-D. GIOVANNI (GUERRINO) PELLICCIA, “PAOLINO”, STORICO,
DI ORIGINE SUBLACENSE ( 1912 - 1991)
Don Giovanni Guerrino Pelliccia nacque nella campagna
romana - località Valle Caia - tra Santa Palomba e
Il padre di Don Giovanni, Giacomo, era un “caporaletto” nella campagna romana e
il giovane Guerrino fu costretto a seguirlo nei lavori stagionali in località varie e
diverse dell’Agro Romano.
Quella
allora era una compagna povera, non certo punteggiata come oggi, da
ville, villette e bar.
Fu sorprendente quindi che il ragazzo Guerrino
intraprendesse gli studi secondari, con grandi sacrifici e avventure.
Sorprendente anche che il padre Giacomo, dati i tempi e le ristrettezze
economiche, intuisse la capacità e volontà del suo ragazzo di impegnarsi in
studi lunghi.
Sta di fatto che Guerrino divenne geometra mediante
Occasionalmente il padre lavorava dalle parti
dell’Ostiense, dove già allora era una sede della Pia
Società San Paolo, che gio giovane Guerrino aveva conosciuto e
frequentato.
Il padre prese il coraggio a due mani e
chiese al Padre Maestro dei Paolini: “Questo ragazzo ha già frequentato la scuola
tecnica a Subiaco, se studiasse da voi potrebbe diventare un sacerdote come
tutti gli altri?”.
“Certo che
potrebbe
!”, rispose il Padre Maestro.
Allora anche Guerrino prese coraggio e disse francamente
a suo padre e al Padre Maestro che era sua ferma intenzione entrare nel
seminario dei paolini, farsi sacerdote e mettersi a disposizione del Padre
Fondatore Don Giacomo Alberione ( che conobbe quasi
subito).
Era colpito dal potere dei libri, delle riviste, dei
giornali e della radio per diffondere idee e fatti negativi, ma anche per
diffondere il bene, il Vangelo: bastava essere molto colti e professionali con
questi antichi e nuovi mezzi della comunicazione sociale.
S’innamorò degli studi classici e soprattutto della
lingua e letteratura greca, di filosofia, soprattutto di storia moderna .
Questo prova che gli studi
umanistici in giovanissima età non sono l’unica introduzione agli studi filosofici e teologici: si può partire da qualunque base culturale,
purché ci sia motivazione e volontà e, nel caso di
Don Giovanni, soprattutto la vocazione sacerdotale. Inoltre non si
può avere fretta, anche se ci sono urgenze pastorali e dell’attualità. Si può
studiare intensamente anche fino a 30/35 anni, intervallando lo studio con
servizi pastorali, liturgici e catechistici in qualche
parrocchia.
Fin dall’inizio era solito ripetere:”Sono nelle mani di Dio Benedetto”, un’
espressione di umiltà profonda e rara oggi, perfino nella bocca di uomini di
Chiesa, tutti presi dall’attivismo.
Ma quando era necessario anche Don Giovanni sapeva
attivarsi, come quando al tempo dell’occupazione nazista aiutò molti civili e
militari che alla “Montagnola”, vicino alla sede paolina di Via di
Grottaferfetta, si batterono contro le truppe di occupazione tedesca,
all'indomani dell’otto settembre 1943.
Latino e greco: due passioni di Guerrino, con questa
differenza fra le due lingue classiche, fondamento della tradizione umanistica occidentale
.
Il greco cominciò ad insegnarlo agli allievi
paolini più giovani e anche ai coetanei,
abbozzando un nuovo testo di Grammatica greca. Quando poi pubblicherà
questa Grammatica, essa divenne la
più adottata nelle scuole superiori: il “ Rocci & Pelliccia” divenne quello
che per il latino era il Campanini & Carboni.
Con il latino sembrava avere un conto
aperto.
Non che desse poca importanza alla lingua di Roma, ma
era contrariato dalle secolari pratiche scolastiche relative all’insegnamento
della lingua latina : tutto grammatica e sintassi; poca lettura dei classici;
pedanteria ossessiva. Dopo molti anni di studio di latino, nessuno “parla”
questa lingua - non per nulla definita “morta” - nessuno traduce correntemente
neanche un semplice testo o - “ictu
oculi”- una semplice scritta
latina in una lapide o un antico cartiglio. Sembrava di stare sempre all’anno
zero, tranne che per pochissimi privilegiati, destinati ad insegnare ad altri
pochi privilegiati. Per l’intera popolazione c’era il “latinorum”……..
L’abbandono del latino nella scuola media, nella
liturgia (tranne che in alcune preghiere assolutamente non dimenticabili), lo
scarso successo dell’Istituto che
“Tanto vale,
egli ripeteva, dare al latino, per tutti
gli studenti, un tempo limitato con metodologia rinnovata e fondata, appena
possibile, sulla lettura dei classici, e poi passare all’inglese!”.I latinisti
poi, si potranno specializzare a piacimento…”.
Personalmente egli studiò il latino, il greco e
l’inglese fino a diventare uno storico di vaglia sulla storia moderna
dell'Inghilterra e in lingua inglese.
Il suo percorso di storico era cominciato con la tesi di
laurea “La formazione del clero romano
nel ‘500”, divenuta un classico ( tema sul quale tornerà, come suole
avvenire per molti studiosi) per tutta la vita. Associandovi lo studio per l’
istruzione-educazione delle donne e la “Storia della scuola primaria a Roma dal secolo XVI al
XIX”(1513-
Sembra di intravedere in questo interesse, sia pure con
il filtro dello storico, il desiderio che la cultura sia per tutto il popolo e
non solo per i privilegiati. Dal 1940 avviò il primo Ufficio Edizioni paolino,
Altro tema di studio fu la storia del Concilio di
Trento, la storia della Chiesa in generale, la storia della stessa Pia Società
San Paolo, il commento alle grandi encicliche papali.
Il metodo di studio e di ricerca era sistematico e critico, fino allo
scrupolo.
Per lui le ricerche dovevano essere quasi sempre “di base”–“a tappeto”- come egli diceva : “Nessuno deve essere costretto a ripetere
una ricerca dall’inizio…dopo che io
l’ho condotta a termine”.
Dalle 8 alle 13, ogni giorno lavorava negli archivi
romani (specialmente l’Archivio
Apostolico, del Vicariato e l’Archivio di Stato) riempiendo a mano centinaia di
“schede” , che il pomeriggio poi sviluppava in “schedoni” e in pagine di scrittura
semi-definitiva. Era uno studioso dell’analisi:ogni dato e data venivano sottoposti ad una revisione critica puntigliosa da parte
di incaricati “ad
hoc”.
Prima di
fare sintesi e quadri d’assieme, aveva bisogno di molte analisi puntigliose.
Questa metodologia veniva realizzata soprattutto nella Casa degli Scrittori della Pia Società
S. Paolo ad Albano Laziale, in cui Don Giovanni fu ospite per molti anni. Nel
contempo era impegnato come Cappellano nel vicino Ospedale “Regina Apostolorum”, gestito dalla
stessa Società S. Paolo.
Tra i maggiori
storici godeva di grande prestigio. Uno studioso straniero, Mons. Hubert
Jedin, diceva :”Voi a Roma avete
“Pellizzi”- pronunciando alla tedesca - , uno storico molto importante! Lavoravamo
insieme all’Archivio segreto vaticano”.
Sui temi della storia della Chiesa si incontrava e
scontrava con altri specialisti e storici delle religioni: il prof. Ambrogio
Donini, di scuola marxista, gli manifestava grande stima .
Nella conversazione comune, dava l’impressione di una
grande pazienza, di saper bene attendere il suo “turno di parola” e, se
l’interlocutore sbagliava una parola, un accento o un concetto, invece di
rimbeccarlo immediatamente , usava
riprendere il discorso, e, dopo un po’ ripetere, con naturalezza, in modo
corretto, la parola,l’accento o il
concetto sbagliato. Era una questione di stile: verità e
carità.
La conoscenza della lingua e della storia inglese lo
portò a Londra per dirigere quella sede delle Edizioni Paoline ( ora Edizioni S.
Paolo), dove fu anche economo e maestro dei novizi . In Inghilterra svolse inoltre il suo ministero sacerdotale e
tenne corsi accademici. Aveva già tenuto corsi accademici sul cosiddetto “The Popish plot”, “il complotto papista”,
cioè la “congiura delle polveri” del 1630.
Trattò anche dei ”Recusanti”, gli eroici cattolici che,
all’epoca delle persecuzione di Elisabetta d’Inghilterra e di Cromwell, subirono
la persecuzione pur di restare fedeli al loro Battesimo e all’unione con Roma.
Altri studi e corsi riguardarono
l’emigrazione italiana in America e il Vicereame di Napoli. Talvolta effettuava ricerche anche in
piccoli archivi sparsi per l’Italia. Ha avuto anche la fortuna di rinvenire
qualche interessante inedito, da pubblicare con notevole apparato critico.
