Interessò per un paio di secoli milioni di giovani, prima “sotto le armi” (e poi, troppo spesso, in guerra).
A scanso di equivoci, qui non trattiamo della critica radicale dell’istituzione esercito, anche se coltiviamo l’ideale del disarmo generale e controllato in tutto il mondo (con le “armi” solo nelle mani di Polizie “interne”).
Fra una generazione, alcune parole ed espressioni che un tempo erano di dominio e uso comune, non si capiranno più, se non dopo una piccola ricerca “storico-filologica”.Tra queste parole ed espressioni a rischio di oblio, citiamo, a caso: “carta carbone”,”calamaio”,”voce in Capitolo”, “antifona”, ecc..
Ora ci vogliamo dedicare a tutto un mondo di parole e significati intorno alla “naja” (a scanso di equivoci, diciamo che stiamo parlando del servizio militare di leva, fino a pochi anni fa , obbligatorio per tutti i maschi appena divenuti maggiorenni).
Scherzeremo coi fanti!
Quell’ ” universo” – chiuso e tradizionalista – del servizio militare di leva era una vera “istituzione totale”, cioè la caserma, si presta a divagazioni curiose, che richiamano anche le parole e le espressioni che si trovano, e si ritroveranno, in pagine e pagine di racconti, romanzi, film, in cui bene o male si parla di questa istituzione, preposta alla violenza monopolizzata dallo Stato per la guerra esterna ( o con un eufemismo, per la difesa).Con Machiavelli si decise di costituire eserciti di “cittadini in armi”, rifiutando i mercenari. Dopo sette secoli siamo tornati ai professionisti, per ora tratti da cittadini volontari (una volta sarebbero stati chiamati “firmaioli” – uomini e donne -, in seguito (vedi USA) certamente con soldati di qualunque origine, come nella francese “Legione straniera” o nello spagnolo “Tercio”. In base all’umanissimo, comprensibile e cinico principio che “nessuno vuole morire per… il re di Prussia!”, se può disporre cinicamente della vita di altri, a pagamento.
MODI DI DIRE TIPICI
–leva. Era la “levata” annuale di tutti i cittadini maschi. Dalla nascita si veniva inseriti nell’anagrafe comunale tra i futuri “coscritti”. Poi era affisso un illeggibile manifesto sulla “chiamata alle armi per la classe….”. E cominciava la procedura.
“Fare i tre giorni”. Dopo la prima visita di leva, in cui una Commissione militare sottoponeva a visita medica sommaria i coscritti, Il Distretto Militare li convocava per un ulteriore esame. Nella prima visita, prima umiliazione: in fila nudi come mamma li aveva fatti, con un foglio anagrafico in mano, per tossire e dire trentatré, davanti al medico militare.
I seminaristi, in base al Concordato potevano sfilare…in una stanza diversa! Poi un giorno e mezzo ( e non tre!) in una caserma vera e propria, con un rancio vero e proprio e le ulteriori umiliazioni vere, a cominciare dal motteggio sui nomi e cognomi scanditi per l’appello.
Cominciamo con questo vocabolario-frasario curioso, escludendo le più gravi volgarità, cioè le espressioni “da caserma”:
-“Perché fuori della caserma c’è la sentinella armata? Per tenere lontana la logica!
-“A che serve la vita militare? “ “ A rendere difficile il facile, attraverso l’inutile”.
-Chi è il piantone? Non è l’asse dello sterzo dell’auto, ma una sentinella armata più alla leggera e che si può muovere in una piccola area, rispettando una “consegna”, cioè un compito.
-“Venire dalla gavetta”: significa cominciare una carriera dal basso. In gavetta di alluminio mangiavano le reclute, i nuovi arrivati, le “burbe”, che una volta erano dileggiati come “marmittoni”- specialmente nelle barzellette- per definizione imbambolati o meglio “imbranati”).
