VALLINFREDA
Visitare Vallinfreda è immergersi in un mondo di semplicità francescana, disponibilità e serenità, nell’ispirazione
religiosa e nel godimento dei beni della
natura e della cultura . Il Beato Frà Diego Oddi e la bellezza
dell’ambiente e del territorio sono i caratteri dominanti: due biglietti da
visita. Venire e soffermarsi, aiuta a ritrovare sé stessi .
Se pure non si conosce Frà Diego ODDI (ma la sua immagine mite
campeggia già nel bivio che porta al paese), il solo fatto di ammirare la
pulizia e il decoro di strade e case,
FRA’ DIEGO ODDI
Qui ne parlano gli anziani, che rievocavo gli
aneddoti, i continui “viaggi” col cavallo
di S. Francesco, su e giù per i paesi,
perle strade polverose, a praticare la
questua per il Sacro Ritiro di Bellegra e a scambiare - sulla porta di casa e in casa-
preghiere, giaculatorie, devozioni popolari. Ad Agosta,
Subiaco,Affile, Cervara, Canterano…Era il modello del pellegrinare e fare
il bene, che risale al capostipite Elìa. Anche a Vallinfreda
aveva, come ovunque, famiglie di benefattori,
pronte ad accoglierlo, pregare con lui, confidargli le pene materiali e
spirituali. Eccolo,di porta in porta, per la raccolta di doni per il Convento e l’offerta, a favore di tutti, di penitenza, preghiera e
testimonianza del voto di povertà. I paesani trovavano in Frà Diego non un sottile teologo, ma uno del popolo che si era donato
a Dio, a S. Francesco e, appunto, al popolo cristiano da cui proveniva. A trentasei
anni decise di accogliere il consiglio dell’altro Beato, Mariano da Roccacasale, di entrare nel Sacro Ritiro di Bellegra.Molti anni dopo,
all’Udienza papale, il Santo Papa Pio X
lo additò:”Ecco un vero figlio di S. Francesco!”. E pare di sentire quello che Gesù disse quando
incontrò per la prima volta Natanaele... Un "Frà Galdino della
carità", ricevuta e restituita al centuplo: così può essere
definito il nostro Beato, ricco di virtù umane e teologali e di uno speciale
carisma di bontà, che lo portò alla dichiarazione di Venerabile il 22 gennaio
1991, e, dopo le ricognizioni canoniche e il riconoscimento di virtù eroiche e
di miracoli, alla Beatificazione, il 3 ottobre 1999. E’ in cammino verso la
piena santità? Lo Spirito potrà operare in questo senso.
Il Vescovo di Tivoli ha emanato una bolla che nomina Frà Diego come Co-protettore
di Vallinfreda.
Per sostenere le iniziative di devozione e spiritualità “oddiana” sono nate, nel tempo: -un’Associazione intitolata a Frà Diego (tel. 0774.925616);- un Museo di cimeli del Beato; -il gemellaggio con Roccacasale
(Sulmona) - patria di Frà Mariano, a sua volta Beato
e ottimo consigliere del postulante Frà Diego-, -e Bellegra; -il pellegrinaggio annuale al Sacro Ritiro
di Bellegra. Ci sarà una “giornata” dedicata a Frà Diego, con varie iniziative religiose, spirituali e
culturali, proprio in Vallinfreda e qui potrebbe nascere
un Gruppo dei “Terziari Francescani”, laici del noto “ordine secolare”. Col restauro della Casa natale del Beato, saranno lì riuniti
la sede dell’Associazione e il museo. Impegno spirituale è di interpretare come
vivere oggi la singolare
spiritualità “oddiana”.Papa
Benedetto XVI, nel
L’Associazione “HUNZA”
per l’ambiente naturale ha dato una scossa alla pur positiva tradizione di
pulizia e rispetto
dei boschi e delle fonti. Ha spinto l’interesse ecologico fino al rilievo dato
ai micro-ambienti con salamandre, rane e rospi. Ma anche per: abete rosso, pino silvestre, faggio,
carpino bianco, nocciòlo, vari tipi di querce (leccio,farnia, rovere, roverella e cerro), rosa canina, prugnolo, rovo,
sambuco,biancospino, ginestra, ciclamino, violacea, ranuncolo, primula, orchidea
(orchis moria, vulgo ,giglio caprino) e anacamptispy famidalis.
Nella Grotta del Re Pipino ci sono i
tassi. E in altri spazi: scoiattoli, istrici,lepri,faine,cinghiali,
vipere comuni, cervoni,biacchi, saettoni,ghiandaie,
gazze, picchi muratori. Certo, non si potranno vedere tutte queste meraviglie
in una volta!
