IL FABBRO

 

Ju feraru , Via dei Ferrari: nomi che indicano un mestiere ben noto.

In  quasi ogni quartiere c’era una bottega di fabbro che  si annunciava all’intorno per la fuliggine e l’armonioso e ritmico battere della mazza sull’incudine: uno spettacolo.

I curiosi potevano guardare, ma un po’ alla larga: “Dagliu feraru non toccà, alla farmacia non leccà”.Naturalmente l’inesperto si poteva ferire e scottare ( nelle vecchie farmacie ci si poteva avvelenare, “assaggiando” a caso tra le polveri dello speziale).

Tigni e cuci, si’ comme gli callarari”, si diceva di un terribile attaccabrighe.

Questi artigiani afferravano con una lunga pinza il pezzo, lo mettevano sulla brace e,quando era incandescente, lo appoggiavano sopra l’incudine e lo forgiavano con la mazza  dandogli la forma valuta:  zappa,  roncola,  ascia, inferriata,  portone,  vanga, cerchio per le bòtti, grandi serrature e chiavi, “ferri” per muli e asini, martelli, catene….Era l’antica arte e tecnica del “ferro battuto”.

I fabbri di oggi hanno capito che occorre produrre pezzi per la bellezza della casa, del giardini e dell’arredamento:sedie metalliche, “dondoli”, lampadari, “fiori”.

A proposito della pinza per manovrare il pezzo incandescente vale la pena di ricordare l’antica leggenda della tradizione ebraica. Dio avrebbe creato il mondo avviandolo alla sua trasformazione. Ma avrebbe immediatamente creato una  pinza-tenaglia bell’e fatta…. proprio per stringere per la prima volta il ferro rovente, batterlo e forgiare, tra l’altro, tante e tante altre pinze…. . Curioso no?

A Subiaco l’antica via dei Ferrari era percorsa dai contadini diretti anche nei paesi vicini: e così si rifornivano degli attrezzi necessari. Altre occasioni di acquisto erano le Fiere di merci, due volte all’anno.

Alcuni tipi umani di   fabbri sono restati nella  memoria: Natalino Renzetti, Antonio Melancia e Nazzareno Pelliccia.

Natalino ( soprannominato “ju ramàru”) era specializzato nel modellare i “rami” ( caldaie, tegami, conche, “soregli”, scallalétto”) e curava i rapporti “sindacali” con l’Associazione degli artigiani.

Antonio addestrò figli e lavoranti, si venne aggiornando fino alla fine e ha lasciato una bottega molto apprezzata dalla clientela. Si occupava anche di problemi comunali, proprio come gli artigiani medioevali.

Nazzareno amava scherzare e commentare i fatti del giorno con i passanti e curiosi, all’ingresso della sua bottega. Spesso ricordava fatti passati veri e documentati ( è stato una fonte per le ricerche storiche di Alessandro Scafetta).Qualche volta si divertiva ad inventare fatti strani  e inverosimili, come apparizione di draghi, l’arrivo di streghe,  le regalìe di ricconi ecc. Poi aspettava che la”notizia” gli ritornasse dalla voce di qualcuno che l’aveva ascoltata da qualche parte: un vero divertimento, non c’è che dire.

Il futuro del mestiere? Nel “battere e ribattere” souvenirs” per il turismo e oggetti per la casa, di gusto rustico. E senza uso di macchine curvatrici. Lavoro tutto fatto a mano… pardon, con gli  antichi attrezzi, fabbricati anch’essi con le loro mani!

Giuseppe Cicolini