Quando il tema non era storico, affidava il testo inedito ad altro specialista
amico. Stimava anche le ricerche di storia locale e le “microstorie”,
considerandole tessere di un mosaico più grande. Anche durante le vacanze estive
nella casa paolina di Prati di Tivo di Pietracamela (Teramo) non mancava di
ascoltare i vecchi e cercare nell’archivio parrocchiale o nella biblioteca.
Questa sua presenza del mondo della cultura accademica e
nell’editoria specialistica lo fece
divenire apprezzato amico di molti protagonisti del tempo: Don Giuseppe De Luca,
direttore delle “Edizioni di Storia e Letteratura”, del biblista Don Giuseppe
Ricciotti, dello storico dell’arte Mons. Ennio Francia e di molti
altri.
Don De Luca disse : “Le sue ricerche sono come i ghiacciai: sono
molto in alto e quasi non si vedono tra le nubi , ma senza di loro non si
potrebbero fare la più modesta
divulgazione
scientifica”.
Nel 1977 pubblicò un volume che è ancora attuale, dal
titolo “L’eutanasia ha una
storia?”.
Arrivato ai cinquant’anni, i Superiori paolini cessarono
di dargli indicazioni precise di studio e
gli dissero genericamente di continuare con la storia. Per anni lavorò
all’Istituto per la “Bibliotheca Sanctorum”, intrattenendo rapporti epistolari
con molti specialisti di tutto il mondo. Una procedura indicativa del suo
carattere di uomo e di studioso era quella di tenere il testo di una lettera
circolare ai collaboratori della “Bibliotheca Sanctorum“ “in macchina” anche per quindici giorni, per
non rischiare di dimenticare qualche particolare. Non c’era ancora Internet per
poter inviare la posta velocemente e
a tutti. Ogni tanto si lamentava che solo una volta all’anno l’UNESCO
pubblicava l’indice dei libri storici apparsi nel mondo…..
Oggi avrebbe goduto di notizie in tempo reale, appunto
mediante Internet.
La conseguenza di aver operato e scritto “prima” dell’avvento
di Internet è che oggi alla “voce” “Giovanni Guerrino Pelliccia” nulla appare:
ecco perché ci vogliono iniziative (articoli, convegni, pubblicazioni, e appunto
un punto nel sito web, della
Società S. Paolo) perché non si arrivi ad un ingiusto oblio……
Don
Pelliccia, che era stato libero docente di storia moderna alla Sapienza di Roma
( a proposito, aveva dimostrato che nella Roma papale le “Sapienze” erano molte:
dovunque ci fosse un gruppo dedito a studi filosofici o teologici,
contrassegnato dal motto “Initium
sapientiae timor Domini”),
accettò un incarico d’insegnamento nell’Università di
Bari.
Per anni fece la spola tra Roma e Bari: tenne corsi,
guidò la stesura di molte tesi di laurea, fu molto attivo.
Negli ultimi anni, nella Sede generalizia di Via della
Fanella continuò a studiare. Si rammaricava di poter studiare ormai solo tre ore
al giorno perché la salute non lo assisteva più.
Gli costava fatica parlare in pubblico e soprattutto
parlare ai ragazzi, rammaricandosi di non sapersi destreggiare durante una
lezione lunga e complessa, se non con qualche battuta scherzosa e qualche
sorriso…. Sono i limiti dello specialista.
Ma al di fuori delle lezioni, era faceto e riportava
storie e storielle umoristiche. A proposito della lingua inglese rideva sul
fatto che una grande strada si dica “street”, che un bravo ragazzo si dica
“boy” (quasi boia), e che formaggio
di dica “cheese”, come una
parolaccia del dialetto dell’Italia
meridionale……
Oltre ai grandi libri, scrisse interventi e articoli,
anche legati ai dibattiti nella cultura e nella Chiesa.
Indichiamo alcuni titoli:
“S. Carlo
Borromeo e Roma”
“Schede
critico-bibliografiche sul prete di oggi”
“Come
studiare i processi di canonizzazione di un santo”
“Il primo
beato della Pia Società S. Paolo.- il sac. Giuseppe Timoteo Giaccardo
(1896-1948)
“Occhio alla
Riviste del novecento!”
“Roma
cristiana e l’educazione della donna nel ‘5-
“Il servo di
Dio Don Giacomo Alberione fondatore della Società San Paolo
(1884-1971)”
“Ricordando
un grande storico della Chiesa Mons. Hubert Jedin”
“Educazione
femminile a Roma nei secoli XVI-XVII”
“Il bavarese
Valentin Ickelsamer (1500?-1550?) inventa il “metodo fonico” per insegnare
facilmente a leggere la bibbia anche agli autodidatti”
“Rileggemdo
l’Enciclica ‘Redentore dell’uomo’ di Giovanni Paolo
II”
“Una chiave
di lettura dell’Enciclica “Laborem exercens”
“Lo studio del
prete ieri e oggi”.
Coordinò l’équipe delle pubblicazioni di “Storia della
Chiesa” e “Dizionario degli
Istituti di Perfezione”.
Diresse
l’Enciclopedia “Le nove muse”e scrisse i due volumetti Intitolati “Popoli e
civiltà”, con la voce “Religione”.
Indendeva la conversazione come una comunicazione densa
di contenuti e di emozioni, mai banale. Quindi si impegnava con rispetto
dell’altro e serietà anche in una conversazione comune. Quando poi si passava
alla discussione, ad un certo punto quasi invariabilmente diceva:”Adesso sospendiamo. La mia salute ora non mi
permette di continuare… riprenderemo domani”: Saggezza e stile. Nella sede
di Via della Fanella arrivavano confratelli da tutto il mondo. Per lui erano una
fonte diretta di preziose informazioni, che sapeva ben valorizzare.
Gli fu (forse) fatale una discussione sulla Massoneria.
Un confratello si dichiarava possibilista circa l’ammissibilità della Massoneria
da parte della Chiesa Cattolica . Don Giovanni era irriducibilmente contrario a
questa opinione:
Il funerale si svolse nella chiesa paolina Santuario
Regina Apostolorum di Via di Grottaferfetta.
Era stato il primo sacerdote paolino originario della
provincia romana.
Resterà un
grande modello di uomo, di sacerdote, di scrittore e di
storico.
Certo i suoi maggiori libri non sono fatti per “fare cassetta”: sono per accademie,
biblioteche, università a qualche specialista. Non “rendono” economicamente ma
guai se non ci fossero: saremmo sempre al semplice giornalismo, che
Giuseppe Cicolini
OGGI ( mentre si
sta avviando faticosamente la cosiddetta “riforma
Moratti”)
CURIOSITA’ E
SPIGOLATURE DESUNTE DAL VOLUME
“
I-analogie e
accostamenti tra
IERI
Prima del 1848 “Roma
primeggiava per l’istruzione tra tutte le città del mondo”, con “istruzione ed
educazione superiore, elementare e primaria con ogni sorta di istituzioni,
numerosi stabilimenti scientifici,università,seminari,licei,ginnasi, collegi,
pubbliche scuole comunali, elementari,accademie, società
scientifiche,artistiche, letterarie,biblioteche, musei,” anche per la gioventù
più bisognosa . In parte anche la provincia romana e il Lazio registravano una
discreta presenza di scuole parrocchiali . Il problema era
continuare a praticare la lettura e la scrittura . Spesso di ricadeva nell’
“analfabetismo di ritorno”.
OGGIOggi
Vige il
diritto-dovere dell’istruzione (un tempo chiamato “obbligo scolastico”) : tutti
i bambini e i ragazzi frequentano la scuola primaria (già “scuola elementare”,
la scuola secondaria di primo grado (già “Scuola media”. Problemi restano per i
più poveri, per i diversamente abili per i Rom e Sinti e, in parte, per gli
immigrati Per gli adulti ci sono solo pochi Centri
Territoriali Permanenti per l’Istruzione e l’Educazione in Età Adulta (annessi
ad alcune scuole e gratuiti) varie biblioteche pubbliche e poi una congerie di
iniziative di cultura, tempo libero e sport, quasi tutte a pagamento. Spiccano
-anche per le difficoltà in cui versano fuori Roma- le Università Popolari o
della Terza Età.
Ci sarebbero
la radio e la televisione –e specialmente il servizio pubblico radio-televisivo.
Ma, escludendo il terzo programma della radio-RAI –improntato al sapere – tutti
gli altri programmi sono “a rischio” di banalità, spazzatura e nocivi, senza una
bussola critica individuale. Le televisioni e radio private non sono commerciali ma quasi solo
commerciali: se potessero irradierebbero solo spot pubblicitari a
pagamento….