In caserma un Ufficiale o il Comandante avevano l’obbligo di assaggiare il rancio: pare che ripetessero, non senza ironia “OTTIMO,per la truppa!”.Invece il soldato in servizio di mensa scriveva su librone: “OTTIMO E ABBONDANTE”. Effettivamente nelle giornate delle grandi feste il cibo era ottimo e abbondante, anche perché molti erano in licenza!“I nonni e il nonnismo”: in base al principio non scritto che “anzianità fa grado”, i “congedandi” scansano i servizi a scapito delle “burbe”, le reclute, talvolta insultate e taglieggiate fino all’inverosimile. Gli “scherzi” più innocenti sono il “sacco”nella branda (entri nel letto e trovi il lenzuolo ripiegato, che ti blocca mentre allunghi le gambe) e il “gavettone” (una “bagnata” a chi dorme): ma c’è di molto peggio, fino a ridurre qualche “capro espiatorio” alle soglie del suicidio. Tranne per i casi gravissimi, i superiori fingono di non accorgersene. Così anche per i furtarelli o le risse: purché avvengano di nascosto. E chi denuncia i fattacci è una spia. Al fondo, la spiegazione sta in questo: la vita militare è finalizzata alla guerra, alla violenza, e qualunque esercizio di sopraffazione, anche piccolo, è funzionale a quello scopo. Ciò che tra civili, in tempo di pace, è delitto; in guerra, tra militari, è “arte militare”, o, tecnicamente, manifestazione“attitudine al combattimento”. La Convenzione di Ginevra garantisce , nonostante tutto, i diritti del combattente, anche quando cade prigioniero e salvaguarda i diritti dei civili inermi. Per questi motivi è ambiguo e pericoloso impiegare i soldati in O.P.- Ordine Pubblico -(in occasione di cortei, manifestazioni,scioperi, pattugliamenti in città, controllo partite di calcio). Al massimo ha un senso la “ronda”, nelle ore di libera uscita, con tre militari, ma solo per controllare il buon comportamento di tutti i militari.
Il soldato semplice sa poco o nulla di Organica, Tattica, Logistica e Strategia (teoria dell’arte militare, riservata alle Accademie militari e ai corsi allievi ufficiali). Ci si accontenta che sappia eseguire ordini. Non importa che non conosca il meccanismo interno dell’arma: basta che sappia usarla. E che sappia riconoscere i gradi di tutta la gerarchia militare e conosca il modo di presentarsi e rispondere al superiore: saluto, “at-tenti” e “signorsì”!
-All’ingresso c’è l’Ufficiale di giornata, un ufficiale subalterno, riconoscibile dalla fascia azzurra a bandoliera ( come il “Musichiere”), incaricato di controllare l’entrata, schierare la guardia per i visitatori importanti, controllare le sentinelle e la mensa. Di notte dovrebbe vegliare ( e non dormire, vestito, al Corpo di Guardia!). I militari di guardia dormono in piedi. Sono usi (ma poi ci sono gli abusi) che si tramandano in tutti gli eserciti, da secoli, sistemati in Regolamenti dal Bonaparte. Quasi tutte le parole tecniche militari vengono dal francese.
– Nella caserma il tempo non basta mai… anche se non c’è nulla da fare. Il soldato corre continuamente, impegnato a manutenzioni dell’arma individuale, pulizie, lucidature, sistemazioni dell’armadietto individuale, del posto letto, senza mai tempo veramente libero. I soliti superiori dicono:” Se il soldati oziano, si lamentano del rancio e di tutto: fateli marciare anche per ore, così saranno stanchi e quieti!” I giornali non si leggono, se non quelli sportivi
-E i “copertoni”? Sono i raccomandati.
-“Il contrappello”.Con la “ritirata” si va in camerata e si risponde all’appello. Più tardi, a sorpresa, si fa il “contrappello”, un appello di controllo. Altro appello si fa al mattino, alla “sveglia”.Qualche soldato però, dopo il contrappello della sera, esce, salta il muro di cinta e dorme fuori. Prima della sveglia è già al suo posto!
