PRESENZA DI FAMIGLIE ARMENE A SUBIACO: I BAGHDIGHIAN

 Loro felice inserimento  nella vita cittadina Sublacense

Un piccolo gruppo della “diaspora che portò gli Armeni a disperdersi nel mondo…” raggiunse anche Subiaco e vi si stabilì, con abitazioni in Via Fabio Filzi e Via Papa Braschi, lavorando nella Cartiera “Crespi” e nella portineria del Convitto S. Benedetto.

E’ una storia toccante, che fa onore alla Famiglia BAGHDIGHIAN e all’accoglienza del “vicinato” Sublacense. All’Anagrafe di Roma una parte dello stesso gruppo familiare fu registrata come BAGDIGHIAN! In senso stretto, tutto si svolse, in Subiaco, dal 1925 al 1950. Poi la vicenda continua a Roma.                                                                                                                               

I fatti

La Comunità Armena in Italia, appositamente interpellata, ha fornito  queste   informazioni:”Non abbiamo notizie certe su una comunità armena a Subiaco, ma possiamo desumere che fosse presente. A Subiaco, infatti, si trova l’eremo o monastero di S. Biagio, santo armeno di Sebaste. La biblioteca di Subiaco, poi, è una delle poche in Italia ( sono ventisei in tutto) che conserva codici armeni, come riporta  una ricerca della professoressa Gabriella Ulohogian dell’Università di Bologna:questa circostanza dovrebbe lasciar supporre  che vi era una comunità armena, per lo meno a livello monastico”.

Altre notizie le ha fornite la Signora Maria Baghdighian, che ora risiede in Roma e conserva vari rapporti con Subiaco.

Nel 1915 in Anatolia ( ora Turchia) e in Armenia si consumò lo sterminio  degli Armeni: “Quando l’Impero Ottomano comincia la sua agonia e con l’arrivo al potere dei Giovani Turchi, esplode l’ideologia nazionalista ed il "panturanismo": dal 1809 al 1920 perirono più di un milione e mezzo di Armeni, è il primo genocidio del XX secolo perpetrato dall’allora governo turco, a danno di un popolo fortemente legato al perdono evangelico”. E’ quello che gli Armeni chiamano”Metz Yeghem – Il grande Male”.  Tuttora irrisolto è il problema dell’auto-riconoscimento, da parte della Turchia, della propria responsabilità politica e storica di quel genocidio, spaventoso modello degli altri genocidi del ’900, in varie parti del mondo, a cominciare dalla Germania nazista. Recentemente il Governo turco ha manifestato una tale irritazione, “ dopo la risoluzione da parte di una commissione congressuale USA e del Parlamento svedese che definisce genocidio le uccisioni di Armeni da parte degli Ottomani nel corso della prima guerra mondiale”, da minacciare l’espulsione di altri centomila Armeni!  

La famiglia Baghdighian (quel suffisso -ian, così comune tra gli Armeni, sta per Figlio di...) era da sempre vissuta serenamente nel Nord dell’Anatolia /Turchia - Distretto di ORDU’. Allo scatenarsi della persecuzione, assai più grave delle precedenti, ogni Armeno che poteva, fuggì all’Estero. Gli altri subirono una terribile deportazione senza ritorno e morirono durante il tragico “trascinamento” a piedi, per migliaia di chilometri. Narrano proprio di questo il romanzo-testimonianza di Antonia ARSLAN “La masseria delle allodole” e il film che ne è stato tratto. Altri aspetti della stessa tragedia sono narrati da Franz Werfel neI quaranta giorni della Mussa Dag”.

A Subiaco

Ignazio Baghdighian, con la moglie Lucia Soukiasan e con i cinque figli Leone, Vartan (Fernando), Elmas, Seranuse, Albazar, furono tra i superstiti. Raggiunsero avventurosamente l’Italia e Roma. Di qui, tramite i monaci del Pontificio Collegio Armeno, furono indirizzati a Subiaco, dove i monaci benedettini, con il P. Abate Mons. Lorenzo Salvi, impiegarono Ignazio come custode-portinaio al Convitto S. Benedetto, in Piazza S. Andrea.  Il loro figlio Leone, volendo sposarsi a sua volta con un’armena, seppe delle quattrocento ragazze armene,  giunte da sole in Italia, che, per disposizione di Pio XI, furono accolte a Racconigi (TO).Quasi tutte furono reinserite o tra i parenti sopravvissuti e rintracciati, o mediante i matrimoni. Si fece mandare quattro fotografie e scelse l’armena “più bella”. La sposò e la portò a Subiaco. Si chiamava Madelaine.

Abitarono in Via Fabio Filzi, accanto alla Cartiera di Subiaco (vedi foto), e qui nacque Benedetto.

Una delle figlie, Seranuse, andò a lavorare in cartiera.

Albalzar (chiamata a Subiaco familiarmente Baizàra) a Subiaco conobbe e sposò il connazionale Giorgio Mechitagian, allora soldato dell’esercito sovietico, dichiarato, poi, disertore.

Questa circostanza e il fatto che, nonostante tutto, Giorgio voleva tornare nella sua terra di origine, fece intervenire l’Ambasciata dell’URSS, che nel 1950, fece prelevare quasi l’intera famiglia (nel frattempo erano nate Maria Lucia, Sara e Donatella) e, in un’auto nera schermata, la trasferì a Roma, poi a Vienna e Dresda…Un viaggio penosissimo. Sara (chiamata affettuosamente Saretta) era restata a Subiaco, con la nonna e gli zii, nascondendosi all’ultimo momento presso famiglie amiche…

La partenza Quella partenza da Subiaco fu dolorosa per tutti e se ne conserva ancora la memoria; per Albalzar- Baizàra, che partiva controvoglia, e per gli affezionatissimi (essi dicono “affiatatissimi) sublacensi vicini di casa: in particolare le famiglie Monaco, Lustrissimi, Onori e Pizzelli. Con i Bagdighian erano tanto amici che le rispettive case erano scambievolmente sempre aperte e i giovani spesso cantavano e giocavano insieme, frequentando anche la Parrocchia di S. Andrea.

 Memoria incancellabile Che cosa resta, oltre il ricordo, a Subiaco della presenza delle famiglie Baghdighian- Bagdighian? Nel Cimitero comunale, nella Cappella di famiglia, riposano (vedi foto): Ignazio, Vartan, Lucia Soukiasan, Albalzar e Benedetto. Quest’ultimo aveva lavorato alla Dogana. Altri riposano nello stesso Cimitero:Leone, Madelaine e Giuseppe, del  ”ramo Baghdighian”.Giuseppe aveva lavorato alla RAI-TV, e come fotografo personale di Gina Lollobrigida.

A Roma tuttora vivono Seranuse (Sara), le figlie di Benedetto e Maria, figlia di Leone,insieme con  i suoi figli.

I loro viaggi a Subiaco si riducono quasi soltanto alla visita alla tomba di famiglia. Coltivano le memorie e i ricordi armeni, sono in contatto con altre comunità-sorelle e non trascurano le tradizioni, anche quelle della cucina. A Roma la Comunità si riunisce nella Chiesa di S.Nicola da Tolentino, vicino al Pontificio Collegio Armeno.

I sublacensi vicini di casa e più anziani ricordano con amicizia e nostalgia tutti i Baghdighian- Bagdighian. E i rapporti, anche a distanza, continuano.

Giuseppe e Gina Cicolini