Nelle edicole
dei giornali c’è di tutto, nel bene e nel male: occorre un forte criterio di
scelta. Il computer e Internet sono
attualmente strumento di studio e cultura solo nel 20% dei casi: negli altri
casi si tratta di pura evasione o pericolo di pornografia, “spam” e facezie
varie. Ci vuole moltissimo controllo critico e…….
finanziario
Insomma la
situazione registra chiari e scuri.
Ma chi vuole studiare studia. Chi vuole perdersi e perdere tempo ha tutte le
facilitazioni.
Ieri
“Alle soglie del secolo XVI
“Scuole parrocchiali (purtroppo languenti), scuole
comunali (più o meno precarie),numerose scuole private (più o meno efficienti),
contubernia o “
dozzine” dei maestri ( in cui
gli allievi vivono addirittura in
casa dei maestri), collegi, pedagogia,convitti,pensionati, spesso
collegati con le università, le quali erano provviste non di rado, di scuole
preparatorie o primarie. Non v’era città che non avesse la sua scuola di
latino”.
Oggi
Scuole
dell’infanzia (già scuole materne), comunali, statali, paritarie –gratuite –
scuole private –a pagamento. Quasi sempre si paga un contributo per la
mensa.
Scuole
primarie statali, paritarie. Private.
Scuole
secondarie di primo grado statali, paritarie, private.
Scuole
secondarie di secondo grado
statali, paritari, privati ( con la riforma in fieri si chiameranno Istituti
Superiori).
Scuole
professionali statali, paritarie, private.Corsi professionali
regionali.
Centri
Territoriali Permanenti
(adulti)
CHI SONO I
DOCENTI E COME SONO FORMATI
IERI
“ I ‘Grammatici’
dell’Urbe o maestri rionali erano membri del corpo dell’istessa Sapienza, o
università romana” e dipendono direttamente per la licenza di insegnare e
per la valutazione direttamente dal Card. Camerlengo, Cancelliere dello Studium . Sono in tutto in numero di
tredici; quattordici, quando Sisto
V creò il rione Borgo. Accanto a loro operano maestri subordinati( con scuole “private propinque”). Gli uni e gli
altri poco retribuiti. La formazione dei maestri durava mediamente 9 anni con
gli insegnamenti di grammatica, letteratura, filosofia, matematica, tre anni di
teologia, più, ovviamente, tecniche
di insegnamento nella scuola primaria. Nella didattica si valorizza il mutuo insegnamento e ai monitori (alunni più bravi
protagonisti). I pedanti sono gli
accompagnatori nei “passeggi” e assistono gli alunni nella
giornata.
Poi ci sono i professori di retorica e i docenti
dell’università, tutto personale preparato nella università
stessa.
OGGI
Insegnanti della scuola dell’infanzia,
formati dalla Scuola Magistrale. Insegnanti della scuola primaria (già maestri
elementari) formati fin da ora dalla scuola secondaria quinquennale, più almeno
tre anni di Università, due anni “
a contratto” di formazione & lavoro, più concorso in una specifica
scuola.
Prende
vigore il ruolo dei Dirigenti
scolastici della “scuola autonoma”, che possono dirigere ogni tipo e livello di scuola,
a prescindere dalla loro scuola di provenienza in quanto docenti. I caratteri
sempre più spiccati di managerialità fa ipotizzare che i futuri Dirigenti
Scolastici o siano nominati per concorso anche da fuori della docenza, oppure
che siano indotti ad un tirocinio –come docenti- in tutti i principali tipi e
livelli di scuola.
La
retribuzione degli insegnanti è ancora in attesa di rivalutazione che la rende
di livello europeo. Se ne parla molto, anche per la valorizzazione del prestigio
sociale della professione docente.
L’autonomia
delle singole istituzioni scolastiche e la regionalizzazione galoppante della
organizzazione e funzionamento di tutte le scuole, ha reso evanescente il ruolo degli ispettori tecnici
ministeriali ( ora denominati Dirigenti Tecnici presso il MIUR), verso un corpo
di ispettori delle singole Regioni, come in Spagna.
LE SCUOLE
PARROCCHIALI DI DOTTRINA CRISTIANA
IERI
Nelle scuole parrocchiali di dottrina cristiana ( ad
integrazione dell’insegnamento impartito in famiglia da “genitori, tutori, padrini, padroni”) ovviamente si insegnava il
catechismo. “Con la famiglia e la
parrocchia collaborano molte altre istituzioni: scuole, collegi, ospizi,
conservatori, ospedali, istituti religiosi”.”L’importanza che si dava
all’insegnamento della dottrina cristiana aveva una suggestiva manifestazione
nel padrinato e marinato del catechismo –“compare e comare del catechismo”
–
Scuole parrocchiali festive di dottrina cristiana,
gestite da varie Confraternite, e nelle località rurali del suburbio
romano, dai Preti della
Missione.
Il testo-base era il catechismo del
Bellarmino.
I catechisti sono ” tutti gli ecclesiastici ascritti o
dimoranti nell’ambito della parrocchia e maestri e maestre ivi operanti”
.
”Li rudimenti
o somma di essa dottrina christiana, cioè Pater noster,Ave Maria,Credo,Precetti
di Dio e della santa Chiesa,li sette sacramenti,li sette peccati mortali e le
quattordici opere della misericordia, corporali e spirituali”, in latino “ et
in lingua volgare”.
A cercare e
radunare fanciulli per le strade vengono mandati i “pescatori”, che
assegnano i maestri alle singole
classi.
Un editto “ricordava l’impegno della Chiesa dell’Urbe
per insegnar dottrina cristiana ai campagnoli prima che si recassero nell’Agro
alla mietitura”.
I maschi erano separati dalla bambine dopo i sette anni
di età: in parrocchie diverse, con
locali diversi, locali con teloni divisori o di spazi sufficientemente
distanziati.
Nelle scuole rionali maschili “si coltiva il Salterio come lettura e
come riflessione”. Per dare
concretezza e regolarità a
quell’insegnamento, si stabilì che i maestri vi attendessero nelle loro scuole
almeno una volta alla settimana. A vigilare su tale insegnamento sono incaricati
i parroci, i maestri capi dei singoli rioni, i Visitatori deputati dal Rettore
della Sapienza, i Visitatori Apostolici .
A chi non è
diligente viene minacciato “il castigo del S. Michele, ossia la
reclusione cella Casa di Correzione eretta da Clemente XI nell’‘Ospizio
apostolico”.
La lista degli assenti doveva essere rimessa al
maestro-prefetto del rione da parte del decurione.
Nelle scuole rionali femminili . Vi insegnano il
catechismo le Maestre delle scuole
del Papa e le Maestre Pie “ le quali attesa la bontà de’ loro costumi e la
capacità d’insegnare alle fanciulle la dottrina cristiana,sì come l’insegnano,
tanto nelle scuole, che nella chiesa parrocchiale sono in Roma stabilite colle
dovute licenze”.
In altre istituzioni. Il Card. Vicario “ ricorda inoltre a tutti li settori e
maestri de’ seminari e collegi et a tutti li padri e madri di famiglia, di
essere diligentissimi in insegnare
a fare insegnare la dottrina cristiana anco nelle proprie
case”.
Così negli ospizi, conservatori, ospedali e
apprendistati, “l’insegnamento della
dottrina cristiana era alla base
della educazione e degli apprendistati”.
Nelle
Confraternite, oltre la recita di molti salmi,dell’ufficio della Madonna e di
altre preci vocali, il Cappellano doveva assicurare l’insegnamento della
dottrina cristiana. In forma catechistica, per non altre
mezz’ora.
Per elevare il livello dell’insegnamento sorsero Ordini
e Congregazioni:Gesuiti,Dottrinari,Scolopi,Lasalliani, ( per gli allievi maschi)
e Gesuitesse, Convittrici del Bambin Gesù, Maetre Pie,
ecc..).
Quanto ai metodi d’insegnamento della dottrina cristiana
essi erano lagamente basati sulla memoria, “soccorsa dagli esempi e dalle
similitudini dimostrative e spronata dalla
interrogazioni,recite,dispute,sermoncini e rappresentazioni”.”I maestri
procurino di far intendere a i figliuoli quel che hanno imparato a mente”,
mediante piccoli trucchi: domande “alternative” e improvvise, richiesta di
riassumere un tema, interruzione della recita a memoria…
Un riferimento obbligato era S. Agostino, maestro
impareggiabile di catechesi, il cui metodo egli espose nel suo “De catechizandis
rudibus”.
Prima delle lezioni un incaricato “disporrà i banchi,
tavolino, campanello, orologio “ libretti o altro occorrente
“.
I fanciulli venivano radunati “da un fratello
dell’Arciconfraternita della Dottrina Cristiana - il così detto Pescatore – con
la croce e il campanello per le strade entro i confini d’ogni Parrocchia,
dicendo: ‘Padri e madri, mandate i vostri
figli alla dottrina cristiana; se non li manderete, ne renderete conto a Dio
“ .