-Viene in visita un Ufficiale Superiore? Si fa finta di fare le pulizie straordinarie. E’ solo apparenza, cioè “vasetto”. Tutto ricade sulla legge dell’apparenza. Nelle sfilate importanti il superiore dice: “In prima fila non mettete soldati con facce tranquille e serene: mettete soldati dalle facce brutte, cattive “feroci”: Ecco, tu, tu, tu…”. Corrisponde al “Facìte ‘a faccia feroce!” del cosiddetto esercito di Franceschiello.
-Se poi capita un imbranato vero, allora, specialmente i primi giorni, si scatenano su di lui gli scherzi più incredibili: “Tu non hai capito niente della vita militare”!; “Sta cominciando a piovere, vai a farti dare l’ombrello tattico di battaglione!”;”Resta, resta pure sull’attenti!”.E questo è il minimo.
-“Stare al pezzo”. Il compito di un militare,”servente al pezzo”,di non abbandonare mai l’arma : in questo caso il “pezzo” o “materiale” di artiglieria. Nella vita civile significa essere perseverante e fedele.
-Il fucile e la matricola individuale. Non abbandonare mai il proprio fucile, “è come la sposa!”. Custodire nella catenina al collo il piastrino con la matricola personale (una sorta di password); anche in caso di disastro, si può riconoscere il nome di un soldato dalla sua matricola. C’è chi, in guerra, è stato decorato per aver ricostruito il ruolino della propria compagnia in base ai “piastrini” e matricole. Al prigioniero non si può chiedere di più di nome e matricola!
-Medaglie e onorificenze. I militari di carriera (“in servizio permanente effettivo”) ci tengono molto. E si appuntano nella giacca della “diagonale”, simboli ben visibili di tali medaglie. Ci scherzano anche su: “Comandante di batteria antiaerea, finite le munizioni, continuava a fare BUM BUM con la bocca, ottenendo le stesso risultato di prima”.
–Ufficio Benessere: dovrebbe far star bene i soldati. E’ diretto dal Cappellano militare, che dispensa a malapena qualche licenza. Il Cappellano è sempre d’accordo con i Comandanti ed è un Ufficiale anche lui!
-A proposito del Cappellano, proprio quei suoi benedetti gradi di Ufficiale provocano qualche imbarazzo. I rari soldati che vogliono confessarsi da lui si domandano se devono salutare militarmente prima di inginocchiarsi! Questo rende l’idea di che cosa ci stia a fare un Cappellano in caserma, quando basterebbero i Sacerdoti delle Parrocchie, almeno nel territorio metropolitano.
-La corvè: pulire camerate, piazzali e soprattutto cessi. Spesso fatte fare e rifare per punizione:
-Le reclute che nelle prime marce si producono piaghette ai piedi? Sono gli “spiedati”.
-Il “picchetto”: è un drappello di guardia interna alla caserma : il nome è di origine francese-napoleonica, come “plotone”,”compagnia” “reggimento, quartier generale; e i gradi (soldato scelto,caporale (di giornata, è il responsabile dei servizi per quel giorno); sergente, maresciallo,tenente, capitano, maggiore,colonnello, generale);
-“Ordine chiuso”: sono tutti gli esercizi di marcia, sfilata, corse in piazza d’armi. Insieme con l’uniforme (la “divisa”, che divide dagli altri, dai disprezzati “borghesi”), tutto questo marciare servono a stabilire l’automatismo all’esecuzione degli ordini. L’obbedienza deve essere: “pronta, rispettosa, assoluta”. Così, si pensa, avverrà pure in combattimento.
