-D. GIOVANNI (GUERRINO) PELLICCIA, “PAOLINO”, STORICO, DI ORIGINE SUBLACENSE (  1912 -  1991)

 

Don Giovanni Guerrino Pelliccia nacque nella campagna romana - località Valle Caia - tra Santa Palomba e la Via Nettunense - da una famiglia di Subiaco , di Santa Maria della Valle. Frequentò le scuole elementari nell’Agro Romano, vicino alla Magliana , nella Parrocchia della Madonna di Pompeo. A Subiaco frequentò la Scuola Tecnica Paterna, una scuola privata. La tradizione benedettina sarà determinante per la sua formazione. Ma  egli sceglierà  la  Pia Società San Paolo, attratto dal carisma del fondatore Giacomo Alberione : la diffusione del Vangelo con i mezzi più moderni della comunicazione sociale. S. Benedetto e l’ ”Ora et labora” resteranno come  fondamento della sua ricca personalità d’uomo, di sacerdote e di studioso. In effetti ha duramente lavorato nel ministero sacerdotale, nella studio e nella ricerca- ed ha pregato incessantemente per sé e per gli altri, in una pastorale della cultura, segno distintivo del “carisma paolino” della Società di Don Alberione.   Tornava a Subiaco frequentemente  per le vacanze, per i contatti con i parenti e gli amici e altri sacerdoti sublacensi. Egli  non era il solo sacerdote di origine sublacense impegnato in importanti studi di portata generale: anche altri lavoravano a Roma e si  incontravano spesso proprio a Subiaco. (Così accadeva ad esempio con il Canonico lateranense Don Benedetto Cignitti, a sua volta collaboratore della “Bibliotheca Sanctorum”).

Il padre di Don Giovanni, Giacomo, era  un “caporaletto” nella campagna romana e il giovane Guerrino fu costretto a seguirlo nei  lavori stagionali in località varie e diverse dell’Agro Romano.

Quella  allora era una compagna povera, non certo punteggiata come oggi, da ville, villette e bar.

Fu sorprendente quindi che il ragazzo Guerrino intraprendesse gli studi secondari, con grandi sacrifici e avventure. Sorprendente anche che il padre Giacomo, dati i tempi e le ristrettezze economiche, intuisse la capacità e volontà del suo ragazzo di impegnarsi in studi lunghi.

Sta di fatto che Guerrino divenne geometra mediante la Scuola Tecnica Paterna  a Subiaco,  che sembrava già troppo "alta", per una famiglia modesta “della Valle”, senza risorse e con lavori “girovaghi”. A Subiaco ricevette la prima Comunione e Cresima.

Occasionalmente il padre lavorava dalle parti dell’Ostiense, dove già allora era una sede della Pia Società San Paolo, che gio giovane Guerrino aveva conosciuto e frequentato.

Il padre prese il coraggio a due mani e chiese al Padre Maestro dei Paolini: “Questo ragazzo ha già frequentato la scuola tecnica a Subiaco, se studiasse da voi potrebbe diventare un sacerdote come tutti gli altri?”.

“Certo che potrebbe !”, rispose  il Padre Maestro.

Allora anche Guerrino prese coraggio e disse francamente a suo padre e al Padre Maestro che era sua ferma intenzione entrare nel seminario dei paolini, farsi sacerdote e mettersi a disposizione del Padre Fondatore Don Giacomo Alberione ( che conobbe quasi subito).

Era colpito dal potere dei libri, delle riviste, dei giornali e della radio per diffondere idee e fatti negativi, ma anche per diffondere il bene, il Vangelo: bastava essere molto colti e professionali con questi antichi e nuovi mezzi della comunicazione sociale.

S’innamorò degli studi classici e soprattutto della lingua e letteratura greca, di filosofia, soprattutto di storia moderna . Questo  prova che gli studi umanistici in giovanissima età non sono l’unica introduzione agli studi filosofici e teologici: si può partire da qualunque base culturale, purché ci sia motivazione e volontà e, nel caso di Don Giovanni, soprattutto la vocazione sacerdotale. Inoltre non si può avere fretta, anche se ci sono urgenze pastorali e dell’attualità. Si può studiare intensamente anche fino a 30/35 anni, intervallando lo studio con servizi pastorali, liturgici e catechistici in qualche parrocchia.

Fin dall’inizio era solito ripetere:”Sono nelle mani di Dio Benedetto”, un’ espressione di umiltà profonda e rara oggi, perfino nella bocca di uomini di Chiesa, tutti presi dall’attivismo.

Ma quando era necessario anche Don Giovanni sapeva attivarsi, come quando al tempo dell’occupazione nazista aiutò molti civili e militari che alla “Montagnola”, vicino alla sede paolina di Via di Grottaferfetta, si batterono contro le truppe di occupazione tedesca, all'indomani dell’otto settembre 1943.

Latino e greco: due passioni di Guerrino, con questa differenza fra le due lingue classiche, fondamento della tradizione  umanistica occidentale .

Il greco cominciò ad insegnarlo agli allievi paolini più giovani e anche ai coetanei,  abbozzando un nuovo testo di Grammatica greca. Quando poi pubblicherà questa Grammatica, essa divenne la più adottata nelle scuole superiori: il “ Rocci & Pelliccia” divenne quello che per il latino era il Campanini & Carboni.

Con il latino sembrava avere un conto aperto.

Non che desse poca importanza alla lingua di Roma, ma era contrariato dalle secolari pratiche scolastiche relative all’insegnamento della lingua latina : tutto grammatica e sintassi; poca lettura dei classici; pedanteria ossessiva. Dopo molti anni di studio di latino, nessuno “parla” questa lingua - non per nulla definita “morta” - nessuno traduce correntemente neanche un semplice testo o - “ictu oculi”- una  semplice scritta latina in una lapide o un antico cartiglio. Sembrava di stare sempre all’anno zero, tranne che per pochissimi privilegiati, destinati ad insegnare ad altri pochi privilegiati. Per l’intera popolazione c’era il “latinorum”……..

L’abbandono del latino nella scuola media, nella liturgia (tranne che in alcune preghiere assolutamente non dimenticabili), lo scarso successo dell’Istituto che la Santa Sede ha voluto proprio per un’alta pratica della lingua latina ad uso della Chiesa universale (Institutum linguae latinae escolendae”), sembrano dare ragione alle preoccupazioni di Don Giovanni Pelliccia.

Tanto vale, egli ripeteva, dare al latino, per tutti gli studenti, un tempo limitato con metodologia rinnovata e fondata, appena possibile, sulla lettura dei classici, e poi passare all’inglese!”.I latinisti poi, si potranno specializzare a piacimento…”.

Personalmente egli studiò il latino, il greco e l’inglese fino a diventare uno storico di vaglia sulla storia moderna dell'Inghilterra e in lingua inglese.

Il suo percorso di storico era cominciato con la tesi di laurea “La formazione del clero romano nel ‘500”, divenuta un classico ( tema sul quale tornerà, come suole avvenire per molti studiosi) per tutta la vita. Associandovi lo studio per l’ istruzione-educazione delle donne e la “Storia della scuola  primaria a Roma dal secolo XVI al XIX”(1513-1829” Edizioni dell’Ateneo. Quest’opera monumentale, recensita e discussa in  importanti convegni, doveva essere seguita da una “Rassegna comparata dei maestri e delle maestre operanti in Roma da Leone X a Leone XII, 1513-1529, restata, per ora, inedita.

Sembra di intravedere in questo interesse, sia pure con il filtro dello storico, il desiderio che la cultura sia per tutto il popolo e non solo per i privilegiati. Dal 1940 avviò il primo Ufficio Edizioni paolino, la Casa degli Scrittori e il Bollettino bibliografico internazionale

Altro tema di studio fu la storia del Concilio di Trento, la storia della Chiesa in generale, la storia della stessa Pia Società San Paolo, il commento alle grandi encicliche papali.

Il metodo di studio e di ricerca era  sistematico e critico, fino allo scrupolo.

Per lui le ricerche dovevano essere quasi sempre “di base”–“a tappeto”- come egli diceva : “Nessuno deve essere costretto a ripetere una ricerca dall’inizio…dopo che io l’ho condotta a termine”.

Dalle 8 alle 13, ogni giorno lavorava negli archivi romani  (specialmente l’Archivio Apostolico, del Vicariato e l’Archivio di Stato) riempiendo a mano centinaia di “schede” , che il pomeriggio poi sviluppava in “schedoni” e in pagine di scrittura semi-definitiva. Era uno studioso dell’analisi:ogni dato e data venivano  sottoposti ad una  revisione critica puntigliosa da parte di incaricati “ad hoc”.

 Prima di fare sintesi e quadri d’assieme, aveva bisogno di molte analisi puntigliose. Questa metodologia veniva realizzata soprattutto nella Casa degli Scrittori della Pia Società S. Paolo ad Albano Laziale, in cui Don Giovanni fu ospite per molti anni. Nel contempo era impegnato come Cappellano nel vicino Ospedale “Regina Apostolorum”, gestito dalla stessa Società S. Paolo.

Tra i maggiori  storici godeva di grande prestigio. Uno studioso straniero, Mons. Hubert Jedin, diceva :”Voi a Roma avete “Pellizzi”- pronunciando alla tedesca - , uno storico molto importante! Lavoravamo insieme all’Archivio segreto vaticano”.