Durante la lezione agivano i Silenzieri per controllare
tutti. Al termine, tornando a casa, accompagnati, almeno per un tratto, dal
pedante i fanciulli “vadano modesti e senza fermarsi qua e là,
senza far chiasso né danno, e si qualcuno li offende, non si vendichino, ma
dirgli con calma ‘ Dio ti dia la grazia
di pentirti di qualunque cosa tu hai fatto di male. Non imprecare, non
giurare, non mentire, non dire parolacce. Non giocare alla carte né ai dadi…..”
Inoltre “si abbia
un buon comportamento coi mendicanti, i poveri, i forestieri,le persone
altolocate, i superiori, quando si va a letto, quando ci si alza, le pratiche
devozionali quotidiane”.
Nelle feste
si realizzavano varie rappresentazioni, ma c’era il pericolo di
“inconvenienti e disordini”. Ogni anno la disputa solenne tra rappresentanti di
tutte le scuole “con le elezione
dell’Imperatore di tutte le dottrine”.
“Scuole di
dottrina cristiana e istruzione abbecedaria”.
Spesso si associa alla dottrina cristiana, in modo
naturale, “l’istruzione abbecedaria e aritmetica” ( il classico leggere,
scrivere e far di conto) .
Scuole e maestri rionali. I maestri sono i “grammatici “
dell’Urbe, vantavano l’origine della loro scuola - ospitata in edifici pubblici
e del loro stipendio dello Stato -
dall’imperatore Alessandro Severo nel 222, con conferma dagli imperatori
cristiani e riconosciute nei Codici Teodosiano e Giustinianeo. Erano incorporati
nella Università o Sapienza Romana.
Nel 1431-2 Papa Eugenio IV
istituisce
OGGI
L’insegnamento della dottrina cristiana ha una
situazione complessa. In famiglia è dovere dei genitori cristiani, unitamente
alla pratica di preghiera e vita cristiana. Poi interviene l’insegnamento di
religione cattolica nella scuola ( del quale ci si può anche non avvalere) e
soprattutto la catechesi parrocchiale. Insegnanti di religione cattolica nella
scuola (ora riconosciuti insegnanti
di ruolo come gli altri insegnanti) e catechisti devono essere formati presso
scuole di teologia per i laici o presso le Università Cattoliche.
Si discute sui metodi di insegnamento della
religione nella scuola, ma soprattutto sullo stile della catechesi ecclesiale ,
perché l’uno e l’altro insegnamento siano efficaci e lascino tracce permanenti
nei ragazzi, facilitando loro percorsi successivi di catechesi permanente, da
adulti. Si vorrebbe un insegnamento e una catechesi con forti fondamenti
biblici, con molte letture e commenti del testo sacro.
Un problema
particolare è rappresentato dalla esigenza di una speciale forma di catechesi
precoce per i bambini, anche prima della specifica preparazione per
insegnamento
gratuito
ieri
Scuole per i poveri, gratuite, per tutti. “Il
maestro…non può pretendere compenso dagli alunni, poiché comunicare la scienza per mercede è considerato simonia”. Ad una qualche
forma di pagamento devono
provvedere i Vescovi o le Comunità locali.
“Scuole
parrocchiali di istruzione letteraria per i poveri”. Farsi chierichetto e servir
messa era un modo facile per avere un’istruzione gratuita. Peraltro ogni Parroco ha l’obbligo di mantenere un
maestro di scuola. Ciò, prima dei Seminari Tridentini era una via per cominciare
a formare aspiranti sacerdoti.
“Scolari a dozzina o convitto (contubernium)”, vivevano insieme a casa del maestro, di solito un
sacerdote.
Maestri e Scuole
pie del Papa o scuole de’ poveri, che forniva gli alunni di carta, penne,
inchiostro “e tutt’altro occorrente”.
“ In questa scuola si ammaestrano i
giovanetti e le giovanette come nella dottrina cristiana, così nel leggere,
scrivere, aritmetica, geografia, lingua italiana e buone
creanze”.
Scuole popolari gratuite dei Gesuiti, dei Dottrinari,
dei Francescani Conventuali,dei Barnabiti, i Chierici Regolari della Madre di
Dio, i Fratelli della Scuole Cristiane ( conosciuti anche come gli “Ignorantelli”). Ma i veri protagonisti
di scuola popolare primaria gratuita furono quelle istituite e dirette da San
Giuseppe Calasanzio. I Padri Calanziani avevano un quarto voto “ come vincolo religioso solenne
all’insegnamento”.
Scuole popolari gratuite di avviamento al lavoro negli
ospizi, negli orfanotrofi, (Ospizio “Tatagiovanni”, Ospizio del “Letterato”,
Ospizio Apostolico di S. Michele a Ripa, Ospizio di Santa Galla, Ospizio degli
Esposti, Ospizio dei Catecumeni e Neofiti,
nella Pia Casa d’Industria,nelle scuole serali per giovani
apprendisti).
OGGI
“L’arte e la
scienza sono libere e libero ne è l’insegnamento” recita l’art. 3 della vigente Costituzione. Ma varie riforme
in atto e annunciate riducono sempre di più la scuola e il sapere ad una merce
che si compra e si vende, escludendo i poveri…….
A prima vista
oggi l’istruzione primaria è gratuita per tutti, ed è un diritto-dovere ( non si
parla più di obbligo scolastico formale). Frequenza e libri sono effettivamente
gratuiti.
Non sono
gratuite le scuole secondarie di primo e secondo grado e le scuole
professionali, ora destinate a diventare licei o corsi
regionali,
In realtà le
spese a carico della famiglia, nella scuola dell’infanzia e primaria, ci sono, ancorché “nascoste”: quaderni,
contributo per trasporto e mensa
merendine, festicciole scolastiche ecc. .
CONDUZIONE
DELLE SCUOLE RIONALI
Ubicazione,locale, suppellettile della
scuola
IERI
La realtà della scuola e la sede
scolastica era una struttura molto umile, un “auditorium” costituito “da una stanza semplice e spoglia,dove gli
scolari siedono sulla paglia;dal sec. XV si cominciano a vedere le panche”. La
scuola non “habba la porta in strada”, sia lontana dallo strepito, ci sia
decenza e pulizia. L’ideale era di tenere le scuola unita all’abitazione del
maestro. Gli scolari erano ammassati fino a 50, 100 e più , divisi in classi e
le classi in gruppi. Era obbligatorio un altarino con un’immagine
sacra.
Alla porta
deve essere affissa una tabella, a cura e spese del maestro, con le
sommarie indicazioni sulla scuola.
“Cura
particolare per la bontà dell’acqua da bere. Le vacanze servivano per dar tempo a imbiancare le pareti e
riparare i banchi”.
OGGI
Gli edifici
scolastici sono soggetti a speciali norme relative alla sicurezza, all’igiene e
alla funzionalità. Restano casi di edilizia di fortuna o di edilizia
prefabbricata.
Ma i maggiori
problemi sono relativi alla sicurezza oltre cje alla funzionalità. Ci vuole una
progettazione “pensata” per la didattica…….. e non corridoi e aule.
SCRITTORI
PEDAGOGICI
IERI
Oltre i
classici latini (Seneca,Quintiliano), Silvio Antoniano,autore dei “Tre libri
dell’educazione christiana de i figliuoli”e un anonimo autore di un “Discorso
sopra l’ignoranza et educazione della gioventù”. Soprattutto,Statuto e
istruzioni agli insegnanti scritti da S. Giuseppe Calasanzio. A ciò va unita la
“Ratio studiorum”, pubblicata in
varie occasioni e redazioni.
OGGI
Esiste un’abbondante letteratura pedagogica. Tradizionalmente si
considera J.J. Rousseau un grande pedagogista. Oggi intere Case Editrici (
ADUNANZE DEI
MAESTRI
IERI
Adunanza mensile “perchè dessero resoconto della loro
attività scolastica” .S. Giuseppe
Calasanzio prevede
settimanalmente la”
conferenza sui problemi pedagogico-didattici, ma conta anche sulla formazione
permanente dei docenti e infine “la
stessa scuola doveva servire al maestro come palestra per allargare e
approfondire le sue cognizioni”.
OGGI
Le riunioni dei docenti non si contano più. Quando non
sono veramente necessarie diventano frustranti. La formazione in servizio dei
docenti dovrebbe essere gestita con serietà e garantita da una università , con
la quale ogni scuola dovrebbe stabilire una convenzione.
LE CLASSI
SCOLASTICHE
IERI
Le classi erano organizzate in tre gruppi: “leggenti”,
“scriventi”,”abachisti” e, spesso,
gli alunni impegnati a studiare i primi rudimenti della lingua o
grammatica latina (“Ianua grammatices”), il “latinetto”.
