ARSOLI

 

Il nome accenna subito ad una piccola “arce”, nel tempo, equa, romana , benedettina e feudale. Il Castello dei Principi Massimo domina l’abitato e la vallata del Bagnatore. Arzuli è fatta a ferru de cavaju...”- recita un canto popolare.Ma “onnipresente” è il Castello. Sembra il castello delle favole, o meglio, quello dei libri di storia medievale. Ma è abitato, sia pure saltuariamente, dai titolari Principi Massimo.

Castello e Principi tuttora ben vivi e vegeti. Questo è un privilegio e un destino che anche il turista percepisce subito, già nell’avvicinarsi ad Arsoli.Qui vince il castello: non c’è campanile che tenga.Più in basso c’è il Belmonte.

Nella memoria degli Arsolani il dominio feudale si stempera però nel ricordo della rinascita del paese- come la mitica Fenice - nel ‘600, dopo una terribile peste, quando il feudatario divenne un intelligente benefattore. Introdusse lavori artigianali di pregio, istituì scuole per l’educazione dei bambini e delle ragazze, laboratori di arti e mestieri e riordinò l’urbanistica.  Per tutte queste vicende, autorevole storico di Arsoli è il Prof.Walter Pulcini, che ne ha scritto molto e molto bene.

Arsoli, varco verso l’Abruzzo marsicano, è quasi in equilibrio geografico e storico-culturale tra l’influsso di Tivoli, di Subiaco e dell’Abruzzo.Ora è gemellata con BLAGAY, in Bosnia-Erzegovina, ovviamente anch’essa una città-castello.Vi si arriva dalla Tiburtina-Valeria e anche in treno (Stazione FS di Arsoli).Vanta una propria impronta di bellezza medievale e una vitalità artistica e turistica veramente invidiabili.

Gli Arsolani parlano di “Città Museo” e il gran lavoro che svolge la Pro Loco (tel. 0774.920290) sembra provarlo.Ma sono rilevanti anche le iniziative annuali e la vita quotidiana paesana - essa stessa un richiamo. Ormai il Castello Massimo si può visitare- dietro prenotazione alla Pro Loco-; c’è un piccolo museo vero e proprio; la “Festa de l’Amico” (Amico Passamonti Signore di Arsoli) - l’ultima settimana di giugno-, la gara di falconeria, la “reviviscenza” dei borghi S. Bartolomeo, Castello, S. Lorenzo e S. Rocco. Una parola sul castello, affascinante fuori e dentro e tutto da godersi con gli occhi e da fotografare.

Da fuori, ogni prospettiva è buona. Svettano i merli e le torrette; c’è il giardino all’italiana – un vero

labirinto verde di bosso, dominato da una statua originale romana di “Roma sedente”. Questa statua fu rinvenuta negli orti dei Massimo nell’area dell’attuale stazione Termini. Nel retro del castello c’è uno strapiombo orrido, mirabile difesa naturale “a monte”.

Dopo il solenne ingresso a gradoni, si passa nell’armeria vecchia, con armature impressionanti ma anche delicati strumenti musicali storici. Il Salone è affrescato da Marco Benefial, Paolo Annesi e Nicolò Lapiccola. I temi sono di carattere mitologico e allusivi alla grandezza dei committenti. La Sala del Trono è stata affrescata da Antonio Macci e Taddeo Zuccari. Nell’armeria nuova fanno bella mostra armi da fuoco, cannoncini, palle da cannone, contenitori di polvere.... con una serie di ritratti di nobili del tempo, imparentati coi Massimo. La Cappella di S. Filippo Neri è accanto alle stanze in cui il Santo soggiornò ripetutamente.

Il turista può godersi lo sport di tiro con l’arco, i “recital” delle poesie d’autore e degli stornelli paesani, il presepe vivente, le mostre di scenografie e costumi (a conclusione dei corsi artistico-professionali diretti da Eclario e Silvia Barone), le specialità gastronomiche, le passeggiate a piedi verso i Piani Uggi.                                                                                                                              Ma andiamo con ordine.

Il Castello fu sede di un miracolo di S. Filippo Neri. Qui il Santo - detto dai Romani “Pippo bbòno”- era all’altare quando il piccolo Paolo Massimo ebbe una crisi respiratoria che sembrava portarlo a morte immediata. Corsero ad avvertire S. Filippo per salvarlo con la sua preghiera. Il Santo disse di attendere il termine della Messa. Ma quando arrivò al capezzale di Paolo, il ragazzo era spirato. La preghiera del Santo ne ottenne il ritorno in vita.

Sta di fatto che una volta l’anno ai Romani si aprono le porte del Palazzo Massimo al Corso Vittorio Emanuele, nel giorno del miracolo di Arsoli!

Altra narrazione sui Massimo, in uno dei periodi di splendore della Casata. Il Papa inviò ambasciatore presso Napoleone I, appunto, un Principe Massimo. L’Imperatore, leggendo le lettere credenziali mormorò: “Massimo... Ella discende forse da Quinto Fabio Massimo il “Temporeggiatore”?Ma certamente è solo leggenda!”.                                                               “Maestà, rispose il Principe, è una leggenda che si racconta da duemilatrecento anni!”.

Dopo essersi guardato intorno per le vie e scalinate, il turista può visitare le Chiese: chiesa e convento di S. Bartolomeo, del SS. Salvatore, cappella di S. Rocco, con pregevoli affreschi del “Maestro di Arsoli.Ci si può giovare delle visite guidate, affidandosi a giovani volontari della Pro Loco, particolarmente preparati.

Poi sarà ora di dedicarsi al pasto e all’acquisto agro-alimentare: alla “Locanda del Fontanile”, Bar Pizzeria Arasolis”, Forno Piacentini, macellerie Da Felicetto e Bonanni, locanda e ristorante“Angela alle Molette”.Specialità: castagnole, frappe, ciammellette fritte, pizzafitta (pizze, pizzigli e pizzafritta), sagne, cillitti co’j’agliu, sagnozzi, gnucchitti, frascaregli, erbe mmischie, maritigliu, pizzigliu a furnu ardente, pizza summa, pangiallu, tisichelle, ciammelle de magru e carne di maiale.

Le feste maggiori: Festa di S. Antonio Abate, con benedizione degli animali e “ciambelle della fratellanza”; A maggio, “Fiera di S. Filippo” (merci, bestiame e prodotti artigianali); in agosto, Settimana dell’arte e del folklore; Sagra della fagiolina arsolana e rassegna gastronomica; il 26 Festa di Nostra Signora di Guadalupe, Patrona di Arsoli; in settembre Festa della Montagna Alle are”, nelle aie contadine. Insomma, non c’è che da visitare e conoscere meglio Arsoli e le sue risorse storiche, artistiche e culturali.