-Vige la separazione netta tra Ufficiali, Sottufficiali e truppa. Con bar e spaccio separati. Gli Ufficiali sono per auto-definizione di discendenza “nobile” ( com’era una volta…).Ancora si scrive N.H., “Nobilis Homo”.E negli elenchi si chiede nientemeno: “Nome e Casato”
IN CASERMA
-“Tabella” e “Ordine del giorno”: fogli in cui sono scritti gli incaricati dei vari servizi di giornata o di settimana e i nomi dei puniti con la “consegna”Costoro non possono andare in “libera uscita”, anzi devono sottoporsi a varie “corvè!”.Le altre punizioni: camera di punizione semplice ( si dorme in cella) camera di punizione“di rigore”, cioè agli arresti come un vero e proprio detenuto, in un’apposita cella. Più comuni sono le “flessioni sulle braccia” e i “giri di campo” di corsa.
-“La forza”: è solo il numero totale di soldati presenti. Un Ufficiale di Picchetto, all’entrata del Generale Comandante schiera la Guardia e grida: “Millecento soldati presenti…20 ufficiali….7 in infermeria…”. Al che il Generale, non lo lascia terminare e mormora: “Pensare, se fossero Millenovantanove!”.
-“Marcare visita”: è chiedere una visita medica per essere dispensati dai servizi di guardia, marce, corvè. L’Ufficiale medico spesso non riconosce la malattia e ti qualifica come “lavativo”, proponendoti per una punizione. Se la malattia era riconosciuta, la cura era quasi invariabilmente: “purga” o “riposo in branda”.
-I segnali di tromba, tutti ironizzati tranne il “silenzio fuori ordinanza” ( musica “sentimentale” riservata alla sera prima del congedo o a cerimonie funebri):“Lasveglia la mattina rompimento a tutte le or; se non la smetterete lanceremo gliscarpon” ; “Siamo ricchi e poveri”, cioè adunanza ufficiali; “Picchetto, picchetto, picchetto, scendi a basso!”, cioè adunata del picchetto; “Caporale di giornata porta a basso i consegnà: cosa fanno in camerata c’è il cortil da ramazzar”.
-Gli altri “corpi” militari, sempre presi in giro: la fanteria ( la “buffa”); i bersaglieri “Sai leggere? No; Sai scrivere? No; Sai correre? Sì: allora bersagliere”; “l’aviazione si mangia l’arrosto, e alla marina gli butta l’osso”; “L’arma del genio è l’arma dei fessi, la fanteria pulisce i cessi”; i carristi? Carne in scatola.
-Le vecchie sigarette MILIT, si dicevano “m… italiana lavorata in tubetti”.
-Le uniche cose buone della “naja”? Libera uscita, licenze, congedo illimitato permanente.
-Rimprovero di un superiore? Un cazziatone.
-“A rapporto”: quando si chiede o si è chiamati ad un colloquio con un superiore: Finisce quasi sempre con un cazziatone. Ad esempio: ” Gli ordini sono dati per essere eseguiti, non per essere discussi!”.
-“Decade”: era la paga del soldato, quasi simbolica, mentre soldato significava “pagato”.Una frase comunissima:” Qui non sei pagato per pensare”.
-La leva: ogni Comune teneva aggiornato l’elenco dei nati e residenti maschi, per avviarli al diciottesimo anno, alla visita di leva (“i tre giorni”, per l’arruolamento (“abile e arruolato”) il riconoscimento di ridotta attitudine militare o dispensato dal servizio militare;con i giovani, venivano censiti anche i muli e gli alberi adatti per le possibili costruzioni militari.
-“La morale”: era solo un predicozzo pieno di minacce e parolacce.
-“La ferma” era la durata del servizio militare.
-“Perché le motociclette militari hanno due selle? Per portare sia l’ordine che il contrordine”. In ogni caso: “Arrivato l’ordine, attendere il contrordine”.
