INVITO A…
SAN VITTORINO
ROMANO
(A cura di
Giuseppe e Paola Cicolini)
Così vicini, così lontani. Tivoli e S. Vittorino sono lì, a due passi, a
dodici chilometri. Il “piccolo insediamento” conta 400 abitanti. Si possono
vedere e quasi toccare. Eppure resiste un’antica scorza di estraneità. E’
proprio vero: ”La montagna più difficile
da scalare è la soglia di casa!”. Ma, se andate a S. Vittorino, sentirete
che , nella popolazione - anche quella anziana - ogni riserva svanisce. E c’è
stima e rispetto. Siamo dentro la Diocesi Tiburtina e in una ricca rete di
rapporti. Al più resta la battuta innocua: ”Ma noi siamo
romani!”
Il luogo. L’ambiente naturale è caratterizzato
da un costone di tufo - alto dai 150 ai 377 metri - solcato dai fossi S.
Vittorino e S. Giuliano, con una magnifica vista sull’Agro . Di lato occhieggia
l’abitato di Tivoli “alta”. Il resto: olivi e boschi. Aria buona, di collina. E
l’acqua? “A San Vittorino ce sta na
fontanella, co’ l’acqua chiara e bella, chi se la beverà?”. Siamo nell’estrema porzione di Agro romano,
una collina piuttosto lontana dai mitici Sette Colli (VIII
Municipio).
Leggende e ricordi dei Principi.
Leggende nere, molte.
Si precipitavano i condannati dalla torre (pura fantasia!); c’erano un carcere e
una ghigliottina; di notte non si poteva uscire di casa. Invece è positivo il ricordo della
Principessa, amichevole con le popolane, di nome Nadìa, che invitava le giovinette alle
feste nel Castello e ne soccorreva alcune nelle spese
matrimoniali.
Tracce di storia. Fu abitata da arcaici Equi Cicolani,
ramo dei mitici Sanniti.
Nell’antichità fu un fundus
generico.Dal 979 divenne “Fundus
Balbinianus”, tenuto dal Vescovo di Tivoli. Fu poi assegnato all’Abbazia di
S. Paolo fuori le Mura e alle Chiese di S. Alessio e S. Bonifacio.Nel secolo XI
divenne un “castrum”. Nel 1242 Tibur superbum impose una tassa di
transito e scoppiò la “guerra della
gabella del passo”, con scontro alla Porta Neola. Nel 1410 andò in possesso
del Capitano di ventura Giovanni Colonna, con Corcolle e Frascati. Poi si
susseguirono: la Camera Apostolica, e,( dopo la distruzione operata dal Card.
Vitelleschi), Roberto Montella, poi
ancora un Colonna, per andare permanentemente ai Barberini. Costoro hanno
lasciato un segno permanente del loro potere. Sono restati nella memoria del
popolo e gli ultimi Barberini non dimenticano ancora
oggi il loro antico feudo.
Rapporti storici (difficili) con
Tivoli. Intreccio di
rapporti. Dalla “guerra della gabella” - in cui i castellani si sarebbero difesi gettando
olio bollente sui tiburtini - all’attuale convivenza proficua: nel Municipio
VIII di Roma Capitale e nella Diocesi Tiburtina, con un polo di attrazione non
solo locale: il grande Santuario di N.S.
di Fatima.
L’abitato. Caratteri dominanti sono: il Castello Barberini e il Santuario. Come
dire: medioevo e contemporaneità architettonica e
religiosa. Le case sono raggruppate nel centro storico, a ridosso del Castello
(che attende un restauro urgente, e una ri-valorizzazione attuale!), con, a
monte,il caseggiato nuovo, lungo la “Via
Crucis” , detto “La Cooperativa”.
Passando di notte per la sottostante strada, il Castello incombe come un nero
picco. Visto dall’alto S: Vittorino somiglia al disegno infantile di un volto umano:”San Vitturinu tunnun tunnu, so’ quattro case
e cinque co’ lo furnu.Se non ci stesse quellu po’ de Palazzo, San Vittorino
sarìa nu pupazzo”. Più in basso la chiesetta di S. Maria, qualche casa, e,
soprattutto l’Oratorio-Centro Sportivo parrocchiale “Amici di S. Vittorino”: un centro vivo
di aggregazione e di cultura
giovanile. Si entra nel perimetro di S. Vittorino da Porta Neola (Nebula, nuvola?) scavata nel tufo, come
un arco “naturale”.
Da non perdere. Le chiese; il Santuario; il Castello
Barberini, munito di due torri a pianta quadrata ( visitabile solo esternamente); Porta
Neola; i ruderi degli acquedotti romani Anio Vetus, Anio Novus, Marcio e Claudio ( impressionanti in località Le mole).