Secondo l’uso parigino ( tuttora vigente in tutta
OGGI
Le classi
sono di 20-28 alunni. Sono accolti gli alunni diversamente abili, seguiti anche
da Insegnanti di sostegno,
appositamente preparati.
La riforma in
atto imporrebbe una estrema individualizzazione dell’insegnamento ( Unità di
Apprendimento personali e Portfolio
delle competenze).
Si sono
ridotte le ore “ di sostegno”, nella convinzione (mitica) che tutti gli
insegnanti sono”naturalmente” di sostegno.
Non ci sono
programmi didattici con contenuti definiti una volta per tutte . Si è passati
dalla programmazione didattica per
obbiettivi , alle UA, alla scheda di
valutazione dell’alunno liberamente adottata da ciascuna scuola, alla
eliminazione degli esami di quinta classe di scuola primaria, all’introduzione
della lingua straniera e del
computer.
Il tutto
caratterizzato dall’autonomia.
Discipline di
studio della scuola primaria
oggi:religione cattolica (per gli
“avvalentesi”);
italiano;inglese;storia;geografia;matematica;scienze,
tecnologia;musica;scienze motorie e sportive; arte e immagine. “Educazioni”:
alla cittadinanza, stradale, ambientale,alla salute, alimentare,
all’affettività.
L’educazione
interculturale, in presenza o meno di alunni immigrati, è molto e bene praticata
dalle scuole, ma come sottaciuta dagli ordinamenti scolastici in
atto.
SUSSIDI E
TESTI SCOLASTICI
IERI
Nell’aula non mancava mai un quadro sacro, con altarino
e lampada ad olio che si accendeva il sabato. C’era poi il cartellone
dell’alfabeto appeso al muro, con tavole identiche in formato minore per gli alunni;qualche
libro sussidiario di letture; l’ abbachino o aritmetica elementare; il
libretto della dottrina cristiana al quale era allegata una raccolta di sentenze
di buoni costumi e di buone creanze. La tavola dell’alfabeto era detta della santa croce, “ in quanto il primo
segno posto innanzi alla lettera A era appunto il segno della croce.
Il libro di lettura più comune era il Salterio “ che si leggeva in latino, pur non
conoscendo la grammatica latina. Esso riportava anche le più comuni preghiere
latine: Pater noster, Ave Maria, Credo,
Miserere, Salve Regina. Talvolta
apparivano libri di lettura in italiano: Il libro delle Vergini, Il Giosafat, Il giovinetto
cristiano.
Chi impara il latino “legge il Donato” o la grammatica latina
di Emmanuele Alvares. Tra gli altri libri (pochissimi), Esopo. C’è anche una
guida: l’ “Indice de’ libri che si
spiegano di ciascuna scuola nel Collegio nuovo Calasanzio”, con nota sui
classici e alcuni testi scolastici.
OGGI
Ogni aula è
letteralmente tappezzata di cartelloni, immagini, frasi e si rinnova in
occasioni del variare delle stagioni o delle feste. Se non c’è la bibliotechina
di classe c’è comunque la biblioteca di scuola. Purtroppo sembra sempre mancare
il tempo per buoni esempi di lettura espressiva in classe. Talvolta si dispone
anche di modelli geometrici e di un laboratorio di fisica
elementare.
Non mancano
proiettori, macchine fotografiche, registratori. I computer per ora vengono
usati solo dai docenti. O, peggio, si tratta del computer solo per studiare il
computer stesso!
I
quadernoni coloratissimi dominano
la scena delle classi.
“DIDATTICA
ABECEDARIA”
IERI
L’insegnamento della lettura e scrittura era fondato sul
secolare metodo alfabetico: prima la lettera alfabetica, poi la sillaba, infine
la parola e la frase intera. Guarino Guarini aveva formulato il metodo
tradizionale,”anche se irrazionale e
meccanico, quasi a scioglilingua”.
Alla parete “le
singole lettere erano riprodotte su
un tabellone. Il maestro indicava con la bacchetta il segno e faceva sentire il
suono e il nome. Gli scolari in coro o invitati singolarmente dovevano ricordare
il segno ed esprimere il suono e il nome”.
Il tutto ripetuto fino alla noia, fino a ritenere a
memoria tutte le lettere in successione alfabetica. Ogni maestro inventava
qualche accorgimento adatto: lettere mobili,biscottini in forma di lettera,
“lettere in forma di frutta” e così via. Era famoso il trucco inventato
nell’antichità da Erode Attico, che, per aiutare il figlio a ricordare le 24
lettere dell’alfabeto greco allineava 24 giovani schiavi chiamandoli ognuno con
una lettera dell’alfabeto! Era l’a, be,
ce: l’abecedario.
Il
secondo passo era “syllabicare”, cominciando con sillabe di
due lettere, donde sillabario.
Infine si passava con molta fatica alla lettura
corrente, dovendo per forza adottare il suono naturale e non il nome delle lettere
dell’alfabeto!
Qualcuno introdusse l’uso di una pianola, l’uso di mazzi di
carte.
Per il “latinetto” si continuava ad usare “il
Donato, prima grammatica latina in forma dialogica, compilata in latino
nell’ottavo secolo sulla base del testo ARS MINOR di Elio Donato (sec
IV)”.
Per la scrittura si insegnava il ductus delle singole lettere, occorrendo
tre o quattro mesi a “quelli che hanno buon polso”.
Altri cartelloni
alle pareti riportavano
modelli da copiare ( “tabulae
productales”) .Il manuale di Giambattista Palatino era intitolato: “Libro….nel qual s’insegna a scriver ogni
soprta di lettera, antica e moderna,di qualunche natione, con le sue regole e
misure e esempi, et con un breve ed util discorso de le
cifre”.
“I pedagogisti
raccomandavano di far copiare frasi di buoni filosofi” e proponevano la calligrafia. “ I saggi calligrafici e
i disegni artistici, promossi dal Calasanzio e degni spesso di esposizione,
servivano da ornamento sulle pareti delle scuole e delle case. Con gli esercizi
calligrafici si promuoveva anche il culto della lingua nazionale e della pietà,
mediante la copiatura assidua, attenta, lenta, calligrafica di scelti testi in
volgare di contenuto morale o religioso o mediante esercizi di libera
composizione anch’essa in lingua nazionale”. Abbondavano anche i
dettati.
OGGI
Il metodo
globale o naturale ha rovesciato il meccanicismo tradizionale nell’apprendimento
della lettura e della scrittura: dapprima si legge una breve frase avente un
senso immediato, puoi si passa alla parola singola, fino alla lettera singola,
nominata non secondo il nome dell’alfabeto tradizionale, ma per il suo suono.
Questo cambiamento (metodo fonico) fu introdotto da un maestro
luterano,Valentino Ickelsamer, sostenuto poi dai Portorealisti in Francia, dal
Comenio in Moravia e così via.
Molti
insegnanti se la cavano parlando di un “metodo misto”, avendo constatato che il
metodo tradizionale induceva a sillabare, leggendo lentamente e penosamente per
mesi e mesi; mentre il metodo globale produce errori grammaticali difficili da
estirpare……
E’ finito il
culto della calligrafia, almeno da noi. Permane, anche se attenuato, in Francia
in Germania e nei Paesi dell’Est Europeo. E’ addirittura arte nel mondo
islamico, in Cina e in Giappone.
Ciò vale
anche per le regole di una buona composizione, che da noi si tende a non fornire
affatto. Dettati, autodettati, pensieri, temi, testi liberi sono oggi praticati
alternativamente, rafforzati da letture non solo dal libro di lettura, ma da
testi procurati dall’insegnante e dagli stessi alunni.
La scuola
primaria fa usare ancora matite e penne per disegno e scrittura manuale, tutte
pratiche quasi scomparve nella vita esterna alla
scuola.
In futuro
quelle pratiche resteranno forse
solo come
terapeutiche
e rilassanti…. E per la riflessione.
DIDATTICA
DELL’ARITMETICA
IERI
Fin dall’antichità
“le nenie puerili delle
ripetizioni dei numeri…assordavano i passanti”.
Si chiamava abaco - dal nome dell’antico strumento
che facilita il raggruppamento delle cifre a seconda del loro valore di
posizione (unità, decine…) - ed era
allegato agli abbecedari e sillabari.
Il Calasanzio proponeva di andare ben oltre le quattro
operazioni, per favorire l’esercizio delle attività artigianali,manifatturiere,
mercantili, marinare, impiegatizie…Ad esempio “l’aritmetica
mercantile”.
Ciò valeva anche per le fanciulle. Il successo di tale
insegnamento si segnalò dal fatto che lo seguirono anche gli adulti e perfino
”uomini dell’aristocrazia e cavalieri di
gran portata”!.
Ogni giorno si ripetevano le “terribili” tabelline della
tavola pitagorica e venivano assegnati un gran numero di problemi
aritmetici.
