Saggezza e vita per dare sostanza all’idea europea
UMBERTO SERAFINI : PERCHE’ E’ BUONO E GIUSTO RICORDARLO E ONORARLO SOPRATTUTTO A SUBIACO.
Con i fatti!
Abbiamo già scritto su IL CITTADINO chi era il Prof. Umberto Serafini, europeista, primario collaboratore di Adriano Olivetti, fondatore dell’AICCRE, tra i primi nel Movimento Federalista Europeo, “inventore” dei gemellaggi tra le città e le scuole di tutta Europa.
Stavolta vogliamo trattare di lui come professore di filosofia. nel “Braschi” .
E non è cosa da poco, perché, nonostante la giovane età, nella sua professione educativa c’era tutto il senso della sua missione politica e culturale e la sua apertura mentale all’Europa e al mondo. E allora era ancora cosa rara.
Un professore può essere “visto da vicino” da chi è stato suo allievo.
Eccolo. Il primo giorno presentò il manuale di storia della filosofia. Subito disse che non erano importanti nomi, date di nascita e di morte, vita e “opere” di ciascun filosofo (in una galleria intasata di idee configgenti , con visioni contraddittorie e spesso fuorvianti, se non ricomposte ad una possibile unità). Erano fondamentali i problemi: teoria della conoscenza, problema dell’uomo, e poi, politica, morale, estetica. Cioè, i valori di fondo – esaminati criticamente – della vita umana.
“Sappiate che io vi promuoverò”, “minacciò , “ma sarete sciocchi se non gusterete la sapienza,il sapere, il dubbio, il senso , il sale della vita”.
Era stato prigioniero in India e si appassionava a parlarci della “Grande anima” di Gandhi, della sua dottrina e prassi della non violenza, dell’abiezione di coscienza contro le guerre, dell’ideale del dialogo tra le persone, le comunità, le culture e gli Stati.
Di Europa non parlò molto. Ma l’Europa “da unire” traspariva da tutti i suoi discorsi e dai cenni dei suoi viaggi, a Strasburgo, Bruxelles e in varie Capitali europee. Rispetto agli altri professori, appariva come più mite, più in ascolto degli studenti, più disposto a “perdere” tempo dietro le loro curiosità, cercando le elevarle a interessi, a motivazioni, a passione per la discussione ed elaborazione costruttiva.
Mai una parola che potesse farlo riconoscere come aderente a un partito politico, come poi sapemmo: il socialismo.
Terminato il suo impegno di docente, tornò spesso a Subiaco, ritrovò molti ex alunni, promosse il gemellaggio di Subiaco con Ochsenhausen, partecipò a vari incontri.
Quando sapemmo della sua malattia, ci ricordammo che era solito dire che un filosofo – e anche un professore di filosofia – non doveva temere la fine terrena…Ma temevamo noi per lui.
Dopo tanti anni, non serve fare della retorica sul suo nome. Serve piuttosto fare “più Europa” dentro di noi e nelle nostre comunità locali e nazionali.
Questa la sua eredità di educatore e di politico.
g.c.