofò: “Luigino, i tuoi sono passi invani:questi non sono lupi,ma son cani!” .
Oltre ad Umbertino D., all’epoca molti altri erano bollati con un benevolo (?) soprannome, solo per aver detto qualche volta una parola “troppo” italiana. Un ex carabiniere a cavallo, una volta aveva detto alla madre in cucina:”Mamma non si dice erbe, si dice la verdura!”: lo chiamarono “La verdura” per il resto della sua vita…In tutti i casi, bastava che qualcuno, magari equivocando tra italiano e parlata romanesca, dicesse una parola non dialettale, che subito si motteggiava:”A Roma ancora non c’ha fatto mai pipì e già ci ciancica”.
Così si tentava di reprimere ogni avanzamento verso la lingua nazionale.
Oggi? Non siamo più a tanto. Ma chi cerca di innovare – anche in campi non linguistici – è represso duramente: con qualche ironia, sarcasmo e motteggio. (Non così reagiscono i giovani, per fortuna).Recita un proverbio orientale: “Lo sciacallo urla, ma la carovana passa!”.
Giuseppe Cicolini