GENERALE ALBERTO SCARPELLINI

Il Generale Alberto Scarpellini è stato un protagonista della vita di Subiaco, specialmente negli anni ’60.  Per quanti non l’hanno conosciuto, vorremmo contribuire a delineare i caratteri della sua personalità sul versante pubblico: Sindaco del Comune di Subiaco; aderente ad un Partito politico;  in ogni caso, vero amico e appassionato di Subiaco e dei Sublacensi. Scrisse a mano centinaia e centinaia di lettere, senza alcun calcolo né personale né politico, per aiutare molte persone e famiglie. Il tono, nel parlare con le persone e nelle stesse lettere, era quello di un buon padre che segnala le necessità dei figli. Nel lecito, chiedeva il possibile, a favore della povera gente.

Il Gen. Scarpellini era un uomo cordiale, pronto ad aiutare chiunque per problemi del servizio militare, di lavoro, di ricerca di una casa. All’epoca si trattava di questioni importanti e non c’erano Patronati di sorta..

Aveva anche uno spirito critico e autocritico. Nella scrittura e nell’eloquio era figlio del suo tempo e dei suoi studi. Il suo gusto appariva “classicheggiante”, con citazioni e formule apparentemente retoriche, ma efficaci.

Aveva studiato a Roma. Aveva scelto la carriera militare a sedici anni, frequentando l’Accademia Militare.

Dal grado di Sottotenente a quello di Colonnello, si occupò di Motorizzazione dell’Esercito, fino ai massimi livelli di responsabilità. Allora era un settore tecnologicamente e organizzativamente di punta.

Nell’atto del pensionamento, fu promosso Generale . Da allora visse quasi sempre a Subiaco, nella sua bella Villa di fronte al Ponte di S. Francesco, e entrò in contatto con la vita politica-amministrativa locale’Amministrazione civica era anche una tradizione di famiglia: il padre Attilio fu Sindaco prima del fascismo. Lo fece per pura passione e senza attendersi nulla in cambio, se non un desiderio di bene meritare. Lo votarono in massa perché dicevano: “Conosce tante persone importanti a Roma!”. Aveva molto da dire e fare sulla Subiaco del suo tempo e s’impegnò a fondo. Era anche titolato “Conte di Donagmore”, ma non se ne vantava mai, anzi ci scherzava su, come quando conversava col Marchese Travaglini, al tempo Presidente dell’Ente per il Turismo di Roma.

Ovviamente mancava di una specifica esperienza politica e “comunale”, non essendo passato per la trafila partitica e non essendo stato Consigliere, Assessore… . Ma era esperto di gestione e amministrazione di realtà pubbliche:contratti, patrimonio,transazioni, cause civili. Tutto utile per gestire un Comune, allora ancora più”isolato” di adesso. Non portò Subiaco nel grande “giro” politico della Provincia di Roma (la Regione Lazio era solo alle viste)., non avendo ambizioni diverse dalla realtà di Subiaco. Ma portò in visita  molte personalità a Subiaco, il che giovò anche allo sviluppo turistico e alla vita amministrativa in genere: opere pubbliche, stanziamenti,case popolari.

Si era orientato quasi istintivamente verso il Partito Liberale Italiano (PLI), ma subito si avvicinò alla Democrazia Cristiana, allora unica strada per governare. In tutto questo era un “puro” fino all’ingenuità. Non fece mai vita di partito o peggio, di corrente. Raccontava, con schietto umorismo, di come tentò di imparare la tecnica del comizio pubblico, che era allora la massima espressione della politica. In un corso che prese a frequentare gli dicevano di attaccare senza pietà l’avversario, anche mediante espedienti come questo :Devi dire al tuo avversario in contraddittorio di parlare di quelle certe vacche!”. Naturalmente costui cadrà dalle nuvole e risponderà irato. Allora tu farai notare che più si arrabbia e più si autoaccusa! Fino a farlo scoppiare dalla rabbia. “A questo non arriverò mai!”, concludeva il Generale. E, infatti, non fece mai polemiche “cattive”.Si scaldava quando rispondeva ad un giornalista che aveva scritto di Subiaco, paese di nascita di Gina Lollobrigida, come di un villaggio “con una sola corriera polverosa al giorno”. Oppure contro chi non credeva nella scoperta e nel lancio di Livata (che lui si ostinava a chiamare all’antica “Olivata”).

Divenne un franco ammiratore del Senatore e Ministro Pietro Campilli, oriundo frascatano, che salutava pubblicamente a Subiaco col titolo di “San Pietro Campilli”!

Aveva ben presente la “tavola” delle necessità per la Subiaco di allora: una strada Subiaco-Livata; le attrezzature alberghiere e sciistiche; un acquedotto per Livata. Ma anche l’incremento dell’allevamento bovino di qualità; la valorizzazione turistica dei Monasteri Benedettini di Subiaco e degli altri Monumenti; l’artigianato locale..

Fu amico di molti a Subiaco e nelle “stanze” romane. Con il Presidente dell’Ente per il Turismo (EPT) di Roma Marchese Travaglini di Santa Rita fu in continua e fattiva collaborazione, per valorizzare l’opera del pittore Benedetto Tozzi, anche attraverso il Cenacolo di Incontri Artistici, con sede e operatività in Subiaco...

Per Livata s’impegnò a fondo e ne ebbe amarezze e soddisfazioni. La migliore soddisfazione fu di vedere l’avvio dei lavori della strada Subiaco-Livata, realizzati dal Corpo Forestale dello Stato,in economia, con i Cantieri-scuola, attraverso l’interessamento del Col. Angelo Crisci al Ministero dell’Agricoltura a Roma e del Maresciallo Fraioli, Comandante  la Stazione delle Forestali, a Subiaco.Per i Monasteri benedettini ottenne l’interessamento dell’Accademia di Svezia, che finanziò qualche iniziale restauro.