Sui temi della storia della Chiesa si incontrava e scontrava con altri specialisti e storici delle religioni: il prof. Ambrogio Donini, di scuola marxista, gli manifestava grande stima .

Nella conversazione comune, dava l’impressione di una grande pazienza, di saper bene attendere il suo “turno di parola” e, se l’interlocutore sbagliava una parola, un accento o un concetto, invece di rimbeccarlo immediatamente , usava riprendere il discorso, e, dopo un po’ ripetere, con naturalezza, in modo corretto,  la parola,l’accento o il concetto sbagliato. Era una questione di stile: verità e carità.

La conoscenza della lingua e della storia inglese lo portò a Londra per dirigere quella sede delle Edizioni Paoline ( ora Edizioni S. Paolo), dove fu anche economo e maestro dei novizi . In Inghilterra svolse  inoltre il suo ministero sacerdotale e tenne corsi accademici. Aveva già tenuto corsi accademici sul cosiddetto “The Popish plot”, “il complotto papista”, cioè la “congiura delle polveri” del 1630.

Trattò anche dei ”Recusanti”, gli eroici cattolici che, all’epoca delle persecuzione di Elisabetta d’Inghilterra e di Cromwell, subirono la persecuzione pur di restare fedeli al loro Battesimo e all’unione con Roma. Altri  studi e corsi riguardarono l’emigrazione italiana in America e il Vicereame di Napoli.  Talvolta effettuava ricerche anche in piccoli archivi sparsi per l’Italia. Ha avuto anche la fortuna di rinvenire qualche interessante inedito, da pubblicare con notevole apparato critico. Quando il tema non era storico, affidava il testo inedito ad altro specialista amico. Stimava anche le ricerche di storia locale e le “microstorie”, considerandole tessere di un mosaico più grande. Anche durante le vacanze estive nella casa paolina di Prati di Tivo di Pietracamela (Teramo) non mancava di ascoltare i vecchi e cercare nell’archivio parrocchiale o nella biblioteca.

Questa sua presenza del mondo della cultura accademica e nell’editoria specialistica  lo fece divenire apprezzato amico di molti protagonisti del tempo: Don Giuseppe De Luca, direttore delle “Edizioni di Storia e Letteratura”, del biblista Don Giuseppe Ricciotti, dello storico dell’arte Mons. Ennio Francia e di molti altri.

Don De Luca disse : “Le sue ricerche sono come i ghiacciai: sono molto in alto e quasi non si vedono tra le nubi , ma senza di loro non si potrebbero fare la più modesta  divulgazione  scientifica”.

Nel 1977 pubblicò un volume che è ancora attuale, dal titolo “L’eutanasia ha una storia?”.

Arrivato ai cinquant’anni, i Superiori paolini cessarono di dargli indicazioni precise di studio e  gli dissero genericamente di continuare con la storia. Per anni lavorò all’Istituto per la “Bibliotheca Sanctorum”, intrattenendo rapporti epistolari con molti specialisti di tutto il mondo. Una procedura indicativa del suo carattere di uomo e di studioso era quella di tenere il testo di una lettera circolare ai collaboratori della “Bibliotheca Sanctorum“ “in macchina” anche per quindici giorni, per non rischiare di dimenticare qualche particolare. Non c’era ancora Internet per poter inviare la posta velocemente e  a tutti. Ogni tanto si lamentava che solo una volta all’anno l’UNESCO pubblicava l’indice dei libri storici apparsi nel mondo…..

Oggi avrebbe goduto di notizie in tempo reale, appunto mediante Internet.

La conseguenza di aver  operato e scritto “prima” dell’avvento di Internet è che oggi alla “voce” “Giovanni Guerrino Pelliccia” nulla appare: ecco perché ci vogliono iniziative (articoli, convegni, pubblicazioni, e appunto un punto nel sito web,  della Società S. Paolo) perché non si arrivi ad un ingiusto oblio……

 Don Pelliccia, che era stato libero docente di storia moderna alla Sapienza di Roma ( a proposito, aveva dimostrato che nella Roma papale le “Sapienze” erano molte: dovunque ci fosse un gruppo dedito a studi filosofici o teologici, contrassegnato dal motto “Initium sapientiae timor Domini”), accettò un incarico d’insegnamento nell’Università di Bari.

Per anni fece la spola tra Roma e Bari: tenne corsi, guidò la stesura di molte tesi di laurea, fu molto attivo.

Negli ultimi anni, nella Sede generalizia di Via della Fanella continuò a studiare. Si rammaricava di poter studiare ormai solo tre ore al giorno perché la salute non lo assisteva più.

Gli costava fatica parlare in pubblico e soprattutto parlare ai ragazzi, rammaricandosi di non sapersi destreggiare durante una lezione lunga e complessa, se non con qualche battuta scherzosa e qualche sorriso…. Sono i limiti dello specialista.

Ma al di fuori delle lezioni, era faceto e riportava storie e storielle umoristiche. A proposito della lingua inglese rideva sul fatto che una grande strada si dica “street”, che un bravo ragazzo si dica “boy” (quasi boia), e che formaggio di dica “cheese”, come una parolaccia  del dialetto dell’Italia meridionale……

Oltre ai grandi libri, scrisse interventi e articoli, anche legati ai dibattiti nella cultura e nella Chiesa.

Indichiamo alcuni titoli:

“S. Carlo Borromeo e Roma”

“Schede critico-bibliografiche sul prete di oggi”

“Come studiare i processi di canonizzazione di un santo”

“Il primo beato della Pia Società S. Paolo.- il sac. Giuseppe Timoteo Giaccardo (1896-1948)

“Occhio alla Riviste del novecento!”

“Roma cristiana e l’educazione della donna nel ‘5-600”

“Il servo di Dio Don Giacomo Alberione fondatore della Società San Paolo (1884-1971)”

“Ricordando un grande storico della Chiesa Mons. Hubert Jedin”

“Educazione femminile a Roma nei secoli XVI-XVII”

“Il bavarese Valentin Ickelsamer (1500?-1550?) inventa il “metodo fonico” per insegnare facilmente a leggere la bibbia anche agli autodidatti”

“Rileggemdo l’Enciclica ‘Redentore dell’uomo’ di Giovanni Paolo II”

“Una chiave di lettura dell’Enciclica “Laborem exercens

Lo studio del prete ieri e oggi”.

Coordinò l’équipe  delle pubblicazioni di “Storia della Chiesa” e  “Dizionario degli Istituti di Perfezione”.

Diresse l’Enciclopedia “Le nove muse”e scrisse i due volumetti Intitolati “Popoli e civiltà”, con la voce “Religione”.

 

 

Indendeva la conversazione come una comunicazione densa di contenuti e di emozioni, mai banale. Quindi si impegnava con rispetto dell’altro e serietà anche in una conversazione comune. Quando poi si passava alla discussione, ad un certo punto quasi invariabilmente diceva:”Adesso sospendiamo. La mia salute ora non mi permette di continuare… riprenderemo domani”: Saggezza e stile. Nella sede di Via della Fanella arrivavano confratelli da tutto il mondo. Per lui erano una fonte diretta di preziose informazioni, che sapeva ben valorizzare.

Gli fu (forse) fatale una discussione sulla Massoneria. Un confratello si dichiarava possibilista circa l’ammissibilità della Massoneria da parte della Chiesa Cattolica . Don Giovanni era irriducibilmente contrario a questa opinione: la Chiesa si era espressa per la condanna della Massoneria, quale “machinatio continua” e per lui questo bastava. Si sentì male e prima di perdere le forze disse: “Chiamatemi un confessore e datemi l’Unzione”.

Il funerale si svolse nella chiesa paolina Santuario Regina Apostolorum di Via di Grottaferfetta.

Era stato il primo sacerdote paolino originario della provincia romana.

Resterà un  grande modello di uomo, di sacerdote, di scrittore e di storico.

Certo i suoi maggiori libri non sono fatti per “fare cassetta”: sono per accademie, biblioteche, università a qualche specialista. Non “rendono” economicamente ma guai se non ci fossero: saremmo sempre al semplice giornalismo, che la Società S. Paolo ( quella di FAMIGLIA CRISTIANA) non disdegna, ma che  deve fondarsi anche su studi più completi e complessi.

Giuseppe Cicolini

 

 

LA SCUOLA PRIMARIA ALLA PROVA DELLA STORIA  -   CONFRONTI RAPIDI SU         IERI – DAL 1513 AL 1870 – Stato Pontificio -  e            OGGI ( mentre si sta avviando faticosamente la  cosiddetta “riforma Moratti)

 

 

CURIOSITA’ E SPIGOLATURE DESUNTE DAL VOLUME

LA SCUOLA PRIMARIA A ROMA DAL SECOLO XVI AL XIX  (1513-1829)

I-analogie e accostamenti tra la SCUOLA PRIMARIA di IERI e di OGGI

 

 

LA SCUOLA PER CHI?