Le interrogazioni improvvise sulle quattro operazioni
erano prassi quotidiana, spesso ripetuta a casa da padri e madri. Il calcolo
mentale, anche per approssimazione , era considerato di importanza fondamentale,
e non solo negli acquisti e pagamenti. Questa abilità conferiva
prestigio.
Tabelline e interrogazioni veloci di contabilità
spicciola sono rimasti fino agli anni ’50 del ‘900, creando molta paura e
ripulsa . I problemi astrusi sono stati la croce e delizia della scuola
elementare, che aveva fretta di insegnare tutto e subito, visto che pochissimi
continuavano gli studi. Di fatto il 50% degli alunni avrebbe
odiato poi tutta la matematica e anche la geometria, la statistica e perfino la misura in
genere
OGGI
L’insegnamento/apprendimento della matematica ha avuto
rinnovamenti notevolissimi, dopo la cosiddetta “insiemistica”, la numerazione
“in base” diversa dalla decimale.
Lentamente ha
preso vigore il ragionamento che
deve accompagnare le “operazioni”, cioè la cosiddetta “matematica senza
lacrime”.
Disegnare,
costruire, stimare: sono operazioni quotidiane e tranquille, il gioco prima del
calcolo, la manipolazione di oggetti e la loro classificazione, il disegno di
geometria piana, la familiarizzazione con modelli di figure geometriche solide,
fino alle tabelle statistiche e alla probabilità. Gli esperti lamentano ancora
uno svantaggio tutto italiano per lo studio delle matematiche e per le
scienze, strettamente legate al
metodo matematico.
Le macchinette calcolatrici , usate spesso clandestinamente anche in
classe, nascondono le lacune, i grandi “vuoti” di competenza
matematica.
METODI DI
INSEGNAMENTO DELLA LINGUA LATINA
IERI
Si incominciava col Salterio,a memoria, e poi per
lettere le singole lettere. Poi si incominciava con
Si riteneva che la grammatica “ è l’arte strumentale
della convivenza umana……contiene pertanto i semi delle scienze. Da Dionisio
Trace e per duemila anni la
grammatica latina è stata studiata allo stesso modo (casi, tempi, declinazioni,
verbi attivi e passivi, comparativi……
Chi passava
alla classi di Umanità, Retorica, Logica studiava le lettere di Cicerone, passi scelti dai
Tristia di Ovidio, Valerio Massimo,Virgilio, con estrema abbondanza di
riferimenti di mitologia classica.
A Roma anche i poveri potevano accedere gratuitamente
all’apprendimento del latino, se ne avevano l’attitudine e la richiesta del
Parroco.
OGGI
Non si
insegna il latino nella scuola primaria. L’inglese sì. Il problema del latino si
ripropone nella scuola secondaria di prima grado, come opzione dello
studente.
Per noi
italiani ed europei va ripreso questo studio, almeno come conoscenza dei
classici latini , della letteratura latina medievale e latina cristiana.
E poi, queste
sono le nostre radici vere.
ESERCIZI
SCOLASTICI ORALI E SCRITTI
IERI
Eramo nella sua “Ratio studiorum” consiglia: “maestro amico,manuali brevi e ben fatti,
scelta di buoni autori classici, attente e minute letture, esercizi a memoria,
appunti scritti conversazioni e discussioni,tutto intervallato da esercizi
fisici e stacchi di riposo e svaghi”. Insomma: “circulus ed
calamus”.
Campanella e Comenio propongono l’enciclopedia del
sapere come un tutto organico. Campanella insiste sulla didattica come gioco, come farà
Vittorino da Feltre. Giovanni Ravizza distingue tra un maestro generale e
maestri particolari, suoi aiutanti.
Nella pratica comune, dal lunedì al giovedì dal levar
del sole al declinare del giorno (interruzione per il pranzo a casa) lezione
continua e faticosa. Il venerdì: interrogazione speciale . Il sabato gare tra alunni divisi in
due schiere e il pomeriggio “difesa” dei temi assegnati tre giorni prima.
La domenica, ascolto di letture sacre e accompagnamento
in chiesa per
Nella lettura e nella conversazione in classe era richiesta “ la pronuntia romana e
toschana”.
Le interrogazioni, la prelazione (introduzione), la
ripetizione, le dispute e sfide (
tra due gruppi di alunni – i “Romani e i Cartaginesi”), le declamazioni, le
accademie e rappresentazioni teatrali, gli esercizi scritti, la versificazione,
gli esami: erano questi i capisaldi della scuola primaria.
I voti di esame erano espressi con avverbi: optime, bene, mediocriter, malissime o
pessime, con varianti del più e
del meno.
Nei Seminari, almeno fino al Concilio Vaticano II tutte
queste pratiche erano in atto. Il pubblico ne aveva sentore nelle “predichette”
natalizie dei seminaristi, nelle recite parrocchiali, nei “teatrini”, in qualche
“saggio” stampato.
Occorre dire
Evidentemente questo fu un modo egregio ed efficace di
raccogliere la sfida protestante del Nord - Europa.
OGGI
Le
esercitazioni sono il pane
quotidiano della scuola primaria, anche perché i genitori , bene a male,
vogliono vedere sui “quadernoni” i progressi quotidiani del figlio
scolaro.
La noia è
bandita. La valutazione dell’alunno è cambiata e cambierà, con i criteri
lasciati ad ogni singola scuola , quindi non più confrontabili tra scuola e
scuola.
Le verifiche
periodiche dovrebbero sostituire le ansie degli esami, che al termine della
scuola primaria, non ci sono più. La bocciatura è rarissima e deve essere
adeguatamente motivata.
Purtroppo è
poco coltivata la memoria, anche per le poesie.
Recite
natalizie, di fine anno scolastico, festicciole abbondano. Ma un vero curricolo
teatrale, corale e di ascolto musicale è ancora raro.
Il fondamento
e coronamento dell’ insegnamento non è più la religione cattolica, ma “ l’educazione integrale della personalità
dei fanciulli, stimolandoli all’autoregolazione degli apprendimenti, ad
un’elevata percezione di autoefficacia, all’autorinforzo cognitivo e di
personalità, alla massima attivazione delle risorse di cui sono dotati,
attraverso l’esercizio dell’autonomia personale, della responsabilità
intellettuale, morale, sociale, della creatività e del gusto estetico”.
Insomma: un eccesso di centrazione sullo sviluppo dell’alunno, in polemica con
il fanciullo eterodiretto dei secoli andato ed anche con la
socialità-collaborazione-cooperazione nel gruppo classe, che era la nota
dominante del recente passato scolastico.
ALTRE NORME
ED ACCORGIMENTI PSICO-PEDAGOGICI
IERI
In teoria si doveva evitare l’impegno intellettuale
eccessivo degli scolari alternando studio, svago e sport. In pratica questo
equilibrio era reso difficile dagli scarsi locali e dall’affollamento di
scolari:essi restavano praticamente immobili per ore ed
ore.
Fortunatamente c’erano molte vacanze, sgradite ai
genitori. In qualche scuola, dopo le lezioni pomeridiane “fanno esercitio corporale circa mezz’hora,
come scopare,nettar l’horto et il resto della casa”.
Nell’intervallo tra la scuola di dottrina cristiana e vespri
o subito dopo i vespri nei giorni festivi, in campo aperto, si poteva giocare
alla palla,alle bocce, alle piastrelle. Solo i Salesiani faranno del cortile e
del campo sportivo un loro impegno per la liberazione delle energie dei ragazzi
e l’acquisizione delle “regole del gioco” e della vita
comune.
Emulazione e premi.
“La memoria e l’emulazione erano le due stampelle sulla
quali poggiava la didattica”. L’emulazione non doveva travalicare in “invidia e
odio” ed esprimersi nel confronto tra due gruppi di
scolari.
Chi legge meglio è nominato “Imperatore” per una
settimana o “per tutto l’anno, con corona e scettro
imperiale”.
Anche la lettura in pubblico delle migliori composizioni
era una forma di premio. Anche la calligrafia e il disegno artistico vengono
premiati.
Assistenza agli scolari.
Accanto al maestro c’era il prefetto delle scuole, il
correttore, i custodi degli scolari ( mantenevano l’ordine all’ingresso delle
scuole),i decurioni (alunni capaci scelti dal maestro e approvati dai compagni),
altro personale ausiliario e l’accompagnatore.
Doposcuola
Funzionava solo nelle Scuole Pie, per gli alunni poveri
che venivano da lontano e a casa non avrebbero potuto
studiare.
Collaborazione dei genitori.
Era limitata a “farsi vedere qualche volta per intendere i
portamenti de’ loro figliuoli”.I genitori dovevano vigilare sulla frequenza
alla scuola, anche alla scuola festiva di dottrina cristiana ed avere “ cura circa l’insegnare a far imparare ai loro
figli”. Una volta al mese i genitori degli scolari paganti (più ricchi)
dovevano pure farsi vedere per consegnargli la quota
mensile.
