UN
INEDITO DON PAOLO CAROSI O.S.B. e le “AUCTORITATES”
CLASSICHE SULLA STORIA SUBLACENSE
Per
evitare di essere ogni volta interpellato su fatti particolari o personaggi
della storia locale (così ci confidò, negli anni ‘60), Don Paolo Carosi -,
monaco benedettino in Subiaco, filosofo e storico - realizzò questo
manoscritto, un centone di notizie
storiche, citazioni, “auctoritates”sull’Aniene
e Roma, gli Equi e i Romani, costruzioni neroniane e antichi acquedotti di
Roma, il periodo pre-cristiano, inizi del Cristianesimo nella Valle
dell’Aniene, S. Benedetto e Subiaco, medioevo Sublacense, la prima tipografia
Sublacense, visitatori del Sacro Speco.
Trascriviamo
finalmente questi testi. In realtà, sono appunti molto sintetici, possibili
tracce per altre ricerche. Aggiungiamo che chi vuole può “verificarli”per
utilizzarli in scritti vari: saggi scolastici, articoli, ricostruzioni
storiche. Non sono destinati a storici qualificati, i quali dispongono di ben
altri mezzi di indagine .Si può così evitare, nel pubblico non specialista,
l’accumulo di citazioni approssimative. (AEQUA
ha uno stile diverso, più rigoroso). Anche per Subiaco, lo storico Antonio
Parisella sostiene che i saggi rigorosi possano convivere con ricostruzioni romanzate (più accessibili a un vasto
pubblico). E’ una nuova versione della vexata
quaestio, manzoniana, dei libri “misti
di storia e d’invenzione”. Inoltre quando si parla di bellezza o importanza
di luoghi e monumenti, riteniamo che, oltre agli autorevoli e solenni pareri
dei classici, sia opportuno accompagnare anche il parere di chi vive e scrive
qui e oggi…. Altrimenti siamo al solito “Ipse dixit”. Ciò posto, la parola ( anzi la penna) al
Prof. Don Paolo CAROSI.
ORIGINE
DEL NOME ANIENE
In
latino tre forme: Anio –onis; Anien –
enis (che prevalse);talvolta l’aggettivo
sostantivato Anienus- i ( vocativo
Aniene) . Origine leggendaria: Anio,
re dell’Etruria insegue Catèto, nobile romano che gli aveva rapito la figlia
Salèa. Non potendo raggiungere il rapitore, per disperazione si gettò nel fiume
Pareùsio, da allora detto Anio
(come il Tevere; Albula; Tiberis (ciò nei Paralleli dei Greci e Romani, opera che
probabilmente non è di Plutarco = “Parallelo 40°” (quarantesimo) l’autore della
vita di Aristide di Mileto e Alessandro Polistore.
L’ANIENE
E ROMA
a)Nel
494 a. C. Secessione del Plebei sulla riva destra dell’Aniene. Apologo di
Menenio Agrippa. Il luogo, dopo la pace, detto Monte Sacro.
b) Nel 211 a.C. mentre i Romani assediavano
Capua (Annibale)… si accampò nelle sponde dell’Aniene, a 3 miglia dalla Porta
Collina . “Hostis… apud Anienem” ( Cicerone, Pro Murena, 39)= il nemico alle
porte della città.
GLI EQUI E I ROMANI
a) Già
Virgilio tra i popoli che scesero in campo per Turno contro Enea ricorda, sotto
il duce Ceculo di Preneste, gli abitanti “ gelido Aniene” (Eneide, VII, 683) e
gli Equicoli guidati da Ufente (En. VII, 744-749).
b) Dagli
Equi o Equicoli e precisamente dal loro re Fertor Erresius i Romani al tempo di
Anco Marzio presero l’istituzione dei Feciali (Livio, I, 32).
c) Per due secoli gli Equi con i Volsci si
difesero contro i Romani, tanto da essere chiamati da Livio (III, 22) gli
“eterni nemici” dei Romani. A tale lunga guerra si riferiscono i noti episodi
di Coriolano (481 a.C invasione dei Volsci) e di Cincinnato ( 457 a.C.: gli Equi
assalgono l’esercito romano sul Monte Algido, presso Frascati, bloccandolo
nello stesso suo campo, impedendogli così la ritirata su Roma; l’esercito
romano fu liberato da Cincinnato. Nel 304 a. C. tutti i “castelli” degli Equi
furono inceneriti, e così gli Equi furono soggiogati definitivamente. La poca
popolazione restata formò la Tribù Aniense.
d) D)
Nella guerra contro Annibale gli Equi furono fedeli ai Romani. Tra i difensori
di Roma sono ricordati da Silvio Italico “quinque Aniensis habent ripas gelidique
rigantem Simbrivio rostrisque domonte aequiculo una” (Punica, VIII, 368-369).