Il turismo
Sono stati “tabellati” e
valorizzati alcuni sentieri e
percorsi-natura: per Monte Aguzzo,
Costa
Economia locale e
produzioni (per il turista)
Cooperativa
agricola “Cozova”;
fagiolo “Cioncone”,
patate,polenta, polentone rotondo, gnocchi co’ fasoi,
gnocchi ‘ncati
( con patate) ,pizza sbattuta , ciammellette con le uova e ciammellone. Il prosciutto è di
altissima qualità: da solo merita una visita. Le Sagre, già indicate, sono la
grande occasione di presenze, commercio e “legame” turistico
per “oriundi” e forestieri. Negozi, osterie e bar: quanto basta per i
pochi residenti e per i molti visitatori. Già nel Settecento si diceva che Vallinfreda, con i suoi 1.200 abitanti (ora 301, ma nelle
feste, sagre e ferie estive, di nuovo 1.200!), produceva “grano, uve e ghianda” e abbondava in pascoli.
Vallinfreda. Il nome richiama una
“valle fredda”.Qui siamo alla convergenza tra più valli, tra i Monti Sabini
Orientali, sulla "cornice" della Piana del Cavaliere, Comunità Montana
dell’Aniene, e
non è certo più freddo che altrove. Tutto intorno si vedono: Riofreddo, Oricola, Pereto, Rocca
di Botte, Villaromana, Carsoli,
Poggio Cinolfo, Turania e Vivaro. Ma i nomi della tradizione storica fanno strani
scherzi, se ancora oggi una ragazzina quattordicenne Vallinfredana
scrive che “qui gli anziani sono seduti
in quel freddo muretto”. Di caldo ci sono, di sicuro, l’accoglienza, la tranquillità, il bel
panorama aperto, l’aria pulita e tanto altro.
Come arrivare a Vallinfreda. Dalla A-24-
uscita Carsoli, poi per Riofreddo
e Vallinfreda.Lungo
La storia e le
leggende
Tutta la pace che oggi si tocca con mano, non ha riscontro
nei travagli di una storia singolare. Vallinfreda
appartenne alla Signoria Marsicana, all’Abbazia benedettina di Subiaco, agli
Orsini, Colonna, Piccolomini, Zambeccari,
Brancaleoni, Cenci, Muti, Theodoli
e Borghese (troppi!); fino all’ordinamento comunale (bellissimo lo stemma con
la croce di Malta). Ogni passaggio di mano fu caratterizzato da contrasti
feudali, dei quali i Vallinfredani pagavano le spese. Monumenti
architettonici testimoni di queste vicende sono:
E’ una vicenda di cui i vecchi parlano poco. Ma i giovani ne
riscrivono le cronache. Oggi sono solo curiosità. “Una mattina sul mezzogiorno vedemmo partire dal
Vivaro una
immensa turba di gente e dirigersi verso Vallinfreda
per varie strade. Si chiudono alla
meglio le case,si nasconde la roba, si caricano in
fretta giumenti e cavalli, di quanto poteva in quella confusione trasportarsi e
si fugge per la via di Monte Aguzzo, chi per quella di Riofreddo,
chi per le vigne caricandoli tutti e trascinandosi dietro una turba di piccoli
figli, di mogli, di madri immerse nelle lacrime e gridando disperatamente”.
Che stava accadendo? Proprio nella vicinissima Vivaro
si era consolidata un' “insorgenza” antifrancese e sanfedista che difese a lungo quel
centro come un caposaldo e tentò perfino assalti nei dintorni. A Vallinfreda, i Vivaresi, in
massa, da accesi “papalini”, abbatterono l’albero
della libertà e piantarono in piazza del Colledrone
una Croce.”Erano circa 400 i briganti che componevano
quella orda furiosa. Armati di roncole, accette, spiedi, archibugi, si
riversarono nelle case, soprattutto quelle più facoltose. Portarono via
ogni cosa utile, non tralasciarono “neppure
i chiodi”. La razzia durò poche ore. Ma poi bisognava liberarsi anche degli
800 soldati francesi, che erano mantenuti a spese dei Vallinfredani.
Ci pensò Teodosio Bencivenga “Padre della patria”, ottenendo aiuti dagli altri paesi. Sulla scena
di Vallinfreda “passarono” altri briganti veri o
fasulli, ma sempre dediti al saccheggio: Giovanni Antonio Di Biasi pseudo “Uffiziale Regio”,
Rodiò Salomoni, Caponi e un “Frà Diavolo”. Caponi impose un tributo di 250 scudi e le famiglie
“impegnarono” perfino pentole e padelle. Le bande sanfediste di Ruffo di Calabria furono
altrettanto funeste per rapine, furti di bestiame e grano. Rapirono sei “belle
ragazze” di cui due furono ritrovate uccise. Altri fatti storici: nel 1500
scomparve il piccolo centro di Portica, assorbito da Vallinfreda.
Le due popolazioni , di Vivaro
e di Vallinfreda, vissero una vicenda politica più
grande di loro. Ogni tanto scoppiavano risse con i boscaioli vicini, per il
diritto di legnatico. Non mancava la diceria della “chioccia d‘oro e tanti
pulcini pure d’oro”. Nessuno l’ha mai vista, ma alcuni malintenzionati rapinarono
la padrona Sora Faustina
e la sua serva, e le uccisero.
Leggende della
paura
Per spaventare i bambini non ne hanno inventate molte:
bastava “BOBBO”
, il terribile “Lupu Menaru” e i soliti briganti.
La stazione
astronomica
Il Gruppo Sorgenti Cosmiche di Alta Energia dell’Università “