Castigo
L’uso delle repressione e del castigo era normale, come
lo era nella famiglie.
La “ferula”
(sferza), che i re goti usavano donare al maestro come riconoscimento della sua
cultura, era anche segno di autorità e potere. Si raccomandava di non esagerare
con i colpi di sferza (formata di
semplici funicelle senza nodi, percuotendo la palma delle mani). L’alunno doveva
convincersi della giustezza del castigo.
Non mancava il banco della vergogna o il segno
dell’ignoranza (orecchie d’asino o simili).
Visita ispettiva
Era periodica e scrupolosa. Era seguita da ordinanza,
per il Rettore della Sapienza.
OGGI
C’è maggiore
rispetto per le esigenze fisiche e psichiche degli scolari. Il gioco è
presente,e, nei casi migliori, il
passaggio da un’attività all’altra rappresenta
esso stesso un sollievo. C’è la ricreazione e il movimento, nonché l’educazione
motoria in palestra.
Resta il
problema di voler fare lezioni formali
(che ora si chiamano obiettivi
specifici di apprendimento -O.S.A) anziché favorire, in modo naturale,
esperienze dei vari linguaggi che formano l’universo cognitivo affettivo e
psico-motorio dei
fanciulli.
In altri
termini, il passaggio tra scuola
dell’infanzia (scuola del gioco) e scuola primaria ( scuola dei linguaggi)
dovrebbe essere più graduale. La stessa scuola secondaria di primo grado deve
seguire in modo più naturale e senza forzature.
Premi e
castighi non hanno più spazio, sostituiti dal rinforzo psicologico per chi sa e
per la piccola frustrazione per chi non sa.
Sono banditi
nomignoli e segni di infamia scolastica. Le percosse e i maltrattamenti sono
reato.
L’assistenza
agli scolari è regolare solo per quelli diversamente abili, Per gli altri c’è
una generica presenza del personale ausiliario.
La
collaborazione dei genitori, sempre invocata, adesso che gli stessi organi
collegiali della scuola sono entrati in crisi, è sempre scarsa.
Le stesse
associazioni dei genitori sembrano aspirare più ad un certo potere organizzativo
che a fare la parte dei genitori sui temi formativi (esempio in casa,
interessamento ai progressi del figlio alunno, valori vissuti e condivisi con la
scuola).
Le visite
ispettive sono state semplicemente
abolite e ormai sono riferite solo a casi clamorosi di abusi o violazioni di
legge.
Purtroppo si
fa strada la convinzione ( e la prassi) che a controllare la scuola vale
piuttosto l’intervento della Magistratura contabile o della Magistratura Penale
( quando del caso) perché vige l’autonomia di ogni singola
scuola.
SCUOLE
POPOLARI RIONALI FEMMINILI E MISTE
Ce n’erano varie e diverse: scuole gratuite delle
Orsoline; scuole delle Gesuitesse; scuole e maestre pontificie; scuole delle
convittrici del Bambino Gesù; scuole delle Maestre Pie; scuole di imitatrici
delle Maestre Pie.
I contenuti dell’insegnamento di tali scuole erano:
dottrina cristiana;lavori femminili comuni;lavori dilettantistici, artigianali,
artistici. Talvolta insegnavano anche a leggere e scrivere e perfino un po’ di
latino. In genere si possono definire di scuole di avviamento al
lavoro.
“Una
multisecolare tradizione faceva vedere nel monastero la scuola più apprezzata
per una donna che volesse avere una formazione accurata
e raccolta”. Purché potessero pagarsi gli alimenti. Ma alcune ragazze erano
ammesse gratuitamente “ per l’amor di Dio”.
Per le poverissime e le esposte c’erano
ospizi-rifugi-conservatori detti comunemente conservatori, dove venivano educate
e istruite.Le “convertite” e le senza-casa
dette “baroncelle”si aprivano i monasteri, come pure per le “pericolanti,catecumene,neofite,convertende
dall’eresia,mal maritate, vedove povere e abbandonate, celibatarie bisognose, malate mentali, e così via” .
Per le giovani ricche e altolocate e paganti l’istruzione non è di tipo
lavorativo ma artistico e delle buone maniere. Tutti imparavano a scuola ma pochi (
artigiani e impiegati, gli studenti che proseguivano gli studi per le
professioni o per il sacerdozio) conservavano per tutta la vita la capacità di
utilizzare gli apprendimenti. Facilmente imparavano e facilmente
dimenticavano!
C’era una congerie di iniziative di educazione,
istruzione e assistenza per i
poveri. I pubblici poteri non si interessavano affatto ai poveri. Lasciavano che
lo facessero per carità le istituzioni religiose. Siamo ancora all’alba dei
diritti delle persone in difficoltà, ma questo arcipelago di bene fu
storicamente la premessa ad ogni
futuro intervento pubblico dello “Stato sociale”.
Altro capitolo parallelo fu l’istituzione di Ospedali e
Ricoveri promossi dalla Opere Pie, con grandi personalità di uomini e di santi
che se ne fecero promotori.
OGGI
Non c’è più
l’intreccio fra la formazione religiosa,istruzione e assistenza per i
giovanissimi poveri, - e segnatamente e separatamente – per le ragazze
sfortunate.
Siamo
nell’epoca dei diritti delle persone
e specialmente per le persone giovani in difficoltà. I servizi sociali
per le categorie più esposte hanno avuto uno sviluppo consistente già dagli anni
’30 dello scorso secolo e segnatamente dopo gli anni ’60, quando sorsero
problemi inediti quali quelli rappresentati oltre che dai “vecchi” alcoolisti,
dai drogati, malati di AIDS, diversamente abili e
immigrati.
Di fronte
all’aggravarsi della situazione sociale, il mito dello Stato leggero sta
riducendo le spese pubbliche, attraverso tagli
indiscriminati.
Si sta
dimenticando che storicamente le grandi invenzioni culturali sono state dopo quella dello Stato (
alcuni millenni orsono) e poi dello
“Stato sociale”, solo cinquant’anni fa.
Far ritornare
tutto nella braccia del volontariato, delle Chiese (Caritas), senza oneri per lo
Stato, è un passo indietro. Il volontariato e le Chiese sono vocati ad una
integrazione di amicizia e speranza a favore dei poveri, in più rispetto ai
diritti (ospedale, cure mediche , assistenza sociale, pensioni) e non in
sostituzione dei diritti stessi.
La scuola è
un aspetto importante ma non
determinante, da solo, degli interventi della comunità e della società a favore
dei suoi membri più deboli.
( A cura di
Giuseppe Cicolini)
II-curiosità riguardanti le
scuole sparse nel territorio della Valle dell’Aniene e del Lazio tra 1550 e il
1870 (periodo dello Stato Pontificio), come indicatori della situazione della
vita sociale DEL TEMPO di quelle popolazioni
-“Non v’era città
che non avesse la sua scuola di latino”
-“Grande
moltitudine di contadini, che nelle feste vengono a Roma dalle campagne, e i
Gesuiti tengono sermoni per essi nelle pubbliche piazze”
-“Alla maestra
dell’educandato del monastero delle ss. Flavia e Domitilla di Frascati, che è
fedele all’insegnamento delle dottrina cristiana alle educande, il Visitatore
Apostolico ordine di provvedere che ognuna abbia una copia del libretto del
Bellarmino”
-“Voglia il
Papa por mente alla missione che compie il loro Collegio (dei maestri)il quale
con ogni impegno e dedizione trae incessantemente i fanciulli lungo la via della
cristiana virtù e dottrina, studiando di mutarli in qualche modo da belve in
uomini” (sic!)
-“Nella
collegiata di Paliano ( dioc. Di Palestrina) venivano assegnati due benefici
semplici detti “chiericati” con l’onore di servitii manuali, come di servire
alle Messe,scopare la chiesa, sonare le campane e simili”, per consentire una
qualche formazione dei chierici
ordinandi,dei chierichetti.
-“Un canonico
sacrista di Trevi nel Lazio (dioc. Di Anagni), semplice tonsurato ma privo di
‘littere’. dice al Visitatore nel 1623: ‘in luogo di dire l’offitio, dico la
corona, come appare nella mia dispensa. L’offizio mio è sonare le campane,
spazzare la chiesa,rispondere alla Messa”.
-“ A Casperia
in diocesi di Sabina (suburbicaria) il Visitatore apostolico nel 1660 trova un
chierico tonsurato di 16 anni, che stenta a leggere , sa un po’ di dottrina
cristiana”.
-“A Castro
Puteala un tonsurato di 18 anni viene esortato a frequentare una scuola per
imparare a leggere, se vorrà un giorno diventare
sacerdote”
-“Quanto alla
pulizia, il Visitatore nel 1747 si compiaceva con un maestro per aver trovato la
sua scuola ben tenuta e pulita, e civiltà nella sua scolaresca, mentre deplorava
scuole mal tenute o bisognose di pulizia”.