ACQUEDOTTI PER ROMA
Su nove acquedotti destinati a Roma ricordata
di Frontino, quattro venivano dall’Aniene:
1: Anio vetus iniziato nel 272 a.C. e
finanziato col bottino riportato nella vittoria
su Pirro a Benevento. Presa sulla
sponda sinistra dell’Aniene vicino a S. Cosimato alla confluenza del Giovenzano
( Fiumicino).
2. Aqua Marcia (167 a.C. dal pretore Marcio).
3. Aqua Claudia iniziato da Caligola nel 38
d.C. e terminato da Claudio che lo inaugurò nel suo genetliaco: 1 agosto 52. La
presa del 2 e 3 acquedotto tra Arsoli e Agosta.
4. Anio Novus, anch’esso iniziato da Caligola
e terminato da Claudio. Presa verso il Barco tra Agosta e Madonna della Pace.
In seguito Traiano fece spostare circa 21 chilometri a est, ponendola a
sinistra sulla diga del primo e più alto lago neroniano.
COSTRUZIONI
NERONIANE
Verso
la fine della Repubblica i Romani cominciarono a considerare la regione
dell’Aniene come uno dei più ricercati luoghi di soggiorno estivo. Perciò in un
primo tempo si fermarono a Tivoli, dove sorsero numerose villa tra cui alcune splendide e il cui ricordo è
immortalato da Orazio, Properzio,Stazio.
Nerone fu quello che prescelse l’alta valle
dell’Aniene. Le opere neroniane sono:
a) tre
dighe: la prima alcune decine di metri
prima di Ponte S. Mauro, la 3° verso l’attuale Ponte S. Antonio.
b) altra
magnifica villa, detta Sublaqueum. Iniziata appena asceso Nerone all’impero, poiché
sappiamo che già nel 60 essa era in uso. Gli artisti, gli stessi della Domus Aurea di Roma, gli architetti
Celere e Severo e il pittore Amulio. Nel 60, mentre Nerone banchettava nella
sua villa Sublacense, un fulmine colpì le mense (Tacito, Annales, XIV, 22),
anzi, secondo una tradizione riferita da Flavio Filostrato l’Ateniese (prima
metà del se. 3°) nella vita di Apollonio di Tiare, il fulmine avrebbe colpito la
stessa tazza di Nerone. Il popolo romano interpretò il fatto come una
disapprovazione degli dei; e incominciò a parlare di un successore di Nerone:
il povero Rubellio Plauto oriundo di Tivoli, successore designato dalla voce
del popolo, dovette andare in esilio in Asia con la moglie Antistia.
c) Via
Sublacense. Si staccava dalla Valeria al 36° miglio. Aveva più o meno il
tracciato attuale.
BREVE
BIBLIOGRAFIA PER IL PERIODO PRECRISTIANO
Frontino, De aquaeductu Urbis Romae
Tacito, Annales,
specialmente libro XIV, 22
Molte testimonianze di scrittori greci e latini sull’Aniene e sulla regione Sublacense.
Sono raccolti in: 1) Cluveri Ph., Istoria antiqua, Lerida 1624, vol. i, pp.
711-714. 2) Vulpi J.R., Vetus latinum profanum, t, X parte II, Roma 1745, pp.
481-514.
INIZI
DEL CRISTIANESIMO NELLA VALLE DELL’ANIENE
I
centri abitati più antichi sono Trevi, Affile, Carsoli. Subiaco comincia
probabilmente con Nerone (Pianigliu).
Dell’antico paganesimo restano pochi ricordi.
1) La Morra Ferogna, (ricorda la dea Feronia/ dea delle fiere= la Circe
omerica; ovvero dell’agricoltura, , dal verbo fero-fers). 2) Il cippo al dio Silvano, trovato a S. Giovanni dell’Acqua.
