QUANDO
NASCEVA UN BAMBINO (
O UNA BAMBINA)
Negli
anni ’20 e ’30 quando stava per nascere un bambino si preparava il corredo,
lavorando a mano per fare fasce, coprifasce,camiciole,
"fasciatoi", bavaglini...
Il
lavoro cominciava subito dopo il matrimonio. Tutti sapevano che il colore per
un bimbetto era il celeste e per una bambina il rosa, ma non si poteva sapere
se sarebbe nato un maschietto o una femminuccia. Allora, talvolta si cuciva e
ricamava in colore “neutro”, con grandi grembiuloni bianchi “copri-tutto”, buoni in ogni
caso.
Le
mamme più ricercate cucivano camiciole gialle, coprifasce bianchi, bavaglini verdi,
fasce “bianco-grezzo”.
Ma
veniamo alle ore concitate che precedevano e seguivano la nascita.
Nella
famiglia tutti i maschi - grandi e piccoli - erano allontanati. Ci si ricordava
di loro solo per sfamarli in qualche modo, ma in altri locali appartati della
casa o in altra casa di parenti e amici vicini.
Mentre
si avvertiva la mammana Sora Giulia o la prima ostetrica Sora Emma, si metteva a scaldare l’acqua
e la si metteva in un fiasco “spagliato”. I maschi, anche se vedranno quel
fiasco d’acqua, mai ne sapranno l’uso... E’ uno dei tanti segreti del momento,
in un viavai di donne e di frasi sussurrate.
Finalmente
una creatura viene al mondo!
Allora
tutto cambia.
Arriva
"la commare" o "ju compare"; si va a
ritrovare o a farsi imprestare "ju
biunzittu”, si prendono intese con
Questa
cerimonia era veramente mal interpretata. Sembrava che la puerpera dovesse
essere assolta da chissà quale colpa, prima di poter entrare di nuovo in chiesa
e partecipare alla vita sacramentale! Niente di più falso. Era solo la
“purificazione rituale”, di eredità ebraica, che ri-abilitava la giovane mamma
alla vita sociale e... ad una nuova maternità, sempre santa .
“Ju biunzittu” era un contenitore verticale della forma di una
bigoncia, in cui il bimbetto - “fasciatissimo” - veniva infilato, restando
fuori la testa e la parte superiore del corpo, fino alle braccia. Nel fondo “ju biunzittu” aveva dei pezzi di stoffa
che diminuivano man mano che il bimbetto cresceva.
Una
volta infilato lì il bambino, la mamma poteva muoversi liberamente e lavorare
in casa.
E
poi era considerato molto male chi abituava il bambino a stare sempre in
braccio.
In
seguito veniva utilizzato “j’annareglio”,
un pesante e rustico “girello”.
La
festa del Battesimo era in Chiesa e in famiglia.
In
Chiesa il
Sacramento era da conferire al più presto.. non si sa mai il bambino non
dovesse restare in vita: e comunque si
liberava un’anima dal Purgatorio.
In
famiglia la festa era sempre semplice: saluti ai vicini di casa e ai parenti,
dolci fatti in casa e un bicchiere di vino.
I
festeggiamenti erano sostanzialmente uguali per maschi e femmine. Ma se nasceva
il maschio primogenito la festa era un po' più grande.
Malauguratamente
al bambino si parlava poco sorridendogli e guardandolo in viso, occupandosi
solo di lui e dei suoi primi apprendimenti. Lo si sbaciucchiava e cullava fino
a quando era un po' cresciuto. Poi non più, perché si pensava che il furbetto
potessi approfittare della
manifestazione di sentimenti di affetto da parte dei genitori e dei grandi.
Il
bambino imparava rapidamente tutto quel che c’era da imparare con la sua “mente
assorbente”, ma nessuno si chinava su di lui proprio per insegnargli le parole
e i gesti accompagnati dai sorrisi e dalle indispensabili carezze.
Imparava
rapidamente tutto imitando gli altri e cogliendo qua e là parole, mimica, frasi,
vedendo oggetti, seguendo con lo sguardo comportamenti: insomma come chi capiti
in una terra straniera. A due anni e mezzo, però, il piccolo aveva capito
proprio tutto: nella stanza, nella
casa, nel vicinato.
Poi,
solo alcuni, i più fortunati, erano affidati all’asilo fino ai cinque anni.
Nell’età
della scuola elementare, cominciava lo studio e insieme qualche
forma di lavoro, in casa e in campagna.