 

IERI

 

Prima del 1848 “Roma  primeggiava per l’istruzione tra tutte le città del mondo”, con “istruzione ed educazione superiore, elementare e primaria con ogni sorta di istituzioni, numerosi stabilimenti scientifici,università,seminari,licei,ginnasi, collegi, pubbliche scuole comunali, elementari,accademie, società scientifiche,artistiche, letterarie,biblioteche, musei,” anche per la gioventù più bisognosa . In parte anche la provincia romana e il Lazio registravano una discreta presenza di scuole parrocchiali . Il problema era continuare a praticare la lettura e la scrittura . Spesso di ricadeva nell’ “analfabetismo di ritorno”.                                                                                             OGGIOggi

Vige il diritto-dovere dell’istruzione (un tempo chiamato “obbligo scolastico”) : tutti i bambini e i ragazzi frequentano la scuola primaria (già “scuola elementare”, la scuola secondaria di primo grado (già “Scuola media”. Problemi restano per i più poveri, per i diversamente abili per i Rom e Sinti e, in parte, per gli immigrati       Per gli adulti ci sono solo pochi Centri Territoriali Permanenti per l’Istruzione e l’Educazione in Età Adulta (annessi ad alcune scuole e gratuiti) varie biblioteche pubbliche e poi una congerie di iniziative di cultura, tempo libero e sport, quasi tutte a pagamento. Spiccano -anche per le difficoltà in cui versano fuori Roma- le Università Popolari o della Terza Età.

Ci sarebbero la radio e la televisione –e specialmente il servizio pubblico radio-televisivo. Ma, escludendo il terzo programma della radio-RAI –improntato al sapere – tutti gli altri programmi sono “a rischio” di banalità, spazzatura e nocivi, senza una bussola critica individuale. Le televisioni e radio private non  sono commerciali ma quasi solo commerciali: se potessero irradierebbero solo spot pubblicitari a pagamento….

Nelle edicole dei giornali c’è di tutto, nel bene e nel male: occorre un forte criterio di scelta. Il computer e Internet  sono attualmente strumento di studio e cultura solo nel 20% dei casi: negli altri casi si tratta di pura evasione o pericolo di pornografia, “spam” e facezie varie. Ci vuole moltissimo controllo critico e……. finanziario

Insomma la situazione  registra chiari e scuri. Ma chi vuole studiare studia. Chi vuole perdersi e perdere tempo ha tutte le facilitazioni.

 

 

 

 

 

LA SCELTA SCOLASTICA

 

Ieri

“Alle soglie del secolo XVI

“Scuole parrocchiali (purtroppo languenti), scuole comunali (più o meno precarie),numerose scuole private (più o meno efficienti), contubernia  o  “ dozzine”  dei maestri ( in cui gli allievi  vivono addirittura in casa dei maestri), collegi, pedagogia,convitti,pensionati, spesso collegati con le università, le quali erano provviste non di rado, di scuole preparatorie o primarie. Non v’era città che non avesse la sua scuola di latino”.

Oggi

Scuole dell’infanzia (già scuole materne), comunali, statali, paritarie –gratuite – scuole private –a pagamento. Quasi sempre si paga un contributo per la mensa.

Scuole primarie statali, paritarie. Private.

Scuole secondarie di primo grado statali, paritarie, private.

Scuole secondarie di secondo grado  statali, paritari, privati ( con la riforma in fieri si chiameranno Istituti Superiori).

Scuole professionali statali, paritarie, private.Corsi professionali regionali.

Centri Territoriali Permanenti  (adulti)

 

CHI SONO I DOCENTI E COME SONO FORMATI

 

IERI

I ‘Grammatici’ dell’Urbe o maestri rionali erano membri del corpo dell’istessa Sapienza, o università romana” e dipendono direttamente per la licenza di insegnare e per la valutazione direttamente dal Card. Camerlengo, Cancelliere dello Studium . Sono in tutto in numero di tredici; quattordici,  quando Sisto V creò il rione Borgo. Accanto a loro operano maestri subordinati( con scuole “private propinque”). Gli uni e gli altri poco retribuiti. La formazione dei maestri durava mediamente 9 anni con gli insegnamenti di grammatica, letteratura, filosofia, matematica, tre anni di teologia, più, ovviamente,  tecniche di insegnamento nella scuola primaria. Nella didattica si valorizza il mutuo insegnamento e ai monitori (alunni più bravi protagonisti). I pedanti sono gli accompagnatori nei “passeggi” e assistono gli alunni nella giornata.

Poi ci sono i professori di retorica e i docenti dell’università, tutto personale preparato nella università stessa.

 

 

 

OGGI

 Insegnanti della scuola dell’infanzia, formati dalla Scuola Magistrale. Insegnanti della scuola primaria (già maestri elementari) formati fin da ora dalla scuola secondaria quinquennale, più almeno tre anni di Università,  due anni “ a contratto” di formazione & lavoro, più concorso in una specifica scuola.

Prende vigore  il ruolo dei Dirigenti scolastici della “scuola autonoma”, che possono  dirigere ogni tipo e livello di scuola, a prescindere dalla loro scuola di provenienza in quanto docenti. I caratteri sempre più spiccati di managerialità fa ipotizzare che i futuri Dirigenti Scolastici o siano nominati per concorso anche da fuori della docenza, oppure che siano indotti ad un tirocinio –come docenti- in tutti i principali tipi e livelli di scuola.

La retribuzione degli insegnanti è ancora in attesa di rivalutazione che la rende di livello europeo. Se ne parla molto, anche per la valorizzazione del prestigio sociale della professione docente.

L’autonomia delle singole istituzioni scolastiche e la regionalizzazione galoppante della organizzazione e funzionamento di tutte le scuole, ha reso evanescente  il ruolo degli ispettori tecnici ministeriali ( ora denominati Dirigenti Tecnici presso il MIUR), verso un corpo di ispettori delle singole Regioni, come in Spagna.

 

LE SCUOLE PARROCCHIALI DI DOTTRINA CRISTIANA

 

IERI

Nelle scuole parrocchiali di dottrina cristiana ( ad integrazione dell’insegnamento impartito in famiglia da “genitori, tutori, padrini, padroni”) ovviamente si insegnava il catechismo. “Con la famiglia e la parrocchia collaborano molte altre istituzioni: scuole, collegi, ospizi, conservatori, ospedali, istituti religiosi”.”L’importanza che si dava all’insegnamento della dottrina cristiana aveva una suggestiva manifestazione nel padrinato e marinato del catechismo –“compare e comare del catechismo” –

Scuole parrocchiali festive di dottrina cristiana, gestite da varie Confraternite, e nelle località rurali del suburbio romano,   dai Preti della Missione.

Il testo-base era il catechismo del Bellarmino.

I catechisti sono ” tutti gli ecclesiastici ascritti o dimoranti nell’ambito della parrocchia e maestri e maestre ivi operanti” .

”Li rudimenti o somma di essa dottrina christiana, cioè Pater noster,Ave Maria,Credo,Precetti di Dio e della santa Chiesa,li sette sacramenti,li sette peccati mortali e le quattordici opere della misericordia, corporali e spirituali”, in latino “ et in lingua volgare”.

A cercare  e radunare fanciulli per le strade vengono mandati i “pescatori”, che assegnano  i maestri alle singole classi.

Un editto “ricordava l’impegno della Chiesa dell’Urbe per insegnar dottrina cristiana ai campagnoli prima che si recassero nell’Agro alla mietitura”.

I maschi erano separati dalla bambine dopo i sette anni di età:  in parrocchie diverse, con locali diversi, locali con teloni divisori o di spazi sufficientemente distanziati.

Nelle scuole rionali maschili “si coltiva il Salterio come lettura e come riflessione”. Per dare concretezza e regolarità  a quell’insegnamento, si stabilì che i maestri vi attendessero nelle loro scuole almeno una volta alla settimana. A vigilare su tale insegnamento sono incaricati i parroci, i maestri capi dei singoli rioni, i Visitatori deputati dal Rettore della Sapienza, i Visitatori Apostolici .

A chi  non è diligente viene minacciato  il castigo del S. Michele, ossia la reclusione cella Casa di Correzione eretta da Clemente XI nell’‘Ospizio apostolico”.

La lista degli assenti doveva essere rimessa al maestro-prefetto del rione da parte del decurione.

Nelle scuole rionali femminili . Vi insegnano il catechismo le Maestre delle  scuole del Papa e le Maestre Pie “ le quali attesa la bontà de’ loro costumi e la capacità d’insegnare alle fanciulle la dottrina cristiana,sì come l’insegnano, tanto nelle scuole, che nella chiesa parrocchiale sono in Roma stabilite colle dovute licenze”.

In altre istituzioni. Il Card. Vicario “ ricorda inoltre a tutti li settori e maestri de’ seminari e collegi et a tutti li padri e madri di famiglia, di essere diligentissimi  in insegnare a fare insegnare la dottrina cristiana anco nelle proprie case”.

Così negli ospizi, conservatori, ospedali e apprendistati, “l’insegnamento della dottrina cristiana  era alla base della educazione e degli apprendistati”.

         Nelle Confraternite, oltre la recita di molti salmi,dell’ufficio della Madonna e di altre preci vocali, il Cappellano doveva assicurare l’insegnamento della dottrina cristiana. In forma catechistica, per non altre mezz’ora.

Per elevare il livello dell’insegnamento sorsero Ordini e Congregazioni:Gesuiti,Dottrinari,Scolopi,Lasalliani, ( per gli allievi maschi) e Gesuitesse, Convittrici del Bambin Gesù, Maetre Pie, ecc..).