-“La
descrizione dei locali e della suppellettile scolastica tocca spesso
l’inverosimile.I rilievi più ricorrenti sono la l’angustia dell’aula scolastica,
la malsanità, per l’umidità, la carenza di luce e d’aerazione, talora mancanza
della latrina, tetti e pavimenti rovinati, sito chiassoso, entrata confusa,
promiscua, banchi consumati e quasi inversvibili, talora mancanti del tutto,
sicché gli scolari sono obbligati a sedere per terra, quando non possono
portarsi da casa qualche forma di sedile”.
-Ad Arsoli (
dioc. Di Tivoli) con 1300 abitanti v’è camera grande per la scuola spettante al
Comune, manca però di scanni, banchi, e tutt’altro che è
necessario”.
-“A Ponticelli
(attuale Montecelio) con 1353 abitanti
nella scuola maschile ci sono scanni e banchi, mentre le fanciulle sono costrette a sedere in terra, se non
hanno sedia propria”.
-“ A Percile
con 790 abitanti si paga l’onorario del maestro focalmente con una coppa di
grano per famiglia, che corrisponde alla duodecima parte di un rubbio, altre ai
9 scudi del Comune. Non c’è locale per la scuola che si fa nell’abitazione del
maestro, al quale il Comune paga circa nove scudi”.
-“ A Roviano
con 693 anime, l’abitazione del maestro, dove di fa anche scuola, è in cattivo
stato, e sfornita di scanni e di banchi”.
-“In dieci su
sedici scuole dei paesi dell’abbazia-commenda di Subiaco o mancano i locali o
sono in cattivo stato”.
-“ Il Sinodo
della suburbicaria Frascati del 1624 ordinava ai Parroci di raccomandare agli abitanti delle varie località della
Diocesi di procurarsi un maestro”.
-” Il Card.
Flavio Chigi, vescovo della suburbicaria di Albano, nel sinodo del 1687,
raccomanda che siano condotti buoni maestri con pubblico stipendio e dove i
Comuni non possono, provvedano i parroci e i cappellani al dovere d’istruire i
fanciulli”.
-“Ad Articoli,
in diocesi di Tivoli , con 1200 abitanti nel 1826, il maestro riceve 60 scudi
l’anno, pagati dal popolo con un riparto focale e
l’abitazione”.
-“ Un lamento
molto comune dei maestri è quello di non poter vivere col solo lavoro della
scuola. Tant’è che il Comune di Subiaco non può aumentare lo stipendio nel 1826 e decideva espressamente di non
vietare al maestro se nelle ore
fuori di scuola potesse occuparsi in altri uffizi per far sì che col
tutt’insieme di avere un sufficiente sostentamento”.
-“Dai
Dottrinari dalla casa di Roma furono fondate altre scuole nel distretto
romano:nel 1702 tali scuole sono in Ariccia, Velletri, Rocca Massima,
Palestrina, Segni, Piperno, Rieti, Orvieto,
Zagarolo,Ferentillo”.
-“ I Barbabiti
nel 1789 aprirono a Zagarolo, nella diocesi suburbicaria di Palestri, le loro
scuole basse”.
-“Il maestro
Feliciano Tranquilli, provenente da Gerano (Abbazia di Subiaco) tenne scuola nel
1761 vicino a Ponte de’ Quattro Capi “.
“Una lettera
del 9.6.1626 all’economo delle Scuole Pie di Frascati, le uniche operanti in
quella città, invitando a visitare spesso la prima classe per tenerla nel debito
ordine, gli raccomanda che procuri
col luogotenente che dia ordine aii sbirri che non permettano che ragazzi stiano
oziosi per la città, o vadano a lavorar o alla scuola, parlando però dei poveri,
perciò che li ricchi non permetteranno che li suoi figli siano oziosi, che
sarebbe gran male tanto per li padri quanto per li
figli”.
-“A Canino nel
1826 i genitori volevano scuole ed
istruzione primaria per i loro figli negli ‘anni d’inutilità per loro e poscia
dirigerli alle diverse professioni o alla campagna’”.
-“ A Cesi di
Spoleto il visitatore annotò:” il
maestro non ha tempo da riescire alla istruzione di tutti e di conseguenza sono
tutti ignoranti”.
-“Il
Calasanzio scrisse lettere a Norcia e a Carcare rispettivamente nel 1622 e nel
1629 per raccomandare la riunione settimanale ( in tempo di ricreazione)della
conferenza sui problemi pedagogico-didattici occorsi nella settimana, ascoltando
il parare di tutti”.
-“ A Canino
nel 1826 solo pochi scolari giungono fino alla Janua… perché pochi proseguono
gli studi”.
-“Nel 1636 il
Visitatore nel Seminario della suburbicaria Sabina notò con favore che era molto
curata la buona
scrittura”.
-“A Paletrina
, nel 1751 si ricorreva a delimitare gli spazi con quattro panche poste in
ordine quadrangolare per ogni classe”.
-“Visita
pastorale a Velletri nel 1686.
Catechismo era chiamata anche la cerimonia suppletiva per un battesimo
impartito dall’ostetrica all’infante in pericolo di morte. Pure catechismo era
chiamato l’impegno del Padrino per
conoscere i rudimenti della Fede e insegnarli al
battezzato”.
-“ Al
Segretario della Comunità di Zagarolo viene proposto nel 1822 ‘acquisto del
libro del Capo- maestro romano Pasquali”.
-
Nel 1644 insegnava in Roma- di fronte a
S.M. di Costantinopoli il maestro Nicodemo Falloni, proveniente da S. Angelo
(diocesi di Tivoli).
-Nel 1676
insegnava in Roma – Piazza San
Luigi dei Francesi il maestro Pietro Scacco, proveniente da Monte S. Giovanni (
dioc. Di Veroli).
-Nel 1762
insegnava in Roma –Vicino al monastero de ‘Le Filippine’ il maestro Benedetto
Fornari, da Tivoli.
- Alla Suburra
insegnava nel 1761 il maestro Francesco Acciari, da Rocca di Papa ( dioc.
Frascati).
-In Piazza di
Spagna insegnava nel 1760 il maestro
Francesco Aloisi da Palestrina.
-Nel 1761
insegnava a Ripa – Lungotevere il maestro Domenico Ruffini di Mentana
(dioc. Sabina).
- In Vicoli
dei Cisternari insegnava nel 1761 il maestro Antonio del Signore, di Montecompatri ( dioc.
Frascati).
-Nel 1761
insegnava in Roma, vicino al Ponte Quattro Capi il maestro Feliciano Tranquilli,
oriundo di Gerano (Abbazia di Subiaco)
-Il Visitatore
apostolico della suburbicaria Sabina imponeva nel 1660 ai genitori, sotto pena di scomunica,di frustare i
figli che li disubbidiscono col rifiutarsi di andare alla scuola festiva di
dottrina cristiana.
-A Castelnuovo
di Porto nel 1681il maestro punì con percosse una scolaro con tanta violenza che
il poveretto ne morì. Caso unico, ma ovviamente gravissimo ed
allarmante.
-Nel 1579 la
scuola gesuitica pluriclasse di Tivoli “la scola sta di vaii ordini di scolari
et il maestro non può attendere et conseguentemente non possono andare
avanti”.
-Il
Gonfaloniere di Acquapendente scrive al Vescovo nel 1826 perché si provveda alla
scuola primaria per i poveri.
-“Ad Oriolo
(dioc. di Viterbo) con 1826 abitanti, fanciulli e fanciulle versano un baiocco
ogni settimana, alle Maestre Pie le ragazze del ruolo della dote offrono ogni
anno due fasci di legna”.
-A Canino
l’emolumento annuale nel 1826 è di settanta scudi. In conseguenza non
s’insegnano che i “Primi Elementi di legere, scrivere, e pochi giungono fino
alla Janua”.
Fin qui la spigolatura, poco più che una
curiosità.
Le comunità non citate ovviamente sono nella storia ma
non se ne trova facilmente una traccia archivistica. Le situazioni evidentemente
non si discostano molto dai casi riportati.
Notevole era la volontà e la speranza che muoveva
genitori e autorità, anche se i mezzi erano scarsi e i comportamenti erano
decisamente autoritari. Peraltro, più ancora che in Roma, si imparava molto ma molto si
dimenticava col tempo, quando non c’era un vero bisogno di servirsi delle
conoscenze per il lavoro di tutti i giorni.
Ma sarebbe errore di anacronismo storico se giudicassimo
il passato con la sensibilità di oggi.
Piuttosto, traiamo forza per impegnarci per una scuola
veramente educativa e all’altezza dei nostri tempi e delle nostre
attese.
( A cura di Giuseppe Cicolini)