E il “furiere”? Era il segretario-factotum del reparto. Faceva tutto: predisponeva e preparava , suggerendo furbescamente il da farsi al Capitano: le “basse di passaggio” per trasferire un militare, biglietti di punizione, fogli di licenza, licenze-premio, distribuzione di “viveri di conforto”(cioccolata e grappa, dopo le “grandi manovre”, distribuiva la posta e i “vaglia di papà” arrivati. Tutti lo ricercavano e disprezzavano perché non faceva mai esercizi e marce militari. “L’italiano in fanteria e il romano in fureria!” si diceva, quelle poche volte che i soldati “parlavano in tricolore” (perché spesso parlavano in dialetto, specialmente quando non volevano farsi capire, mentre mugugnavano o imprecavano). Non imprecavano e non bestemmiavano mai i soldati che a casa erano stati “scout”cattolici, o molto religiosi praticanti. Le Messa al campo non aveva quasi nulla di religioso: era una cerimonia ufficiale, tanto più che non ci si poteva dispensare, come da un servizio.
ESERCITAZIONI DI TIRO Al “poligono di tiro”, per sparare ai bersagli di legno e cartone (“sagome”) preparate e schierate dagli “zappatori”, accadeva di tutto, nonostante che ogni atto fosse regolamentato di squilli di tromba, bandierine, ordini gridati al megafono: frutto di esperienze di secoli di errori fatali. Il peggio che potesse capitare? Un soldato particolarmente imbranato gridava “Arma inceppata!” e poi, invece di restare immobile al suo posto in attesa degli armieri del Genio, si girava con l’arma in pugno verso i graduati e gli altri soldati presenti ai suoi lati. Ciò provocava un “pancia aterra” generalizzato!
Il mascheramento consiste nell’indossare la tuta mimetica e poi infilare nell’elmetto, nello zaino e in ogni altro appiglio possibile rami con foglie, pezzi di stoffa variamente colorata o altro: si deve “rompere” la vista, da lontano della propria stessa sagoma, tingendosi anche la faccia. L’errore più comune? Anche su una spiaggia sabbiosa o in un terreno arido, infilarsi comunque nella mimetica rami con foglie verdi di alberi .
GLI ORDINI
La commediola degli equivoci, nel passaggio degli ordini dal generale giù, fino al soldato semplice :il generale ordina al colonnello: “Domani ci sarà l’eclisse di sole. La truppa, in tenuta di marcia, si schiererà in piazza d’armi ed io spiegherò il fenomeno. Se pioverà la riunione e la spiegazione si faranno nella palestra.”
Nel “passaggio” dell’ordine ai colonnelli, capitani, tenenti, sergenti e caporali, alla fine, ai soldati arrivò quest’ordine:
“Domani, per ordine del signor generale, il sole in tenuta di marcia spiegherà l’eclisse. Se pioverà, il fenomeno si svolgerà nella palestra!
Nel passato, e fino a metà dell’800
Nell’esercito di “Franceschiello” re di Napoli, esiste il luogo comune che smentisce la convinzione che in ogni tempo e in ogni luogo gli eserciti sono stati “macchine” di razionalità tecnica ed efficienza organizzativa. Lì c’erano, a quanto pare, pressappochismo e ridicola insufficienza.
Sta di fatto che in ogni tempo, per insegnare a tutti i soldati – spesso analfabeti – ad andare “al passo” o a “cambiare passo”, erano necessari mesi e mesi di prove. “At-tenti!”, “Ri-poso!”, “avanti marsch!”, “Alt!”, “per fila destra, ” Fronte a destr! “, “Fronte a sinistr!” ( destra e sinistra erano riconosciuti con difficoltà: allora si usavano nastri nel braccio destro o anche legacci alla gamba destra).
In uno dei primi “appelli” di reclute appena arrivate, il Caporale grida:
“ANTONIO DELLA GHERARDESCA!
” Presente!” risponde l’imbranato:
“Della Gherardesca… sei discendente del Conte Ugolino della Gherardesca?”
“No, no, quale Conte Ugolino!” !
“Quello che morì di fame”
“ Allora può anche essere, signor Caporale!”