Quanto ai metodi d’insegnamento della dottrina cristiana essi erano lagamente basati sulla memoria, “soccorsa dagli esempi e dalle similitudini dimostrative e spronata dalla interrogazioni,recite,dispute,sermoncini e rappresentazioni”.”I maestri procurino di far intendere a i figliuoli quel che hanno imparato a mente”, mediante piccoli trucchi: domande “alternative” e improvvise, richiesta di riassumere un tema, interruzione della recita a memoria…

Un riferimento obbligato era S. Agostino, maestro impareggiabile di catechesi, il cui metodo egli espose nel suo “De catechizandis rudibus”.

Prima delle lezioni un incaricato “disporrà i banchi, tavolino, campanello, orologio “ libretti o altro occorrente “.

I fanciulli venivano radunati “da un fratello dell’Arciconfraternita della Dottrina Cristiana - il così detto Pescatore – con la croce e il campanello per le strade entro i confini d’ogni Parrocchia, dicendo: ‘Padri e madri, mandate i vostri figli alla dottrina cristiana; se non li manderete, ne renderete conto a Dio  “ .

Durante la lezione agivano i Silenzieri per controllare tutti. Al termine, tornando a casa, accompagnati, almeno per un tratto, dal pedante  i fanciulli “vadano modesti e senza fermarsi qua e là, senza far chiasso né danno, e si qualcuno li offende, non si vendichino, ma dirgli con calma ‘ Dio ti dia la grazia  di pentirti di qualunque cosa tu hai fatto di male. Non imprecare, non giurare, non mentire, non dire parolacce. Non giocare alla carte  né ai dadi…..”

Inoltre “si abbia un buon comportamento coi mendicanti, i poveri, i forestieri,le persone altolocate, i superiori, quando si va a letto, quando ci si alza, le pratiche devozionali quotidiane”.

Nelle feste  si realizzavano varie rappresentazioni, ma c’era il pericolo di “inconvenienti e disordini”. Ogni anno la disputa solenne tra rappresentanti di tutte le scuole “con le elezione dell’Imperatore di tutte le dottrine”.

“Scuole di dottrina cristiana e istruzione abbecedaria”.

Spesso si associa alla dottrina cristiana, in modo naturale, “l’istruzione abbecedaria e aritmetica” ( il classico leggere, scrivere e far di conto) .

Scuole e maestri rionali. I maestri sono i “grammatici “ dell’Urbe, vantavano l’origine della loro scuola - ospitata in edifici pubblici e del loro stipendio dello Stato  - dall’imperatore Alessandro Severo nel 222, con conferma dagli imperatori cristiani e riconosciute nei Codici Teodosiano e Giustinianeo. Erano incorporati nella Università o Sapienza Romana.

          Nel 1431-2 Papa Eugenio IV istituisce la Gabella dello Studio (tassa “sulla vendita al minuto del vino forestiero  importato a Roma”) per finanziare l’intero sistema scolastico e lo stesso Studium Urbis.

 

OGGI

L’insegnamento della dottrina cristiana ha una situazione complessa. In famiglia è dovere dei genitori cristiani, unitamente alla pratica di preghiera e vita cristiana. Poi interviene l’insegnamento di religione cattolica nella scuola ( del quale ci si può anche non avvalere) e soprattutto la catechesi parrocchiale. Insegnanti di religione cattolica nella scuola (ora riconosciuti  insegnanti di ruolo come gli altri insegnanti) e catechisti devono essere formati presso scuole di teologia per i laici o presso le Università Cattoliche.

 Si discute  sui metodi di insegnamento della religione nella scuola, ma soprattutto sullo stile della catechesi ecclesiale , perché l’uno e l’altro insegnamento siano efficaci e lascino tracce permanenti nei ragazzi, facilitando loro percorsi successivi di catechesi permanente, da adulti. Si vorrebbe un insegnamento e una catechesi con forti fondamenti biblici, con molte letture e commenti del testo sacro.

Un problema particolare è rappresentato dalla esigenza di una speciale forma di catechesi precoce per i bambini, anche prima della specifica preparazione per la Prima Comunione e Cresima.

 

 insegnamento gratuito

 

ieri

Scuole per i poveri, gratuite, per tutti. “Il maestro…non può pretendere compenso dagli alunni, poiché comunicare la scienza per mercede è considerato simonia”. Ad una qualche forma di pagamento  devono provvedere i Vescovi o le Comunità locali.

“Scuole parrocchiali di istruzione letteraria per i poveri”. Farsi chierichetto e servir messa era un modo facile per avere un’istruzione gratuita. Peraltro  ogni  Parroco ha l’obbligo di mantenere un maestro di scuola. Ciò, prima dei Seminari Tridentini era una via per cominciare a formare aspiranti sacerdoti.

“Scolari a dozzina o convitto (contubernium)”, vivevano insieme a casa del maestro, di solito un sacerdote.

Maestri e Scuole  pie del Papa o scuole de’ poveri, che forniva gli alunni di carta, penne, inchiostro “e tutt’altro occorrente”. “ In questa scuola si ammaestrano i giovanetti e le giovanette come nella dottrina cristiana, così nel leggere, scrivere, aritmetica, geografia, lingua italiana e buone creanze”.

Scuole popolari gratuite dei Gesuiti, dei Dottrinari, dei Francescani Conventuali,dei Barnabiti, i Chierici Regolari della Madre di Dio, i Fratelli della Scuole Cristiane ( conosciuti anche come gli “Ignorantelli”). Ma i veri protagonisti di scuola popolare primaria gratuita furono quelle istituite e dirette da San Giuseppe Calasanzio. I Padri Calanziani avevano un quarto voto “ come vincolo religioso solenne all’insegnamento”.

Scuole popolari gratuite di avviamento al lavoro negli ospizi, negli orfanotrofi, (Ospizio “Tatagiovanni”, Ospizio del “Letterato”, Ospizio Apostolico di S. Michele a Ripa, Ospizio di Santa Galla, Ospizio degli Esposti, Ospizio dei Catecumeni e Neofiti,  nella Pia Casa d’Industria,nelle scuole serali per giovani apprendisti).

 

OGGI

“L’arte e la scienza sono libere e libero ne è l’insegnamento” recita l’art. 3 della  vigente Costituzione. Ma varie riforme in atto e annunciate riducono sempre di più la scuola e il sapere ad una merce che si compra e si vende, escludendo i poveri…….

 

A prima vista oggi l’istruzione primaria è gratuita per tutti, ed è un diritto-dovere ( non si parla più di obbligo scolastico formale). Frequenza e libri sono effettivamente gratuiti.

Non sono gratuite le scuole secondarie di primo e secondo grado e le scuole professionali, ora destinate a diventare licei  o corsi regionali,

In realtà le spese a carico della famiglia, nella scuola  dell’infanzia e primaria,  ci sono, ancorché   “nascoste”: quaderni, contributo  per trasporto e mensa merendine, festicciole scolastiche ecc. .

 

CONDUZIONE DELLE SCUOLE RIONALI

Ubicazione,locale, suppellettile della scuola

 

IERI

La  realtà della scuola e la sede scolastica era una struttura molto umile, un “auditorium” costituito “da una stanza semplice e spoglia,dove gli scolari siedono sulla paglia;dal sec. XV si cominciano a vedere le panche”. La scuola non “habba la porta in strada”, sia lontana dallo strepito, ci sia decenza e pulizia. L’ideale era di tenere le scuola unita all’abitazione del maestro. Gli scolari erano ammassati fino a 50, 100 e più , divisi in classi e le classi in gruppi. Era obbligatorio un altarino con un’immagine sacra.

Alla porta  deve essere affissa una tabella, a cura e spese del maestro, con le sommarie indicazioni sulla scuola.

“Cura particolare per la bontà dell’acqua da bere. Le vacanze servivano  per dar tempo a imbiancare le pareti e riparare i banchi”.

 

OGGI

 

Gli edifici scolastici sono soggetti a speciali norme relative alla sicurezza, all’igiene e alla funzionalità. Restano casi di edilizia di fortuna o di edilizia prefabbricata.

Ma i maggiori problemi sono relativi alla sicurezza oltre cje alla funzionalità. Ci vuole una progettazione “pensata” per la didattica…….. e non corridoi  e aule.

 

SCRITTORI PEDAGOGICI

IERI

 Oltre i classici latini (Seneca,Quintiliano), Silvio Antoniano,autore dei “Tre libri dell’educazione christiana de i figliuoli”e un anonimo autore di un “Discorso sopra l’ignoranza et educazione della gioventù”. Soprattutto,Statuto e istruzioni agli insegnanti scritti da S. Giuseppe Calasanzio. A ciò va unita la “Ratio studiorum”, pubblicata in varie occasioni e redazioni.

 

OGGI

         Esiste un’abbondante letteratura pedagogica. Tradizionalmente si considera J.J. Rousseau un grande pedagogista. Oggi intere Case Editrici  (La Scuola, La Nuova Italia, Giunti, ecc.)si sono specializzate non solo in libri scolastici ma anche in trattati pedagogici, tradizionalmente più numerosi in riferimento all’età della scuola dell’infanzia e primaria. Recentemente si è imposta una produzione psicopedagogia e didattica anche per  la scuola secondaria di primo grado,  scuola secondaria ed educazione degli adulti. Le Università per la formazione dei docenti di scuola primaria sono impegnate ad una ricerca continua, anche come attenzione critica verso la scuola militante e le riforme.