Stile di vita di anziani. Il
dialetto. Gli anziani
parlano un dialetto, tipico, certamente non romanesco. Dicono:”Se parlassimo il nostro dialetto stretto,
nessuno ci capirebbe”. Esagerato. Tiburtini e Aniensi lo capirebbero
benissimo! “Ma noi siamo nel Comune di Roma, anche se
Roma si è dimenticata di noi!”. Con le loro sedie in cerchio all’aperto, a
lato della piazza, le signore parlano, commentano tra loro e spiegano tante cose
alle immigrate badanti, ottimamente
integrate. I ricordi più positivi mettono insieme i loro lavori pesanti e
pericolosi, fatti anche quando avevano solo quattordici anni, e la familiarità
di Nadìa Barberini, che le chiamava
a qualche festa di carnevale al Castello, che allora era arredato e abbellito da
quadri stupendi. Negli anni ’60, quando avevano poco più di dieci anni, alcune
di loro lavorarono duramente e pericolosamente con il padre muratore, per
rinsaldare i merli del Castello. Oggi, l’ultimo erede Barberini, Urbano, di professione attore, viene
ogni tanto a S. Vittorino per raggiungere la sua tenuta di S. Giovanni in Campo
Orazio.Fa il giro del castello, come se pensasse a come e quando potrà
riportarlo allo splendore di una volta… e se ne va.
I giovani e giovanissimi.
Ruotano intorno all’Associazione Sportiva
e Culturale “Amici di S. Vittorino”,
animata dal Parroco Don Mario De Simone e da qualificati volontari. Pubblicano
il mensile “Porta Nebula” e organizzano sport e tempo
libero, nel quadro dell’Oratorio (
e-mail:info@associazionesanvittorino.org; tel.06.2266175).
Le chiese e il Santuario. S. Vittorino, Santa Maria, S. Michele
Arcangelo ai Giardini di Corcolle e ovviamente, il Santuario di N.S. di Fatima.
La chiesa di S.
Vittorino, restaurata, è nella Piazza del Castello Barberini. La chiesa di Santa
Maria fu eretta dalla popolazione quando, nel ‘600, un quadro mariano fu
rinvenuto nei campi verso Poli e portato qui in una cappella campestre.
Riconsegnato nel luogo del primo ritrovamento, il quadro tornò miracolosamente
in S. Vittorino. Questo convinse il popolo a costruire una vera chiesa, ora
ottimamente restaurata. Il Santuario di N.S. di Fatima fu progettato dall’Arch.
Monardo e costruito nel 1987. E’ una Rettoria degli Oblati di Maria Vergine,
dipendente dal Vescovo di Tivoli. Custodisce notevoli opere d’arte di
Montagutti, Airadi, Di Jannozza, Crippa. Esternamente si presenta come una
struttura a punta rastremata “a ciuffo” con allusione alla tenda che custodiva
l’Arca dell’Alleanza. Si vede dalla Via Tiburtina, da Tivoli “alta” e da una
bella porzione di Agro Romano. E’ molto frequentata, e apprezzata come Casa per
esercizi spirituali e ritiri.
Feste. Festa patronale della Madonna dalla
Pace –domenica in albis – istituita
per festeggiare il ritorno dei soldati dalla guerra mondiale; S. Antonio Abate .
A Settembre, festa di S. Vittorino, con celebrazioni religiose e cene
in piazza per 3-4 sere, a cura del Comitato (che ha sostituito la
Confraternita).
I cibi. “Da Enzo” e nelle cene tradizionali in piazza,
si possono gustare: agnello arrosto, fettuccine, lasagne al forno, pollo di Ferragosto. I dolci:
ciambelline al vino, mostaccioli, pastiera, torte di ricotta. Scelta di vini, ma
soprattutto Clinto e Sangiovese (ovviamente rosso).
Traversate e piedi. Ai primi di maggio, escursione
naturalistica e archeologica Fosso Ponte Terra-Acquedotti di S. Vittorino ( in località Le Mole).
Si può ammirare ” un sistema di
dighe, cunicoli e gallerie di diverse decine di metri, scavate nel tufo”. Alcune
di epoca pre-romana. Durata della facile escursione: tre ore circa. Ovviamente sono possibili altre
traversate “ ad libitum” sui colli
circostanti.
Come arrivare a S. Vittorino. Niente
di più facile. Da Via Tiburtina, presso la curva detta del “Regresso”; anche
dall’uscita “Tivoli” dell’A-24; dalla Via Polense; con linee ATAC 042 e C9. Anche per una visita breve, sarebbe
sbagliato visitare il Santuario, trascurando il centro storico di S. Vittorino.
O viceversa.