RIDIAMOCI SOPRA
L’esercito di Franceschiello avrebbe inventato il comando “Facìte ammuìna!”, cioè, “Chi sta a destra va a sinistra, chi sta a u funno va avanti, e chi non sa q’a da fa, va ‘n po’ qua e ‘n po’ là…”,tanto per dare ad intendere a chi vede da lontano, che si sta facendo qualcosa . ( Questa amena trovata ha fatto scuola anche in altri ambienti!).
I soldati del Papa. C’era la ridicolizzazione di questi soldati di ventura: i soldati dello Stato Pontificio: “Cento soldati del Papa non furono buoni a cavare una rapa: ci andò uno del re e ne cavò centotre).
Era solo propaganda, come lo slogan “Chi non è buono per il re, non è buononemmeno per la regina!”. Certo, da sempre i soldati di ventura, con i loro Capitani, erano i soli intelligenti: facevano tutto in guerra, per soldi, tranne che farsi ammazzare. Capivano che spesso una guerra si risolve già soltanto schierandosi – splendenti e armatissimi – alla vista del “nemico” (spesso anche lui mercenario). Quante battaglie non si sono combattute, e tutto si è risolto solo minacciando quel “rito crudele e barbaro” che è sempre stato la guerra cruenta!
Lo storico Franco Cardini ha scritto un libro sulla “festa crudele” nei secoli: ha aggiunto capitoli sui bombardamenti delle città, come atti terroristici e, ora, l’inedita pratica dei kamikaze. A cui storicamente non si era mai ricorsi).
Tanto è vero che, quando i mercenari si sacrificarono tutti fino alla morte , come fece la Guardia Svizzera nel 1527, per difendere il Papa contro i Lanzichenecchi di Carlo V , suscitò un’enorme impressione ed ammirazione: ancora si ricorda oggi il loro sacrificio.
QUALCHE NOZIONE ( COMUNQUE) UTILE anche nella vita civile.
-Stima delle distanze alla vista: dall’alto, si stima “corto”; dal basso si stima “lungo”. (lo sanno anche gli operatori delle telecamere cine-tv!).
-La sentinella non guardi fisso il suo obbiettivo di osservazione: finirebbe per non vederlo più ; ogni tanto volga lo sguardo un po’ intorno…
-La tattica non ha regole fisse: è un continuo adattamento alla situazione, cangiante per definizione.
-Principi generali : superiorità dell’offensiva e sfruttamento del successo ( Lo sanno bene anche gli operatori economici…)
-Un pasto caldo al giorno non si nega neppure al combattente.
-La distribuzione della posta incide sul morale della truppa.
-L’igiene personale e degli ambienti è importantissima(”aria alle camerate!” “Lavaggio degli effetti letterecci!”); doccia: almeno una volta alla settimana.
-La guerriglia è peggiore della guerra.
-L’orientamento sul terreno, con le carte topografiche, usa espressioni diventate classiche, come “Casa rossa” e “albero a palla”.
-Prima di acquartierare un distaccamento di truppa, gli Ufficiali e Sottufficiali di alloggio scelgono, individuano e attrezzano edifici, aree per tende e li mettono in sicurezza. (Lo fanno anche gli scout e i campeggiatori).
-Non strafare, mai, né esaltarsi.
-“Quando il pericolo è più grave, la Provvidenza è vicina!”.
-“L’inimico hoste non è fesso!”: mai sottovalutare l’avversario.
-“A nemico che fugge, ponti d’oro!”. ( Altro che non lasciargli scampo!)
-“Cercare di riportare la ghirba a casa!”.
-Passare dal cameratismo all’amicizia, e alla Pace: “opera di giustizia” umana e cristiana.
-Lo spirito di corpo sì; ma senza esagerare.
-Gli scherzi sì; ma non il nonnismo violento e sciocco”.
Ma poi veniva il congedo.
Allora si canticchiava:
“Saluteremo il capitano, comandante di compagnia: non comanda a casa mia.
Non lo vedrem mai più!”.
Il saluto– caustico- agli altri gradi, lo tralasciamo.
G.C.