 

ADUNANZE DEI MAESTRI

 

IERI

Adunanza mensile “perchè dessero resoconto della loro attività scolastica” .S. Giuseppe Calasanzio prevede  settimanalmente  la” conferenza sui problemi pedagogico-didattici, ma conta anche sulla formazione permanente dei docenti e infine “la stessa scuola doveva servire al maestro come palestra per allargare e approfondire le sue cognizioni”.

 

OGGI

 

Le riunioni dei docenti non si contano più. Quando non sono veramente necessarie diventano frustranti. La formazione in servizio dei docenti dovrebbe essere gestita con serietà e garantita da una università , con la quale ogni scuola dovrebbe stabilire una convenzione.

 

LE CLASSI SCOLASTICHE

 

IERI

Le classi erano organizzate in tre gruppi: “leggenti”, “scriventi”,”abachisti” e, spesso,  gli alunni impegnati a studiare i primi rudimenti della lingua o grammatica latina (“Ianua grammatices”), il “latinetto”.

Secondo l’uso parigino ( tuttora vigente in tutta la Francia) e classi venivano denominate  in ordine discendente: 9^ era  per i più piccini, ai quali di insegnava “ la santa croce o alfabeto” ( utilizzando cartelloni  che ritraevano dapprima una croce e poi le lettere) “e il compitare ossia la sillabazione”. L’8^ è detta del Salterio nella quale si insegna a leggere “scorrendo” il testo latino. La 7^ è detta del leggere, “nella quale si insegna a leggere, scorrendo libri volgari, come il Libro delle Vergini, e la dottrina christiana et altri libri spirituali di buona et chiara stampa”, La 6^  è anch’essa del leggere, per i più bravi. La 5^ è dello scrivere e dell’abaco, suddivisa  in tre gruppi: a) principianti dello scrivere;b) quelli che intendono passare ad un apprendistato artigianale, ai quali “s’insegna l’abbaco secondo la loro capacità”;  c) “quelli che vogliono seguitare le lettere alli quali se gli fa imparar a mente li nominativi della grammatica latina”. La 4^ classe è la infima della grammatica latina, La 3^,2^,1ì scandiscono i vari gradi della grammatica latina. In particolare per le fanciulle v’erano generalmente tre scuole distinte: 1^ leggere iniziativo; 2^ leggere spedito e dottrina cristiana; 3^ Principali lavori muliebri.

 

 

 

 

OGGI

 

Le classi sono di 20-28 alunni. Sono accolti gli alunni diversamente abili, seguiti anche da Insegnanti di sostegno, appositamente preparati.

La riforma in atto imporrebbe una estrema individualizzazione dell’insegnamento ( Unità di Apprendimento personali e Portfolio delle competenze).

Si sono ridotte le ore “ di sostegno”, nella convinzione (mitica) che tutti gli insegnanti sono”naturalmente” di sostegno.

Non ci sono programmi didattici con contenuti definiti una volta per tutte . Si è passati dalla programmazione didattica per obbiettivi , alle UA, alla scheda di  valutazione dell’alunno liberamente adottata da ciascuna scuola, alla eliminazione degli esami di quinta classe di scuola primaria, all’introduzione della lingua straniera  e del computer.

Il tutto caratterizzato dall’autonomia.

Discipline di studio  della scuola primaria oggi:religione cattolica  (per gli “avvalentesi”);

italiano;inglese;storia;geografia;matematica;scienze, tecnologia;musica;scienze motorie e sportive; arte e immagine. “Educazioni”: alla cittadinanza, stradale, ambientale,alla salute, alimentare, all’affettività.

L’educazione interculturale, in presenza o meno di alunni immigrati, è molto e bene praticata dalle scuole, ma come sottaciuta dagli ordinamenti scolastici in atto.

 

SUSSIDI E TESTI SCOLASTICI

 

IERI

Nell’aula non mancava mai un quadro sacro, con altarino e lampada ad olio che si accendeva il sabato. C’era poi il cartellone dell’alfabeto appeso al muro, con tavole identiche  in formato minore per gli alunni;qualche libro sussidiario di letture; l’ abbachino o aritmetica elementare; il libretto della dottrina cristiana al quale era allegata una raccolta di sentenze di buoni costumi e di buone creanze. La tavola dell’alfabeto era detta della santa croce, “ in quanto il primo segno posto innanzi alla lettera A era appunto il segno della  croce.

Il libro di lettura più comune era il Salterio “ che si leggeva in latino, pur non conoscendo la grammatica latina. Esso riportava anche le più comuni preghiere latine: Pater noster, Ave Maria, Credo, Miserere, Salve Regina. Talvolta apparivano libri di lettura in italiano: Il libro delle Vergini, Il Giosafat, Il giovinetto cristiano.

Chi impara il latino “legge il Donato” o la grammatica latina di Emmanuele Alvares. Tra gli altri libri (pochissimi), Esopo. C’è anche una guida: l’ “Indice de’ libri che si spiegano di ciascuna scuola nel Collegio nuovo Calasanzio”, con nota sui classici e alcuni testi scolastici.

 

OGGI

Ogni aula è letteralmente tappezzata di cartelloni, immagini, frasi e si rinnova in occasioni del variare delle stagioni o delle feste. Se non c’è la bibliotechina di classe c’è comunque la biblioteca di scuola. Purtroppo sembra sempre mancare il tempo per buoni esempi di lettura espressiva in classe. Talvolta si dispone anche di modelli geometrici e di un laboratorio di fisica elementare.

Non mancano proiettori, macchine fotografiche, registratori. I computer per ora vengono usati solo dai docenti. O, peggio, si tratta del computer solo per studiare il computer stesso!

I quadernoni  coloratissimi dominano la scena delle classi.

 

“DIDATTICA ABECEDARIA”

 

IERI

 

L’insegnamento della lettura e scrittura era fondato sul secolare metodo alfabetico: prima la lettera alfabetica, poi la sillaba, infine la parola e la frase intera. Guarino Guarini  aveva formulato il metodo tradizionale,”anche se irrazionale e meccanico, quasi a scioglilingua”.

Alla parete “le singole lettere  erano riprodotte su un tabellone. Il maestro indicava con la bacchetta il segno e faceva sentire il suono e il nome. Gli scolari in coro o invitati singolarmente dovevano ricordare il segno ed esprimere il suono e il nome”.

Il tutto ripetuto fino alla noia, fino a ritenere a memoria tutte le lettere in successione alfabetica. Ogni maestro inventava qualche accorgimento adatto: lettere mobili,biscottini in forma di lettera, “lettere in forma di frutta” e così via. Era famoso il trucco inventato nell’antichità da Erode Attico, che, per aiutare il figlio a ricordare le 24 lettere dell’alfabeto greco allineava 24 giovani schiavi chiamandoli ognuno con una lettera dell’alfabeto! Era l’a, be, ce: l’abecedario.

         Il secondo passo era  syllabicare”, cominciando con sillabe di due lettere, donde sillabario.

Infine si passava con molta fatica alla lettura corrente, dovendo per forza adottare il suono naturale e non il nome delle lettere dell’alfabeto!

Qualcuno introdusse  l’uso di una pianola, l’uso di mazzi di carte.

Per il “latinetto” si continuava ad usare “il Donato, prima grammatica latina in forma dialogica, compilata in latino nell’ottavo secolo sulla base del testo ARS MINOR di Elio Donato (sec IV)”.

Per la scrittura si insegnava il ductus delle singole lettere, occorrendo tre o quattro mesi a “quelli che hanno buon polso”.

Altri cartelloni  alle pareti riportavano  modelli da copiare ( “tabulae productales”) .Il manuale di Giambattista Palatino era intitolato: “Libro….nel qual s’insegna a scriver ogni soprta di lettera, antica e moderna,di qualunche natione, con le sue regole e misure e esempi, et con un breve ed util discorso de le cifre”.

“I pedagogisti raccomandavano di far copiare frasi di buoni filosofi” e proponevano  la calligrafia. “ I saggi calligrafici e i disegni artistici, promossi dal Calasanzio e degni spesso di esposizione, servivano da ornamento sulle pareti delle scuole e delle case. Con gli esercizi calligrafici si promuoveva anche il culto della lingua nazionale e della pietà, mediante la copiatura assidua, attenta, lenta, calligrafica di scelti testi in volgare di contenuto morale o religioso o mediante esercizi di libera composizione anch’essa in lingua nazionale”. Abbondavano anche i dettati.

 

OGGI

 

Il metodo globale o naturale ha rovesciato il meccanicismo tradizionale nell’apprendimento della lettura e della scrittura: dapprima si legge una breve frase avente un senso immediato, puoi si passa alla parola singola, fino alla lettera singola, nominata non secondo il nome dell’alfabeto tradizionale, ma per il suo suono. Questo cambiamento (metodo fonico) fu introdotto da un maestro luterano,Valentino Ickelsamer, sostenuto poi dai Portorealisti in Francia, dal Comenio in  Moravia e così via.

Molti insegnanti se la cavano parlando di un “metodo misto”, avendo constatato che il metodo tradizionale induceva a sillabare, leggendo lentamente e penosamente per mesi e mesi; mentre il metodo globale produce errori grammaticali difficili da estirpare……

E’ finito il culto della calligrafia, almeno da noi. Permane, anche se attenuato, in Francia in Germania e nei Paesi dell’Est Europeo. E’ addirittura arte nel mondo islamico, in Cina e in Giappone.