Il cippo era stato dedicato dal liberto Sesto Azio Dionisio, ora si trova al
Sacro Speco.
b) Nella zona Sublacense la religione
cristiana forse fu portata dalla stessa Corte di Nerone, dove c’erano già
cristiani (cfr. Filippesi, 4,22.) La tradizione parla di martiri al tempo di
Nerone, precipitati dalla rupe della Morracasca. Epitaffio di Livia Picaro a
Vignola CIL, XIV 34-59.
Il
Cristianesimo venne dalla zona di Tivoli. Ciò spiega perché la più antica
chiesa Sublacense fosse dedicata a S. Lorenzo martire, e perché la regione Sublacense
fu sotto il vescovo di Tivoli finché non divenne Abbatia Nullius.
c) Al tempo di S. Benedetto non compaiono pagani
nella zona. C’è un parroco, Fiorenzo, probabilmente della chiesa di S. Lorenzo;
ci sono già dei monasteri: per esempio quello dove S. Benedetto fu invitato
come Abbate, e poi corse il rischio di essere avvelenato; e quello sul Talèo,
governato da Adeodato e a cui apparteneva il monaco Romano.
MEDIOEVO
SUBLACENSE
Dei primi secoli dopo la partenza di S.
Benedetto si sa poco. Non pare che i
Monasteri siano stati distrutti dai Longobardi. Comunque vivono vita molto
oscura. Nel sec. IX i Saraceni (Agareni)
invadono ripetutamente la regione di Subiaco devastando i monasteri: Saracinesco,
Anticoli, Paganico, sono colonie di Saraceni. Nel sec. X avviene un doppio
mutamento. 1) Il Monastero comincia
ad emanciparsi dalla giurisdizione spirituale
del Vescovo di Tivoli, avviandosi a diventare “Abbatia Nullius”. 2) Per opera
del principe romano Alberico II (932-954), figlio della famosa Marozia, il
monastero registra grandi possessi e diviene un potente dominio feudale. I più
grandi Abbati, Umberto (1051-1065) di cui resta il meraviglioso campanile
(1052); Giovanni V (1065-1117) il primo costruttore della Rocca Abbaziale di
Subiaco. Nel secolo XIII i grandi abbati costruttori: Romano, Lando, Enrico.Nel
1363 l’abbate Bartolomeo espelle tutti i monaci nobili italiani e ricorre a
stranieri: comincia così un nuovo periodo.
LA
PRIMA TIPOGRAFIA ITALIANA
Lotta
a Magonza tra il vecchio arcivescovo
Diether e il nuovo Adolfo di Nassau, riconosciuto dal Papa e dall’Imperatore.
Città espugnata nella notte 27-28 ottobre 1462. Due tipografi della tipografia di Schoffer
vennero in Italia: Corrado Scheinheim e
Arnoldo Pannartz. Il monastero di Subiaco era abitato in gran parte da monaci
tedeschi, ciò spiega come i due tipografi si siano recati a Subiaco; abbate commendatario
era Giovanni Torquemada, dominicano e zio di Tommaso, il grande inquisitore.
I libri stampati a Subiaco furono sono
quattro.
1. Donato
Pro
puerulis, grammatica latina in 300 esemplari: non se ne conserva
alcuno. Però secondo il cronista D. Meltido Dolci (1830) nel secolo scorso ne possedeva
un esemplare la famiglia romana Di Pietro, nota per i suoi cardinali.
2. Cicerone,
De
oratore: nessuna copia a Subiaco (375 copie).
3. Lattantio,
una copia a Subiaco, (275 copie).
4. S.
Agostino, De civitate Dei (275 copie). 2 copie a Subiaco.
Nel 1467 cessa l’attività dei due tedeschi a
Subiaco. Trasferiscono tutto a Roma.
RICORDI DI VISITATORI AL SACRO SPECO
1.
S.
Francesco, forse nel 1224; “lasciò” il suo ritratto.
2.
Petrarca,
visitò lo Speco verso il 1350. Lo chiamava “Paradisi
limen”.
3.
Pio
II vi fu nel settembre 1461: “Nido di
rondini”.
4.
Bello
l’elogio del Montalembert (che vi fu nel novembre 1850), all’inizio del 3°
libro della “Storia dei monaci d’Occidente”.
5.
Rénan
(17 sett. 1877). Al figlio: “Qui bisogna
credere o andarsene”. Preferì andarsene.
Come si vede, si tratta di rapidi
appunti, ma possono essere la base per ulteriori approfondimenti.
A cura di Giuseppe Cicolini