Le belle
maniere
“GRETA GARBO” a Subiaco
A Subiaco, un operaio che
aveva molto lavorato a Roma, anche nelle cave, aveva anche letto qualche libro e visto
qualche film.
Siamo negli anni ’30.
Sicché nel suo linguaggio,
tra tanto dialetto subbiaccianu
( com’è noto, piuttosto aspro), apparivano parole e immagini in italiano, ed
anche alquanto raffinate.
Tra l’altro era un
romantico, innamorato dei film muti e
dei primi film col sonoro.
Una sera, passeggiando con
la sua fidanzata - che non aveva viaggiato né visto film o letto libri - le sussurrò:” Quando ti guardo, mi sembri Greta Garbo”.” E chi è ?,
fece lei. E lui” Come? Non la conosci?Greta Garbo, quell’attrice languida languida...”.
Lei, facendo spallucce :”Ma che ne saccio eo? Tu
sempre co’ chesse còse difficili!”.
LA “MINICHINA”
Nel
Alcune donne, subito
chiamate “pròfoghe”,a Subiaco
ebbero una accoglienza ben strana: gli uomini ( anche i giovanotti) erano
incantati dalla loro voce e gentilezza e
se ne innamorarono.
Le donne di Subiaco non le
potevano sopportare: bollavano quella gentilezza e quella voce incantevole come
“minichina”, cioè falsità
interessata.
In quei pochi mesi le donne
provenienti dall’estremo del Nord-Est, il Friuli, ci insegnarono tante cose. Ad
esempio,come si potevano fare simil-scarpe di stoffa, con la “pianta” di gomma, al posto
della arcaiche cioce. Le nostre
impararono subito, e “importarono” anche qualche sugo, l’impiego del burro,
qualche “punto ai ferri” e altro. Restarono indietro, ancora per molto tempo,
proprio nella dolcezza del linguaggio e nei modi seducenti,
ma sinceri. Altro che “minichina”!
E adesso?