Ciò vale anche per le regole di una buona composizione, che da noi si tende a non fornire affatto. Dettati, autodettati, pensieri, temi, testi liberi sono oggi praticati alternativamente, rafforzati da letture non solo dal libro di lettura, ma da testi procurati dall’insegnante e dagli stessi alunni.

La scuola primaria fa usare ancora matite e penne per disegno e scrittura manuale, tutte pratiche quasi scomparve nella vita esterna alla scuola.

In futuro quelle pratiche resteranno  forse solo come

terapeutiche e rilassanti…. E per la riflessione.

 

DIDATTICA DELL’ARITMETICA

 

IERI

Fin dall’antichità  “le nenie puerili delle ripetizioni dei numeri…assordavano i passanti”.

Si chiamava abaco - dal nome dell’antico strumento che facilita il raggruppamento delle cifre a seconda del loro valore di posizione (unità, decine…)  - ed era allegato agli abbecedari e sillabari.

Il Calasanzio proponeva di andare ben oltre le quattro operazioni, per favorire l’esercizio delle attività artigianali,manifatturiere, mercantili, marinare, impiegatizie…Ad esempio “l’aritmetica mercantile”.

Ciò valeva anche per le fanciulle. Il successo di tale insegnamento si segnalò dal fatto che lo seguirono anche gli adulti e perfino ”uomini dell’aristocrazia e cavalieri di gran portata”!.

 

Ogni giorno si ripetevano le “terribili” tabelline della tavola pitagorica e venivano assegnati un gran numero di problemi aritmetici.

Le interrogazioni improvvise sulle quattro operazioni erano prassi quotidiana, spesso ripetuta a casa da padri e madri. Il calcolo mentale, anche per approssimazione , era considerato di importanza fondamentale, e non solo negli acquisti e pagamenti. Questa abilità conferiva prestigio.

Tabelline e interrogazioni veloci di contabilità spicciola sono rimasti fino agli anni ’50 del ‘900, creando molta paura e ripulsa . I problemi astrusi sono stati la croce e delizia della scuola elementare, che aveva fretta di insegnare tutto e subito, visto che pochissimi continuavano gli studi. Di fatto il 50% degli alunni avrebbe odiato poi tutta la matematica e anche la geometria, la statistica e  perfino la misura in genere

 

OGGI

L’insegnamento/apprendimento della matematica ha avuto rinnovamenti notevolissimi, dopo la cosiddetta “insiemistica”, la numerazione “in base” diversa dalla decimale.

Lentamente ha preso vigore il ragionamento che  deve accompagnare le “operazioni”, cioè la cosiddetta “matematica senza lacrime”.

Disegnare, costruire, stimare: sono operazioni quotidiane e tranquille, il gioco prima del calcolo, la manipolazione di oggetti e la loro classificazione, il disegno di geometria piana, la familiarizzazione con modelli di figure geometriche solide, fino alle tabelle statistiche e alla probabilità. Gli esperti lamentano ancora uno svantaggio tutto italiano per lo studio delle matematiche e per le scienze,  strettamente legate al metodo matematico.                    Le macchinette calcolatrici , usate spesso clandestinamente anche in classe, nascondono le lacune, i grandi “vuoti” di competenza matematica.

 

METODI DI INSEGNAMENTO DELLA LINGUA LATINA

IERI

 

Si incominciava col Salterio,a memoria, e poi per lettere le singole lettere. Poi si incominciava con la Janua, una riduzione del Donato per i fanciulli. Talvolta  si incominciava la studio del greco sugli “Erotemata” del Crisolora. Fin qui nella scuola primaria.

Si riteneva che la grammatica “ è l’arte strumentale della convivenza umana……contiene pertanto i semi delle scienze. Da Dionisio Trace  e per duemila anni la grammatica latina è stata studiata allo stesso modo (casi, tempi, declinazioni, verbi attivi e passivi, comparativi……

Chi passava  alla classi di Umanità, Retorica, Logica studiava  le lettere di Cicerone, passi scelti dai Tristia di Ovidio, Valerio Massimo,Virgilio, con estrema abbondanza di riferimenti di mitologia classica.

A Roma anche i poveri potevano accedere gratuitamente all’apprendimento del latino, se ne avevano l’attitudine e la richiesta del Parroco.

 

OGGI

Non si insegna il latino nella scuola primaria. L’inglese sì. Il problema del latino si ripropone nella scuola secondaria di prima grado, come opzione dello studente.

Per noi italiani ed europei va ripreso questo studio, almeno come conoscenza dei classici latini , della letteratura latina medievale e latina cristiana. La Chiesa Cattolica non deve essere lasciata sola col suo latino liturgico. Lo studio del latino sostiene anche lo studio delle altre lingue e non solo le neolatine.

E poi, queste sono le nostre radici vere.

 

ESERCIZI SCOLASTICI ORALI E SCRITTI

 

IERI

Eramo nella sua “Ratio studiorum” consiglia: “maestro amico,manuali brevi e ben fatti, scelta di buoni autori classici, attente e minute letture, esercizi a memoria, appunti scritti conversazioni e discussioni,tutto intervallato da esercizi fisici e stacchi di riposo e svaghi”. Insomma: “circulus ed calamus”.

Campanella e Comenio propongono l’enciclopedia del sapere come un tutto organico. Campanella insiste  sulla didattica come gioco, come farà Vittorino da Feltre. Giovanni Ravizza distingue tra un maestro generale e maestri particolari, suoi aiutanti.

Nella pratica comune, dal lunedì al giovedì dal levar del sole al declinare del giorno (interruzione per il pranzo a casa) lezione continua e faticosa. Il venerdì: interrogazione speciale  . Il sabato gare tra alunni divisi in due schiere e il pomeriggio “difesa” dei temi assegnati tre giorni prima.

La domenica, ascolto di letture sacre e accompagnamento in chiesa per la Messa. Nel pomeriggio: dispute sulla dottrina cristiana.

Nella lettura e nella conversazione in classe  era richiesta “ la pronuntia romana e toschana”.

Le interrogazioni, la prelazione (introduzione), la ripetizione, le dispute  e sfide ( tra due gruppi di alunni – i “Romani e i Cartaginesi”), le declamazioni, le accademie e rappresentazioni teatrali, gli esercizi scritti, la versificazione, gli esami: erano questi i capisaldi della scuola primaria.

I voti di esame erano espressi con avverbi: optime, bene, mediocriter, malissime o pessime, con varianti del più e del meno.

Nei Seminari, almeno fino al Concilio Vaticano II tutte queste pratiche erano in atto. Il pubblico ne aveva sentore nelle “predichette” natalizie dei seminaristi, nelle recite parrocchiali, nei “teatrini”, in qualche “saggio” stampato.

Occorre dire la Riforma post-tridentina si occupò con successo di accompagnare ai sacramenti e alla istruzione cristiana tante forme di arti espressive, figurative e musicali per tutto il popolo: teatro, musica, giochi e ciò dentro e accanto alle scuole, ma anche nella Parrocchie.

Evidentemente questo fu un modo egregio ed efficace di raccogliere la sfida protestante del Nord - Europa.

 

OGGI

 

Le esercitazioni sono  il pane quotidiano della scuola primaria, anche perché i genitori , bene a male, vogliono vedere sui “quadernoni” i progressi quotidiani del figlio scolaro.

La noia è bandita. La valutazione dell’alunno è cambiata e cambierà, con i criteri lasciati ad ogni singola scuola , quindi non più confrontabili tra scuola e scuola.

Le verifiche periodiche dovrebbero sostituire le ansie degli esami, che al termine della scuola primaria, non ci sono più. La bocciatura è rarissima e deve essere adeguatamente motivata.

Purtroppo è poco coltivata la memoria, anche per le poesie.

Recite natalizie, di fine anno scolastico, festicciole abbondano. Ma un vero curricolo teatrale, corale e di ascolto musicale è ancora raro.

Il fondamento e coronamento dell’ insegnamento non è più la religione cattolica, ma “ l’educazione integrale della personalità dei fanciulli, stimolandoli all’autoregolazione degli apprendimenti, ad un’elevata percezione di autoefficacia, all’autorinforzo cognitivo e di personalità, alla massima attivazione delle risorse di cui sono dotati, attraverso l’esercizio dell’autonomia personale, della responsabilità intellettuale, morale, sociale, della creatività e del gusto estetico”. Insomma: un eccesso di centrazione sullo sviluppo dell’alunno, in polemica con il fanciullo eterodiretto dei secoli andato ed anche con la socialità-collaborazione-cooperazione nel gruppo classe, che era la nota dominante del recente passato scolastico.

 

ALTRE NORME ED ACCORGIMENTI PSICO-PEDAGOGICI

 

IERI

In teoria si doveva evitare l’impegno intellettuale eccessivo degli scolari alternando studio, svago e sport. In pratica questo equilibrio era reso difficile dagli scarsi locali e dall’affollamento di scolari:essi restavano praticamente immobili per ore ed ore.

Fortunatamente c’erano molte vacanze, sgradite ai genitori. In qualche scuola, dopo le lezioni pomeridiane “fanno esercitio corporale circa mezz’hora, come scopare,nettar l’horto et il resto della casa”.

Nell’intervallo tra  la scuola di dottrina cristiana e vespri o subito dopo i vespri nei giorni festivi, in campo aperto, si poteva giocare alla palla,alle bocce, alle piastrelle. Solo i Salesiani faranno del cortile e del campo sportivo un loro impegno per la liberazione delle energie dei ragazzi e l’acquisizione delle “regole del gioco” e della vita comune.

Emulazione e premi.

“La memoria e l’emulazione erano le due stampelle sulla quali poggiava la didattica”. L’emulazione non doveva travalicare in “invidia e odio” ed esprimersi nel confronto tra due gruppi di scolari.

Chi legge meglio è nominato “Imperatore” per una settimana o “per tutto l’anno, con corona e scettro imperiale”.

Anche la lettura in pubblico delle migliori composizioni era una forma di premio. Anche la calligrafia e il disegno artistico vengono premiati.

Assistenza agli scolari.

Accanto al maestro c’era il prefetto delle scuole, il correttore, i custodi degli scolari ( mantenevano l’ordine all’ingresso delle scuole),i decurioni (alunni capaci scelti dal maestro e approvati dai compagni), altro personale ausiliario e l’accompagnatore.

Doposcuola

Funzionava solo nelle Scuole Pie, per gli alunni poveri che venivano da lontano e a casa non avrebbero potuto studiare.

Collaborazione dei genitori.

Era limitata a “farsi vedere qualche volta per intendere i portamenti de’ loro figliuoli”.I genitori dovevano vigilare sulla frequenza alla scuola, anche alla scuola festiva di dottrina cristiana ed avere “ cura circa l’insegnare a far imparare ai loro figli”. Una volta al mese i genitori degli scolari paganti (più ricchi) dovevano pure farsi vedere per consegnargli la quota mensile.

Castigo

L’uso delle repressione e del castigo era normale, come lo era nella famiglie.

La “ferula” (sferza), che i re goti usavano donare al maestro come riconoscimento della sua cultura, era anche segno di autorità e potere. Si raccomandava di non esagerare con i colpi di sferza  (formata di semplici funicelle senza nodi, percuotendo la palma delle mani). L’alunno doveva convincersi della giustezza del castigo.

Non mancava il banco della vergogna o il segno dell’ignoranza (orecchie d’asino o simili).

Visita ispettiva

Era periodica e scrupolosa. Era seguita da ordinanza, per il Rettore della Sapienza.

 

OGGI

C’è maggiore rispetto per le esigenze fisiche e psichiche degli scolari. Il gioco è presente,e, nei casi migliori,  il passaggio  da   un’attività all’altra rappresenta esso stesso un sollievo. C’è la ricreazione e il movimento, nonché l’educazione motoria in palestra.

Resta il problema di voler fare lezioni formali (che ora si chiamano obiettivi specifici di apprendimento -O.S.A) anziché favorire, in modo naturale, esperienze dei vari linguaggi che formano l’universo cognitivo affettivo e psico-motorio  dei fanciulli.

In altri termini, il passaggio tra  scuola dell’infanzia (scuola del gioco) e scuola primaria ( scuola dei linguaggi) dovrebbe essere più graduale. La stessa scuola secondaria di primo grado deve seguire in modo più naturale e senza forzature.

Premi e castighi non hanno più spazio, sostituiti dal rinforzo psicologico per chi sa e per la piccola frustrazione per chi non sa.

Sono banditi nomignoli e segni di infamia scolastica. Le percosse  e i maltrattamenti sono reato.

L’assistenza agli scolari è regolare solo per quelli diversamente abili, Per gli altri c’è una generica presenza del personale ausiliario.

La collaborazione dei genitori, sempre invocata, adesso che gli stessi organi collegiali della scuola sono entrati in crisi, è sempre scarsa.

Le stesse associazioni dei genitori sembrano aspirare più ad un certo potere organizzativo che a fare la parte dei genitori sui temi formativi (esempio in casa, interessamento ai progressi del figlio alunno, valori vissuti e condivisi  con la scuola).

Le visite ispettive  sono state semplicemente abolite e ormai sono riferite solo a casi clamorosi di abusi o violazioni di legge.

Purtroppo si fa strada la convinzione ( e la prassi) che a controllare la scuola vale piuttosto l’intervento della Magistratura contabile o della Magistratura Penale ( quando del caso) perché vige l’autonomia di ogni singola scuola.

 

SCUOLE POPOLARI RIONALI FEMMINILI E MISTE

 

Ce n’erano varie e diverse: scuole gratuite delle Orsoline; scuole delle Gesuitesse; scuole e maestre pontificie; scuole delle convittrici del Bambino Gesù; scuole delle Maestre Pie; scuole di imitatrici delle Maestre Pie.

I contenuti dell’insegnamento di tali scuole erano: dottrina cristiana;lavori femminili comuni;lavori dilettantistici, artigianali, artistici. Talvolta insegnavano anche a leggere e scrivere e perfino un po’ di latino. In genere si possono definire di scuole di avviamento al lavoro.

“Una multisecolare tradizione faceva vedere nel monastero la scuola più apprezzata per una donna che volesse avere una formazione accurata e raccolta”. Purché potessero pagarsi gli alimenti. Ma alcune ragazze erano ammesse gratuitamente “ per l’amor di Dio”.

Per le poverissime e le esposte c’erano ospizi-rifugi-conservatori detti comunemente conservatori, dove venivano educate e istruite.Le “convertite” e le senza-casa  dette “baroncelle”si aprivano i monasteri, come pure per le “pericolanti,catecumene,neofite,convertende dall’eresia,mal maritate, vedove povere e abbandonate, celibatarie bisognose, malate mentali, e così via” . Per le giovani ricche e altolocate e paganti l’istruzione non è di tipo lavorativo ma artistico e delle buone maniere.  Tutti imparavano a scuola ma pochi ( artigiani e impiegati, gli studenti che proseguivano gli studi per le professioni o per il sacerdozio) conservavano per tutta la vita la capacità di utilizzare gli apprendimenti. Facilmente imparavano e facilmente dimenticavano!

C’era una congerie di iniziative di educazione, istruzione e assistenza per  i poveri. I pubblici poteri non si interessavano affatto ai poveri. Lasciavano che lo facessero per carità le istituzioni religiose. Siamo ancora all’alba dei diritti delle persone in difficoltà, ma questo arcipelago di bene fu storicamente la premessa  ad ogni futuro intervento pubblico dello “Stato sociale”.

Altro capitolo parallelo fu l’istituzione di Ospedali e Ricoveri promossi dalla Opere Pie, con grandi personalità di uomini e di santi che se ne fecero promotori.

 

OGGI

Non c’è più l’intreccio fra la formazione religiosa,istruzione e assistenza per i giovanissimi poveri, - e segnatamente e separatamente – per le ragazze sfortunate.

Siamo nell’epoca dei diritti delle persone  e specialmente per le persone giovani in difficoltà. I servizi sociali per le categorie più esposte hanno avuto uno sviluppo consistente già dagli anni ’30 dello scorso secolo e segnatamente dopo gli anni ’60, quando sorsero problemi inediti quali quelli rappresentati oltre che dai “vecchi” alcoolisti, dai drogati, malati di AIDS, diversamente abili e immigrati.

Di fronte all’aggravarsi della situazione sociale, il mito dello Stato leggero sta riducendo le spese pubbliche, attraverso tagli indiscriminati.

Si sta dimenticando che storicamente le grandi invenzioni culturali  sono state dopo quella dello Stato ( alcuni millenni orsono)  e poi dello “Stato sociale”, solo cinquant’anni fa.

Far ritornare tutto nella braccia del volontariato, delle Chiese (Caritas), senza oneri per lo Stato, è un passo indietro. Il volontariato e le Chiese sono vocati ad una integrazione di amicizia e speranza a favore dei poveri, in più rispetto ai diritti (ospedale, cure mediche , assistenza sociale, pensioni) e non in sostituzione dei diritti stessi.

La scuola è un aspetto  importante ma non determinante, da solo, degli interventi della comunità e della società a favore dei suoi membri più deboli.

( A cura di Giuseppe Cicolini)

 

 

 

 

        

II-curiosità riguardanti le scuole sparse nel territorio della Valle dell’Aniene e del Lazio tra 1550 e il 1870 (periodo dello Stato Pontificio), come indicatori della situazione della vita sociale DEL TEMPO di quelle popolazioni

 

 

 

-“Non v’era città che non avesse la sua scuola di latino”

-“Grande moltitudine di contadini, che nelle feste vengono a Roma dalle campagne, e i Gesuiti tengono sermoni per essi nelle pubbliche piazze”

-“Alla maestra dell’educandato del monastero delle ss. Flavia e Domitilla di Frascati, che è fedele all’insegnamento delle dottrina cristiana alle educande, il Visitatore Apostolico ordine di provvedere che ognuna abbia una copia del libretto del Bellarmino”

-“Voglia il Papa por mente alla missione che compie il loro Collegio (dei maestri)il quale con ogni impegno e dedizione trae incessantemente i fanciulli lungo la via della cristiana virtù e dottrina, studiando di mutarli in qualche modo da belve in uomini” (sic!)

-“Nella collegiata di Paliano ( dioc. Di Palestrina) venivano assegnati due benefici semplici detti “chiericati” con l’onore di servitii manuali, come di servire alle Messe,scopare la chiesa, sonare le campane e simili”, per consentire una qualche formazione  dei chierici ordinandi,dei chierichetti.

-“Un canonico sacrista di Trevi nel Lazio (dioc. Di Anagni), semplice tonsurato ma privo di ‘littere’. dice al Visitatore nel 1623: ‘in luogo di dire l’offitio, dico la corona, come appare nella mia dispensa. L’offizio mio è sonare le campane, spazzare la chiesa,rispondere alla Messa”.

-“ A Casperia in diocesi di Sabina (suburbicaria) il Visitatore apostolico nel 1660 trova un chierico tonsurato di 16 anni, che stenta a leggere , sa un po’ di dottrina cristiana”.

-“A Castro Puteala un tonsurato di 18 anni viene esortato a frequentare una scuola per imparare a leggere, se vorrà un giorno diventare sacerdote”

-“Quanto alla pulizia, il Visitatore nel 1747 si compiaceva con un maestro per aver trovato la sua scuola ben tenuta e pulita, e civiltà nella sua scolaresca, mentre deplorava scuole mal tenute o bisognose di pulizia.

-“La descrizione dei locali e della suppellettile scolastica tocca spesso l’inverosimile.I rilievi più ricorrenti sono la l’angustia dell’aula scolastica, la malsanità, per l’umidità, la carenza di luce e d’aerazione, talora mancanza della latrina, tetti e pavimenti rovinati, sito chiassoso, entrata confusa, promiscua, banchi consumati e quasi inversvibili, talora mancanti del tutto, sicché gli scolari sono obbligati a sedere per terra, quando non possono portarsi da casa qualche forma di sedile”.

-Ad Arsoli ( dioc. Di Tivoli) con 1300 abitanti v’è camera grande per la scuola spettante al Comune, manca però di scanni, banchi, e tutt’altro che è necessario”.

-“A Ponticelli (attuale Montecelio) con 1353 abitanti  nella scuola maschile ci sono scanni e banchi, mentre le fanciulle  sono costrette a sedere in terra, se non hanno sedia propria”.

-“ A Percile con 790 abitanti si paga l’onorario del maestro focalmente con una coppa di grano per famiglia, che corrisponde alla duodecima parte di un rubbio, altre ai 9 scudi del Comune. Non c’è locale per la scuola che si fa nell’abitazione del maestro, al quale il Comune paga circa nove scudi”.

-“ A Roviano con 693 anime, l’abitazione del maestro, dove di fa anche scuola, è in cattivo stato, e sfornita di scanni e di banchi”.

-“In dieci su sedici scuole dei paesi dell’abbazia-commenda di Subiaco o mancano i locali o sono in cattivo stato”.

-“ Il Sinodo della suburbicaria Frascati del 1624 ordinava ai Parroci di raccomandare  agli abitanti delle varie località della Diocesi di procurarsi un maestro”.

-” Il Card. Flavio Chigi, vescovo della suburbicaria di Albano, nel sinodo del 1687, raccomanda che siano condotti buoni maestri con pubblico stipendio e dove i Comuni non possono, provvedano i parroci e i cappellani al dovere d’istruire i fanciulli”.

-“Ad Articoli, in diocesi di Tivoli , con 1200 abitanti nel 1826, il maestro riceve 60 scudi l’anno, pagati dal popolo con un riparto focale e l’abitazione”.

-“ Un lamento molto comune dei maestri è quello di non poter vivere col solo lavoro della scuola. Tant’è che il Comune di Subiaco non può aumentare lo stipendio  nel 1826 e decideva espressamente di non vietare al maestro  se nelle ore fuori di scuola potesse occuparsi in altri uffizi per far sì che col tutt’insieme di avere un sufficiente sostentamento”.

-“Dai Dottrinari dalla casa di Roma furono fondate altre scuole nel distretto romano:nel 1702 tali scuole sono in Ariccia, Velletri, Rocca Massima, Palestrina, Segni, Piperno, Rieti, Orvieto, Zagarolo,Ferentillo”.

-“ I Barbabiti nel 1789 aprirono a Zagarolo, nella diocesi suburbicaria di Palestri, le loro scuole basse”.

-“Il maestro Feliciano Tranquilli, provenente da Gerano (Abbazia di Subiaco) tenne scuola nel 1761 vicino a Ponte de’ Quattro Capi “.

“Una lettera del 9.6.1626 all’economo delle Scuole Pie di Frascati, le uniche operanti in quella città, invitando a visitare spesso la prima classe per tenerla nel debito ordine, gli raccomanda  che procuri col luogotenente che dia ordine aii sbirri che non permettano che ragazzi stiano oziosi per la città, o vadano a lavorar o alla scuola, parlando però dei poveri, perciò che li ricchi non permetteranno che li suoi figli siano oziosi, che sarebbe gran male tanto per li padri quanto per li figli”.

-“A Canino nel 1826 i genitori volevano scuole  ed istruzione primaria per i loro figli negli ‘anni d’inutilità per loro e poscia dirigerli alle diverse professioni o alla campagna’”.

-“ A Cesi di Spoleto  il visitatore annotò:” il maestro non ha tempo da riescire alla istruzione di tutti e di conseguenza sono tutti ignoranti”.

-“Il Calasanzio scrisse lettere a Norcia e a Carcare rispettivamente nel 1622 e nel 1629 per raccomandare la riunione settimanale ( in tempo di ricreazione)della conferenza sui problemi pedagogico-didattici occorsi nella settimana, ascoltando il parare di tutti”.

-“ A Canino nel 1826 solo pochi scolari giungono fino alla Janua… perché pochi proseguono gli studi”.

-“Nel 1636 il Visitatore nel Seminario della suburbicaria Sabina notò con favore che era molto curata la  buona scrittura”.

-“A Paletrina , nel 1751 si ricorreva a delimitare gli spazi con quattro panche poste in ordine quadrangolare per ogni classe”.

-“Visita pastorale a Velletri nel 1686.  Catechismo era chiamata anche la cerimonia suppletiva per un battesimo impartito dall’ostetrica all’infante in pericolo di morte. Pure catechismo era chiamato  l’impegno del Padrino per conoscere i rudimenti della Fede e insegnarli al battezzato”.

-“ Al Segretario della Comunità di Zagarolo viene proposto nel 1822 ‘acquisto del libro del Capo- maestro romano Pasquali”.

- Nel 1644 insegnava in Roma- di fronte a S.M. di Costantinopoli il maestro Nicodemo Falloni, proveniente da S. Angelo (diocesi di Tivoli).

-Nel 1676 insegnava  in Roma – Piazza San Luigi dei Francesi il maestro Pietro Scacco, proveniente da Monte S. Giovanni ( dioc. Di Veroli).

-Nel 1762 insegnava in Roma –Vicino al monastero de ‘Le Filippine’ il maestro Benedetto Fornari, da Tivoli.

- Alla Suburra insegnava nel 1761 il maestro Francesco Acciari, da Rocca di Papa ( dioc. Frascati).

-In Piazza di Spagna insegnava nel 1760 il maestro  Francesco Aloisi da Palestrina.

-Nel 1761 insegnava  a Ripa – Lungotevere  il maestro Domenico Ruffini di Mentana (dioc. Sabina).

- In Vicoli dei Cisternari insegnava nel 1761 il maestro Antonio del Signore,  di Montecompatri ( dioc. Frascati).

-Nel 1761 insegnava in Roma, vicino al Ponte Quattro Capi il maestro Feliciano Tranquilli, oriundo di Gerano (Abbazia di Subiaco)

-Il Visitatore apostolico della suburbicaria Sabina imponeva nel 1660 ai genitori,  sotto pena di scomunica,di frustare i figli che li disubbidiscono col rifiutarsi di andare alla scuola festiva di dottrina cristiana.

-A Castelnuovo di Porto nel 1681il maestro punì con percosse una scolaro con tanta violenza che il poveretto ne morì. Caso unico, ma ovviamente gravissimo ed allarmante.

-Nel 1579 la scuola gesuitica pluriclasse di Tivoli “la scola sta di vaii ordini di scolari et il maestro non può attendere et conseguentemente non possono andare avanti”.

-Il Gonfaloniere di Acquapendente scrive al Vescovo nel 1826 perché si provveda alla scuola primaria per i poveri.

-“Ad Oriolo (dioc. di Viterbo) con 1826 abitanti, fanciulli e fanciulle versano un baiocco ogni settimana, alle Maestre Pie le ragazze del ruolo della dote offrono ogni anno due fasci di legna”.

-A Canino l’emolumento annuale nel 1826 è di settanta scudi. In conseguenza non s’insegnano che i “Primi Elementi di legere, scrivere, e pochi giungono fino alla Janua”.

 

Fin qui la spigolatura, poco più che una curiosità.

Le comunità non citate ovviamente sono nella storia ma non se ne trova facilmente una traccia archivistica. Le situazioni evidentemente non si discostano molto dai casi riportati.

Notevole era la volontà e la speranza che muoveva genitori e autorità, anche se i mezzi erano scarsi e i comportamenti erano decisamente autoritari. Peraltro, più ancora che in Roma,  si imparava molto ma molto si dimenticava col tempo, quando non c’era un vero bisogno di servirsi delle conoscenze per il lavoro di tutti i giorni.

Ma sarebbe errore di anacronismo storico se giudicassimo il passato con la sensibilità di oggi.

Piuttosto, traiamo forza per impegnarci per una scuola veramente educativa e all’altezza dei nostri tempi e delle nostre attese.

( A cura di Giuseppe Cicolini)